I primi conflitti della storia iniziavano già all’interno delle società tradizionali in cui era presente l’opposizione tra il proprietario fondiario ed il contadino. Nel corso del tempo, le disuguaglianze sociali sempre più forti scaturirono delle rivolte, dovute principalmente ad uno sviluppo più intensivo dei processi produttivi che portava allo sfruttamento eccessivo dei lavoratori e allo stesso tempo al loro impoverimento. Il conflitto capitale lavoro si è così accentuato durante la rivoluzione industriale, tanto da portare ad episodi caratterizzati da violenza ed aggressioni. Tutto ciò si verificò proprio perché i lavoratori non riuscivano ad accettare l’appropriazione di una parte consistente della ricchezza da parte dei detentori del capitale, senza che quest’ultimi avessero mai lavorato per produrre quelle determinate ricchezze.
È proprio da questi processi interni alle società e alle popolazioni che i conflitti sociali nel corso dei decenni si sono acutizzati e focalizzati proprio su alcune questioni che riguardano la ripartizione del prodotto e la sua distribuzione pro-capite, a livello nazionale e globale. La questione salariale ha iniziato a creare scalpore già nel XIX secolo anche se la questione della ripartizione tra salari e profitti ha sempre occupato il primo posto nel conflitto distributivo.
Piketty[1] nella sua opera intuì una caratteristica fondamentale del sistema economico dominante a livello mondiale ossia la legge ferrea del capitalismo che determina che il capitale cresca più dell’economia creando disuguaglianze. Prima di procedere ad un’analisi di quest’ultimo è quindi necessario capire quali sono gli elementi di base che costituiscono la ricchezza a livello mondiale.
Procedendo con ordine, innanzitutto bisogna definire cos’è il Reddito Nazionale. Thomas Piketty fornisce una spiegazione di questo aggregato contabile spiegandoci che «misura l’insieme dei redditi di cui dispongono i residenti di un dato paese nel corso di un anno, quale che sia la forma giuridica assunta da tali redditi»[2]. Il reddito nazionale è quindi strettamente legato al PIL in quanto per calcolarlo bisogna sottrarre dal PIL stesso il deprezzamento del capitale che è stato utilizzato per realizzare un determinato prodotto. Successivamente, bisogna sommare i redditi netti dell’estero alla produzione interna nazionale. Considerando che i flussi annuali dei redditi coincidono con i flussi annuali di produzione, e che tutta la produzione dev’essere spartita tra la popolazione in forma di redditi da lavoro e redditi da capitale, la porzione di reddito da distribuire non può essere maggiore della produzione se non avviene la creazione di nuove ricchezze.
Il secondo fattore da prendere in considerazione è il capitale che invece viene definito come «l’insieme degli attivi non umani che possono essere posseduti o scambiati sul mercato. Il capitale comprende in particolare l’insieme del capitale immobiliare (…) impiegato per l’alloggio privato e del capitale finanziario e professionale (…) impiegato dalle imprese e dalle amministrazioni»[3]. È importante specificare che il capitale può essere posseduto da privati, dallo Stato o dalle amministrazioni pubbliche e comprende ciò che può essere posseduto e successivamente scambiato sul mercato.
Dall’unione di questi elementi possiamo finalmente esplicitare come si calcola il rapporto capitale/ reddito ossia dividendo lo stock di capitale[4] per il flusso annuo di reddito[5]. Questa particolare formula α = r x β rappresenta la prima legge fondamentale del capitalismo che consente di poter mettere in relazione i tre concetti fondamentali per l’analisi del sistema capitalista, di seguito elencati:
α = rapporto capitale/reddito;
r = tasso di rendimento medio del capitale[6];
β = quota dei redditi da capitale nel reddito nazionale.
Il rapporto capitale/reddito indica il valore totale del capitale di un’economia diviso per il reddito nazionale annuale. Piketty sostiene nella sua opera che l’evoluzione di questo rapporto nel tempo è fondamentale per comprendere la dinamica della disuguaglianza economica. In sostanza, un aumento del rapporto capitale/reddito significa che una quota sempre maggiore della ricchezza nazionale è concentrata nelle mani di pochi, mentre la parte rimanente della popolazione vive principalmente del proprio reddito da lavoro. La suddetta formula ed uguaglianza contabile permette infatti di poter verificare ed analizzare quanto sia rilevante il capitale all’interno di un paese nel suo complesso o a livello mondiale.
Piketty[7], nei suoi testi, è stato in grado di rappresentare graficamente delle stime dell’evoluzione dell’andamento globale del capitale/reddito, a partire dal 1879 fino ad arrivare al 2100. Innanzitutto, si può constatare che l’andamento abbia seguito una curva ad U con le relative fasi di crescita-decrescita-crescita. Secondo le stime fino al 2090, il rapporto capitale/reddito tenderà a crescere esponenzialmente fino a raggiungere quasi il 700% del reddito nazionale.
Graf. Rapporto capitale/reddito nel mondo
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Fonte: Piketty T.[8]
Il rapporto capitale / reddito si collega al tasso di risparmio S del paese e al tasso di crescita g del suo reddito nazionale. La seconda legge fondamentale del capitalismo[9] β = s / g invece permette di far capire che delle piccole variazioni dei tassi di crescita possono comportare dei notevoli cambiamenti al rapporto capitale/reddito sul lungo termine.
La formula è così composta:
- β = rapporto capitale/reddito;
- s = tasso di risparmio;
- g = tasso di crescita.
Questa legge dimostra che un paese che risparmia molto e cresce lentamente accumula sul lungo periodo un enorme stock di capitale. La differenza con la prima legge del capitalismo è che quest’ultima rappresenta una pura uguaglianza contabile valida in ogni tempo e luogo, mentre la seconda legge è il risultato di un processo dinamico. Inoltre, permette di poter spiegare una realtà molto significativa: più bassa è la crescita, più è grande il risparmio e più c’è la possibilità di accumulare capitale. Permette anche di determinare le quote di ricchezza possedute dalle persone calcolate ed espresse in annualità di reddito. Questo calcolo è fondamentale per comprendere come sia distribuita la ricchezza a livello globale e per determinare le disuguaglianze presenti.
La legge più importante elaborata da Piketty[10] è però quella che esprime la vera contraddizione del capitalismo r > g: il capitale essendo in grado di riprodursi da solo, può crescere più in fretta rispetto al prodotto. Si tratta di una vera e propria disuguaglianza in cui r (tasso annuo di rendimento privato del capitale) risulterà quasi sempre superiore a g (tasso di crescita del reddito e della produzione).
Questo meccanismo, verificatosi frequentemente nel corso dei secoli e in più continenti, ha comportato un aumento del valore dei patrimoni privati ereditati dal passato, rispetto all’aumento del valore della crescita economica generale e del risparmio individuale. Quando r è maggiore di g significa che i patrimoni del passato si ricapitalizzano più in fretta rispetto all’andamento del processo di produzione dei redditi. In tali condizioni è pressoché inevitabile che i patrimoni ricevuti in eredità prevalgano sui patrimoni accumulati nel corso del lavoro, raggiungendo livelli assai elevati incompatibili con i valori e con i principi della giustizia.
Il processo di accumulazione e distribuzione dei patrimoni contiene in sé fattori talmente potenti da spingere la divergenza verso un livello di disuguaglianza elevato e a lungo termine, le dinamiche della distribuzione delle ricchezze potranno portare a delle conseguenze preoccupanti a livello mondiale.
[1] PIKETTY T. (2014), Il Capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] «Corrisponde alla quantità totale di ricchezza posseduta in un dato Momento» e: «Proviene dalle ricchezze acquisite o accumulate nel corso di tutti gli anni Precedenti»; PIKETTY T. (2014), Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano.
[5] «Corrisponde alla quantità di ricchezza prodotta e distribuita nel corso di un dato periodo»; Ibidem.
[6] Esprime la percentuale del valore del capitale investito nel corso di un anno e può variare in base ai tipi d’investimento.
[7] PIKETTY T. (2014), Il Capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Ibidem.
Concordo perfettamente.
“La storia è segnata dal conflitto tra chi possiede e chi produce. Dalle società tradizionali alla rivoluzione industriale, lo sfruttamento dei lavoratori ha generato rivolte e tensioni. Quando la ricchezza si concentra senza giustizia, la lotta sociale diventa inevitabile. #CapitaleELavoro #StoriaESfruttamento”