APPROFONDIMENTI: Una riflessione tesa alla costruzione di un pensiero reputazionale complesso, declinata sulla sostenibilità delle relazioni globali e locali, predispone ad un cammino operativo convocante e dinamico teso al superamento tanto del paradigma antropocentrico, quanto di quello tecnocratico.
Questo di per sé non significa, tuttavia, né sviare l’attenzione dall’uomo, né esprimere un giudizio negativo sulla tecnica.
Per comprendere meglio la direzione operativa della transizione ecologica e digitale che stiamo affrontando, sembra necessario riflettere sui progressi dell’informatica e sullo sviluppo delle tecnologie digitali negli ultimi decenni, sulle profonde trasformazioni delle dinamiche sociali nella società globale.
I nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di innumerevoli altri aspetti della vita quotidiana.
In tale ambito l’attenzione alla reputazione sociale integrale, nel combinato disposto dell’io e del noi, valorizza l’individualità nella solidarietà consentendo di armonizzare l’aspirazione individuale di sviluppo con il desiderio sociale di essere parte della costruzione condivisa del futuro, nel rispetto della diversità e delle posizioni e tradizioni di partenza.
In tale direzione assume carattere di centralità affrontare la complessa crisi globale approdando ad una nuova antropologia, un’antropologia della casa comune.
La tecnica è elemento connaturale all’essere umano, in quanto creatura intrinsecamente disposta a trasformare la natura. È certamente fonte del problema ecologico, ma nell’analisi poliedrica proposta può e deve divenirne anche elemento di soluzione. “Superando forme ingenue di naturalismo, occorre assumere l’operare tecnico come determinante per un’etica in prospettiva globale”. Un tale approccio panumano non si basa su canoni morali e normativi, ma sull’avvio di nuovi processi culturali, sociali, economici e politici.
La sfida educativa, dunque, diventa quella di incoraggiare questo movimento. Come indicato nel Messaggio di Papa Francesco per la LVII Giornata mondiale della pace, Intelligenza artificiale e pace “dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e «neutrali» , ma soggette alle influenze culturali. In quanto attività pienamente umane, le direzioni che prendono riflettono scelte condizionate dai valori personali, sociali e culturali di ogni epoca. Dicasi lo stesso per i risultati che conseguono: essi, proprio in quanto frutto di approcci specificamente umani al mondo circostante, hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi. Questo vale anche per le forme di intelligenza artificiale.”
Il passo successivo è quello di armonizzare la natura (il dato, l’ambiente) e la cultura (l’attitudine trasformatrice dell’uomo, la tecnica).
L’essere umano è per natura un agente culturale e trasformatore. Trasforma l’ambiente, trasforma anche sé stesso, tramite la cultura, e non può farlo se non modificando contemporaneamente l’io e il noi, l’uomo e la realtà ambientale complessa nel quale entra in relazione.
In tale prospettiva si fonda l’esigenza reputazionale all’interconnessione: tutto è connesso, tutto è in relazione. Se l’essere umano trasforma l’ambiente e sé stesso, anche la realtà sociale complessa nella quale è immerso si trasforma insieme all’uomo. Pertanto, un senso profondo della relazionalità, della “connettività” e del creato implica un’antropologia relazionale fondata della sinfonia delle diversità, equilibrata e non antropocentrica.
Un cammino sofisticato di sviluppo integrale, individuale e collettivo, che merita un’altezza di sguardo programmatico di lungo periodo, per un progetto di futuro sostenibile dove la creatività dell’ interpretazione dell’ essere umano ha certamente un posto e un ruolo peculiare. In particolare, la genialità dell’ apporto umano sta nell’interpretare il potere come servizio, come altezza di servire dal basso la generazione di processi. Un potere che diventa responsabilità della cura per il futuro dell’ umanità, che è al contempo verso di sé e verso il resto della natura, verso il presente e verso il futuro. L’esercizio di tale responsabilità passa anche in quella capacità, tutta umana, di plasmare il suo comportamento, l’ethos.
La diplomazia della cultura nella costruzione di una rete relazionale convocante, ha il compito di elaborare lo scenario migliore per mettere in estrema concretezza soluzioni possibili, efficaci e vincenti.
La complessità delle tensioni internazionali esige l’ideazione di processi costituenti con zone extra territoriali di sperimentazione diplomatica, nodi della rete panumana, da cui edificare i pilastri della nostra casa comune. Tali macro aree di elaborazione possono giustificare la protezione internazionale condivisa da tutti gli stati con uno status speciale di neutralità a garanzia per il bene comune. Questo richiede un confronto sincero, esige un tavolo di lavoro e collaborazione effettivo e non tattico, un OIKOS di pensiero e di azione, un’autentica condivisione.
La priorità al processo, alle differenze, alla complessità, alla relazione, esige che l’economia stessa, che ha subito il processo della specializzazione, con uno scivolamento verso le scienze dure, sia riportata nell’ambito delle scienze umane. Non si può pensare l’economia senza l’ambiente naturale da cui trae le risorse, e senza l’essere umano che ne impiega i prodotti. Non si può pesare in modo esclusivo al rapporto consumo-benessere.
Occorre ricostruire un nuovo fronte umanistico fondato sul rapporto tra S (social) e R (reputation). Come ribadisce ancora Francesco nella Veritatis gaudium, riprendendo la Laudato si’, la crisi è tanto ambientate quanto antropologica perché “oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti, ma un vero e proprio cambiamento d’epoca. Si tratta di cambiare il modello di sviluppo globale e di ridefinire il progresso: il problema è che non abbiamo ancora una cultura necessaria per affrontare questa crisi”. La scoperta dello storico dell’encomia, in rapporto alla radice umanistica della scienza mercantile, trova pieno riscontro sul piano dell’applicazione tecnologica. Non solo l’economia, infatti, ma anche la tecnica scopre l’interconnessione con la componente umana, come vera necessità al fine di ottenere risultati sul piano dell’efficienza. Non si tratta, sia ben inteso, dell’imposizione estrinseca di norme etiche al processo tecnico. Sono gli attori stessi del processo tecnologico che, nel verificare l’impatto dei loro prodotti sull’ambiente umano, scoprono la necessità di una maggior conoscenza del medesimo. Se e vero che l’economia deve essere riportata nell’ambiente umanistico, la tecnica non va però esclusa dalle componenti essenziali della natura umana. È necessaria una relazionalità scientifica per innescare una reazione tra S (social) e R (reputation). Nuovi paradigmi sono necessari per la comprensione della realtà, che appare sempre più complessa. Si deve passare da riflessione sulla complessità fondata sulla causalità (scire per causas), alla correlazione. Alla comprensione della realtà si può giungere oggi unicamente mediante la correlazione dei dati, mediante lo studio delle relazioni tra le parti di un tutto complesso. Lo stesso termine “ecologia integrale” offre il contenuto della correlazione: tutto è collegato; perciò si deve incrementare l’interdisciplinarità, adottando la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.
Non un’unica via di riflessione, ma un confronto tra vie differenti per riscoprire i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque. Non si tratta di formulare risposte, ma di offrire uno stile, una visione, un progetto. Per vivere la complessità è necessaria l’inclusività, la dinamicità, la multiformità e l’empatia. Nessuno può prendere la guida nel nuovo paradigma, che prevede la convergenza, il poliedro. L’umanesimo legittima, quindi, la rete, il confronto sulle quattro lettere ESGR: Environmental, Social, Governance, Reputation. “La potenza e l’efficacia del paradigma dell’ecologia integrale appare nella sua capacità di analisi, e quindi di rintracciare una radice comune a fenomeni che, presi separatamente, non possono essere davvero compresi”.