In una società multietnica e multireligiosa emerge la riflessione su come convivere in maniera costruttiva e creative le proprie diversità. Il credo professato non è un motivo di divisione, ma può aiutare a integrare l’uomo in spazi sociali ed ambientali in maniera pacifica e costruttiva.
L’intolleranza può esistere solo se tre fattori si coniugano: il fondamentalismo, l’ideologia jihadista e l’esistenza di una frattura politica.
Emblematico è il caso dell’esodo dei cristiani da alcuni Paesi mediorientali durante le razzie dell’Isis.
I cristiani dell’Iraq, intanto, hanno iniziato ad avere problemi solo quando l’Iraq è crollato come Stato.
Sono i conflitti che hanno contribuito a indebolire il rapporto tra musulmani e cristiani.
È sullo sfondo del terrorismo islamista che gli attriti tra le due grandi placche tettoniche che sono quelle dell’Islam e del cristianesimo esacerbano le comunità.
Le persecuzioni contro i cristiani sono la traduzione di un disagio più globale, che colpisce le società musulmane e gli stati.
La forza del rifiuto dei cristiani rivela il grado di malessere di questi paesi.
Questo è il caso in Iraq, in Sudan, in tutta la cintura del Sahel, o anche in Egitto.
I Fratelli Musulmani sono presenti lì dal 1929 e, per molto tempo, non hanno mai messo in discussione la presenza dei copti.
Questi ultimi sono diventati capri espiatori solo quando l’Egitto è entrato in un ciclo di impoverimento e indebolimento delle strutture – arcaiche – del potere.
In Nigeria è un po’ lo stesso. I conflitti a Jos sono solo l’amplificazione di un disagio globale che deriva dalla distribuzione ineguale delle terre e da una cattiva distribuzione della ricchezza.
È a causa dei fallimenti dello Stato che bisogna spiegare l’espulsione dei cristiani evangelici in Marocco, idem in Algeria.
Questo rischia di ripetersi più in generale in tutti i paesi a maggioranza musulmana in Africa.
In Marocco, le autorità hanno agito in anticipo. Basterebbe una piccola scintilla – che gli evangelici siano troppo visibili, per esempio – perché il fondamentalismo musulmano, che è, per il momento, padroneggiato, si svegli tanto più violentemente e che lo Stato sia messo in pericolo.
Nel Vicino Oriente, i cristiani sono sempre meno numerosi. C’è il rischio che un giorno non ci saranno più arabi cristiani.
L’Islam, tuttavia, non ne uscirà cresciuto. Mai si è visto una grande civiltà voltare le spalle alle sue minoranze culturali, linguistiche, religiose.
L’emergere della democrazia in Medio Oriente non può avvenire su un mucchio di cenere.
Dopo un XX secolo positivo di decolonizzazioni, si ricade in una fase arcaica di guerre di religione.
Ci sono ancora vaste terre musulmane dove i cristiani o gli altri possono vivere in pace: Marocco, Tunisia, Tanzania, Malesia – se si esclude la recente polemica sul nome di Allah, ma che non è ancora molto grave.
Viceversa, però, si confondono identità civile e identità religiosa e quindi anche per i musulmani, in alcuni Paesi, non è facile essere accolti.
Ci sono molti pregiudizi per la cattiva immagine provocata dai terroristi islamici e da quei regimi fondamentalisti e autarchici come in Afghanistan.
Malgrado l’incidente di percorso del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI, la Chiesa ha coltivato un rispettoso dialogo con le altre religioni.
L’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco ha sicuramente meritati il plauso sia del mondo sunnita che sciita.
Le sue ricadute positive non si sono ancora esaurite poiché rappresenta un importante processo di civiltà e pacifica coabitazione globale fra religioni.
Il pericolo odierno, infatti, non è rappresentato dal fedele di un’altra religione, ma dalla società frammentata e sedotta dal transumanesimo.
Le religioni sono lo strumento privilegiato per una convergenza di valori che, a partire dal riconoscimento di Dio – tema caro a Benedetto XVI – portino l’uomo a riconoscere sé stesso e salvaguardare la sua unicità e la sua presenza armoniosa nel creato.
La Fratelli tutti è una grande enciclica. Un grande Papa!