L’ascesa di Kamala Harris come candidata alla presidenziali accentua la propaganda pro-choice. La vita nascente non è un valore negoziabile e non può essere ridotta a slogan di polarizzazione di un sistema bipartitico. Rimane il fatto, tuttavia, che negli ultimi otto anni il numero degli aborti è rimasto pressocché invariato malgrado l’alternanza di Repubblicani e Democratici alla guida del Paese. 

La vita umana, in qualunque età e condizione, è un valore incommensurabile e non negoziabile.

Mettere fine all’esistenza di una persona, che sia malata o improduttiva, criminale, anziana o fetale è un crimine che ogni antropologia riconosce per motivi logici e ontologici.

Per quanto riguarda la vita nascente, le recenti acquisizioni dell’embrionologia e della neonatologia rivelano il sorprendente sviluppo della vita nascente nella sua identità ed autonomia.

La vita che cresce nel grembo materno attinge dalla donna gravida ossigeno, nutrienti, anticorpi, ormoni e importanti informazioni del mondo esterno come suoni, sapori ed emozioni che per via mediata influenzeranno la dimensione neurocomportamentale del bambino.

È scientificamente insostenibile considerare l’embrione e il feto come un’appendice della madre così come è insussistente invocare il “diritto all’aborto” come atto dispositivo sul proprio utero.

Anche se prescindessimo da un discorso morale, il principio di autodeterminazione non può valere su un’entità diversa da se stessi visto che oggi la scienza non parla più di ammasso di cellule ma di essere umano con potenzialità di sviluppo.

Per chi ha una sensibilità cristiana e non solo, legittimare l’aborto risulta un delitto, consapevolezza che viene ad inserirsi nella polarizzazione della politica, specie nei Paesi bipartitici come gli USA.

Se la soppressione di una vita è universalmente anatemizzata, è altrettanto vero che il silenzio di chi non ha voce e non può difendersi, intercetta le zone d’ombra della coscienza sordida.

Una gravidanza indesiderata o adulterina, una condizione sociale ed economica precaria, una generalizzata ipocondria o reale malattia induce la donna alla scelta di interrompere volontariamente la gravidanza.

Circa la metà delle donne che ricorrono all’aborto negli USA vive sotto la soglia di povertà. La coincidenza della miseria materiale e morale spiega l’irrazionalità di atti disumani.

Lo Stato, a sua volta, pensa al carico sui servizi sociali dei bambini nati in famiglie non preparate economicamente e non dissuade di certo la scelta abortiva.

Il tema è complesso e delicato, ma la recente campagna per le presidenziali negli USA richiede un’analisi più particolareggiata sulla realtà nordamericana.

È dagli anni Settanta che i Democratici hanno integrato la protezione dei diritti riproduttivi nelle loro piattaforme ufficiali, sostenendo l’accesso all’aborto sicuro e legale come parte dei diritti di salute delle donne. 

Con slogan e casistiche impietose hanno intercettato la base elettorale di persone che mettono al primo posto dell’esistenza la dottrina edonista.

Durante gli anni Ottanta la filosofia politica ed economica promossa sotto la presidenza di Ronald Reagan negli Stati Uniti (1981-1989) fu caratterizzata da un’enfasi sull’individualismo e sulla ricerca del piacere personale attraverso la prosperità economica.

Prima di occupare la Casa Bianca, Reagan era stato governatore della California e, inizialmente, era un membro del Partito Democratico. Tuttavia, negli anni ’60, cambiò affiliazione politica e si unì al Partito Repubblicano, diventando una figura chiave del movimento conservatore americano.

La cultura che ha pervaso in quegli anni coloro che attualmente occupano posti di responsabilità nella società, dal genitore all’educatore, dal capo squadra al politico, supera l’aderenza a uno slogan pro life per sacrificarlo sull’altare dell’ipocrisia.

Statistiche sugli aborti

Le statistiche mostrano che le restrizioni non portano a una significativa riduzione del numero totale di aborti. Gli aborti farmacologici, in particolare, rappresentano ora il 63% di tutti gli aborti negli Stati Uniti, facilitati dall’accesso tramite telemedicina. 

Durante l’amministrazione Biden, l’aborto è aumentato in Stati senza restrizioni, compensando le diminuzioni negli Stati con divieti più severi. A livello federale, quindi, quasi tutto tale e quale. 

Nonostante le restrizioni imposte dalle politiche pro-life, i dati mostrano che il numero totale di aborti non è diminuito. 

Durante l’amministrazione Trump, malgrado restrizioni significative anche sull’uso dell’abortivo farmacologico mifepristone, la vendita e l’uso di abortivi farmacologici impennò rappresentando il 53% di tutti gli aborti nel 2020. 

La Food and Drug Administration (FDA) richiedeva che il farmaco fosse ritirato in persona, anche durante la pandemia di COVID-19 e questo contribuì ai contagi delle donne e i decessi durante la pandemia.

Il tasso di aborti è rimasto relativamente stabile, con alcune fluttuazioni minori. 

Sotto l’amministrazione di Joe Biden, sono stati introdotti provvedimenti per proteggere e ampliare l’accesso all’aborto, portando a un aumento del numero di aborti registrati. In precedenza, c’erano stati però più aborti non registrati.

Nel 2023, negli Stati Uniti sono stati registrati ben 1.037.000 aborti, con un tasso di 15,9 aborti per 1.000 donne in età riproduttiva. Questo rappresenta un aumento rispetto al 2020, quando il numero totale di aborti era di circa 930.160, con un tasso di 14,4 aborti per 1.000 donne in età riproduttiva. L’aumento tra il 2020 e il 2023 è stato del 11,5% nel numero di aborti e del 10,4% nel tasso di aborti per 1.000 donne. 

La questione dell’aborto negli Stati Uniti va oltre gli slogan pro-life e pro-choice. Entrambe le posizioni cercano di affrontare la questione della vita e della dignità umana, ma spesso non riescono a ridurre significativamente il numero di aborti. È cruciale un approccio che includa l’educazione affettiva, il rispetto della persona, il supporto economico e sociale alle classi meno abbienti. Solo così si possono minimizzare gli aborti e garantire la salute e il benessere delle donne, rispettando al contempo la sacralità della vita umana secondo i principi cristiani.