Ci sono conflitti che finiscono nei libri di storia e altri che, pur continuando a mietere vittime, scompaiono dalla coscienza collettiva. La Siria appartiene al secondo gruppo. Un paese devastato da oltre un decennio di guerra, dove la ricostruzione è un miraggio, la violenza un’ombra costante e la vita quotidiana è una sfida alla sopravvivenza.

Dalla capitale Damasco, che cerca di tornare alla normalità tra macerie e povertà, alle strade distrutte di Aleppo, ai campi profughi di Idlib, dove bambini e famiglie vivono in condizioni disumane, la Siria continua a pagare il prezzo più alto di un conflitto che il mondo ha scelto di ignorare.

Aleppo: una città che resiste tra le macerie

Aleppo, un tempo cuore economico e culturale della Siria, è oggi il simbolo di una ricostruzione a metà. Il centro storico, patrimonio dell’umanità, è ancora un mosaico di edifici distrutti e case sventrate. Il terremoto del 2023 ha solo peggiorato una situazione già disperata, aggravando il numero di sfollati e riducendo ulteriormente le possibilità di recupero.

Ma Aleppo è anche una città che non si arrende. Nei suoi mercati, tra le strade ancora ferite dalla guerra, la vita cerca di andare avanti. Ma a quale prezzo?

• L’economia è al collasso. Un tempo, Aleppo era una delle città più produttive della regione; oggi la maggior parte dei suoi abitanti vive di aiuti umanitari.

• Le tensioni sociali crescono. Gli sfollati interni, costretti a occupare case abbandonate, si scontrano con chi torna dall’esilio.

• L’istruzione è un lusso. Scuole distrutte e famiglie che non possono permettersi la retta scolastica significano un’intera generazione a rischio analfabetismo.

La Siria è un paese che lotta per rialzarsi, ma che viene lasciato solo.

Idlib: la capitale della disperazione

Se Aleppo è un simbolo di resistenza, Idlib è l’emblema della crisi umanitaria siriana.

La provincia è sotto il controllo del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), che governa con promesse di elezioni e inclusività, ma che molti considerano una forza autoritaria che limita la libertà della popolazione. La realtà è che Idlib è un inferno a cielo aperto, dove la guerra non è mai davvero finita.

• Oltre 1,2 milioni di persone vivono in campi profughi da oltre 14 anni, senza acqua potabile, senza servizi sanitari adeguati e con tende che non resistono all’inverno.

• I bambini sono le prime vittime. Molti di loro non vanno a scuola, soprattutto le bambine, costrette a lavorare o a occuparsi della casa.

• Il traffico di armi e la criminalità prosperano, mentre il commercio con la Turchia permette la circolazione di beni di lusso in una terra dove la gente muore di fame.

Ogni campo profughi visitato racconta la stessa storia: un’umanità dimenticata, che il mondo non vuole vedere.

Il tradimento dell’Occidente: i tagli agli aiuti e il rischio di un nuovo conflitto

Se la guerra e la crisi economica non bastassero, un altro colpo sta per abbattersi sulla Siria: il taglio agli aiuti internazionali.

La decisione dell’amministrazione Trump di ridurre il budget per le agenzie umanitarie del 30% ha già messo a rischio progetti essenziali per milioni di persone. Campi profughi come Al Hol, che ospita 40.000 persone tra cui donne e bambini legati all’ISIS, potrebbero chiudere, con il rischio che foreign fighters e rifugiati rientrino in Iraq e Siria, alimentando nuovi conflitti.

Questa politica non è solo un tradimento morale, ma anche un errore strategico che potrebbe riaccendere la guerra. Senza supporto internazionale:

• La popolazione siriana sarà ancora più vulnerabile all’influenza di gruppi estremisti.

• I conflitti tra etnie e religioni potrebbero esplodere.

• L’instabilità si allargherà al Libano, all’Iraq e alla Giordania.

Ancora una volta, l’Occidente sta scegliendo di guardare altrove, fingendo di non vedere la catastrofe che si sta preparando.

Conclusione: non possiamo continuare a ignorare la Siria

Ogni giorno, la Siria lotta per sopravvivere tra macerie, povertà e abbandono. E ogni giorno, il silenzio internazionale la condanna all’oblio.

Se il mondo non agirà subito, la Siria non sarà solo una tragedia umanitaria, ma anche una bomba a orologeria pronta a esplodere.

Non possiamo più ignorare questa realtà. La Siria ha bisogno di aiuto, di investimenti nella ricostruzione, di politiche umanitarie concrete. E soprattutto, ha bisogno di non essere più dimenticata.