IL CASO

La notorietà dei personaggi dello sport e dello spettacolo solleva con destrezza il pudico velo della vita privata specie quando si tratta degli affetti di coppia e della loro tenuta.
È interessante notare nella nostra epoca la contraddizione tra la pretesa di omologazione culturale e civile delle famiglie arcobaleno e il primitivo istinto del pettegolezzo sugli adulteri.
È da qualche mese che in maniera asfissiante ci viene proposta la dialettica conflittuale dozzinale di due coppie famose: Francesco Totti-Ilary Blasi e Piquet-Shakira

Nessuno oserebbe entrare nel merito di una crisi coniugale per il silenzio e il rispetto del sacro recinto della famiglia se non fosse per la sovraesposizione mediatica indotta dalle parti stesse.
In piena tragedia umanitaria con la guerra in Ucraina si ostentano lusso, viaggi e nuovi amanti per colpire il marito fedifrago.
A suon di regali si corrompe l’amore dei figli usati come arma contundente per insultare e umiliare pubblicamente il papà.
Dove prevale l’estro artistico si batte cassa con il rapping.
La donna ormai quarantaquattrenne dichiara di valere per due ventiduenni (età della rivale) e che il marito ha preferito la Twingo alla Ferrari e il Casio al Rolex per analogia con la differenza di qualità umana tra moglie e amante. 
Questi atteggiamenti sono segnali di malessere e di lutto non elaborato. In questa fase si commettono azioni di cui si rimpiangerà amaramente quando è troppo tardi.
Queste uscite sono modelli diseducativi per tutti i giovani, ma con conseguenze drammatiche innanzitutto sui figli di queste coppie popolari che già prendono posizioni partigiane sui social a favore di una e insultando l’altro.
È innanzitutto dai propri genitori che i figli imparano cosa significa amarsi e affrontare insieme le difficoltà della vita.

IL DIVORZIO PSICHICO

Come un lutto può essere affrontato e superato, la stessa cosa vale per la separazione. Ciò avverrà quando le persone coinvolte riusciranno ad elaborare il lutto legato alla perdita di quel particolare progetto di vita, raggiungendo quello che Bohannan ha chiamato “divorzio psichico” ovvero la possibilità di sperimentare fiducia in se stessi e nelle proprie capacità a prescindere dalla presenza dell’ex-partner. Il raggiungimento del divorzio psichico consente agli ex-coniugi di investire con consapevolezza sul proprio futuro e sviluppare nuovi progetti e nuove possibilità di vita.
È in questa condizione di blocco del processo di elaborazione del lutto che si attiva il “legame disperante”, ovvero quel particolare tipo di legame in cui, accanto a un elevato livello di conflittualità e all’assenza di forme di cooperazione, permane una segreta speranza di riconciliazione con l’ex-partner. 
Il rapporto con l’ex-partner non può più essere mantenuto in vita, ma spezzarlo definitivamente comporterebbe una profonda angoscia che viene evitata perché portatrice di troppa sofferenza. L’altro diviene allora il “male”, a cui si resta legati attraverso l’attribuzione di tutte le colpe ed è proprio questa visione che alimenta il desiderio di distruggerlo per vendicarsi del torto subito, utilizzando tutti i mezzi a disposizione dal punto di vista giuridico, economico e psicologico. Laddove siano presenti dei figli, anche questi diverranno un mezzo per colpire e denigrare l’ex-partner, mantenendo così in vita il legame con lui.
Riuscire a superare un evento come una separazione e, in particolare, una separazione conflittuale richiede innanzitutto un lavoro su se stessi.
Lo studioso di Harvard Daniel Goleman in “L’intelligenza emotiva”, paragona allegoricamente i quattro cavalieri dell’Apocalisse alle quattro fasi della crisi della coppia: critica disprezzo, reazione difensiva e silenzio.
Un amore non giunge al capolinea all’improvviso. Il processo separativo parte da lontano ed è sempre preceduto da tutta una serie inequivocabile di segni prodromici.
I ricercatori chiamano the cohabitation effect la più alta percentuale di separazioni tra conviventi rispetto a chi ha iniziato a coabitare col partner solo dopo il matrimonio.
La decisione di convivere rifiutando il matrimonio, o procrastinandolo a tempo indeterminato, rende più fragile il legame della coppia: la regola implicita è che ciascuno può andarsene quando vuole, associata alla paura che questo possa accadere molto presto. Tale timore finisce per diventare una profezia che si autoavvera. È noto, dal punto di vista psicologico, quanto la paura che un evento si realizzi contribuisca paradossalmente al suo realizzarsi. E infatti questo tipo di unione registra una percentuale di scioglimento del legame dieci volte superiore al matrimonio.

MATRIMONIO CONTRO CONVIVENZA

Papa Francesco ci permette di oggettivizzare la nostra riflessione sulle resistenze (e i danni) verso il matrimonio rilevando come le nozze oggi siano diventate un costoso e stressante business, che scoraggia ulteriormente un simile passo: «La preparazione prossima al matrimonio tende a concentrarsi sugli inviti, i vestiti, la festa e gli innumerevoli dettagli che consumano tanto le risorse economiche quanto le energie e la gioia. I fidanzati arrivano sfiancati e sfiniti al matrimonio, invece di dedicare le migliori energie a prepararsi come coppia per il gran passo che faranno insieme. Questa mentalità si riscontra anche in alcune unioni di fatto, che non arrivano mai al matrimonio perché pensano a festeggiamenti troppo costosi, invece di dare priorità all’amore reciproco e alla sua formalizzazione davanti agli altri» (AL 212).
La dimensione pubblica del matrimonio è stata ampiamente svalutata in Occidente, a motivo di una visione sostanzialmente romantica della vita di coppia, che ha fatto dell’emozione il suo fondamento. L’amore romantico ha avuto certamente il pregio di rivalutare l’importanza del sentimento nella scelta matrimoniale, contestando la tendenza a trasformarla in affare economico o di alleanza politica. Ma, se viene privato del suo aspetto istituzionale, il legame diviene troppo fragile per affrontare le inevitabili difficoltà dell’esistenza. 
Si ama l’altro/a non solo per la gratificazione che se ne può ricavare, ma perché è lui/lei, mostrando una fedeltà che supera il dato immediato dell’innamoramento o della simpatia superficiale, capace di perseverare in tali scelte, affrontando la durata e il logorio del tempo.