EDITORIALE: Oggi, 28 maggio 2024, ricorre il cinquantenario della strage di Piazza della Loggia, un evento che ha segnato profondamente la città di Brescia e l’intera Italia. Questo anniversario non rappresenta solo un momento di riflessione storica, ma anche un richiamo alla necessità di mantenere viva la memoria di quel tragico giorno, per evitare che simili orrori possano ripetersi.

Verità Giudiziaria, Storica e Morale

La strage di Piazza della Loggia, come molti degli orrori di quegli anni, può essere analizzata attraverso tre prospettive: verità giudiziaria, verità storica e verità morale. La verità giudiziaria, purtroppo, rimane parziale. Dopo sette inchieste e due condanne all’ergastolo per Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi, i veri esecutori materiali sono ancora ignoti, con Marco Toffaloni e Roberto Zorzi ancora sotto processo.

La verità storica è invece chiara: si trattò di una strage neofascista, con responsabilità accertate di Ordine Nuovo, diversa dalle altre stragi di quel periodo, come quella di Piazza Fontana. La politica dell’epoca, come ricordato da Gianfranco Bettin, si mosse con decisione: il governo Rumor mise fuori legge Ordine Nuovo nel 1972, evidenziando la gravità della minaccia neofascista.

La verità morale è quella che la città di Brescia ha coltivato incessantemente per mezzo secolo, mantenendo viva la memoria degli otto morti e 102 feriti di quella manifestazione antifascista. Una memoria che non è mai stata solo un esercizio archeologico, ma una risposta civile e ferma contro la violenza.

Memoria Viva e Risposta Civile

Alle celebrazioni parteciperà Manlio Milani, presidente dell’Associazione delle vittime di Piazza della Loggia e fondatore di Casa Memoria Brescia. Milani, che perse la moglie in quella tragica esplosione, sottolinea l’importanza di ricordare le ragioni di quella manifestazione: dire no alla violenza neofascista che stava accerchiando la città. Quella del 28 maggio 1974 fu una risposta alla violenza, organizzata dai sindacati, che si fecero ponte tra la rabbia dei cittadini e le istituzioni.

Milani enfatizza due aspetti fondamentali: il ruolo cruciale dei sindacati, che divennero cardine centrale per la difesa della democrazia, e la scelta di una risposta non violenta, nonostante il dolore. Questo spirito di fermezza civile è oggi più rilevante che mai, in un contesto politico che vede diritti compressi e un pericolo crescente di autoritarismo.

Pasolini e la Critica alla Società Italiana

Poco dopo la strage, il 10 giugno dello stesso anno, Pier Paolo Pasolini offrì sulle colonne del «Corriere» una delle sue analisi più controverse e profonde, una critica radicale che ancora oggi risuona con inquietante attualità.

Pasolini, con la sua inconfondibile capacità di andare oltre le apparenze, definì gli autori della strage non solo come fascisti, ma come il prodotto di una società interamente omologata. Secondo lo scrittore, questi individui erano culturalmente, psicologicamente e somaticamente identici alla maggioranza dei loro coetanei, riflettendo una rivoluzione antropologica che stava trasformando l’Italia.

L’articolo di Pasolini, poi confluito negli «Scritti corsari» con il titolo «Saggio sulla rivoluzione antropologica in Italia», denunciava l’omologazione culturale e il conformismo come i veri motori di quella trasformazione. Pasolini vedeva nel referendum sul divorzio del 12 maggio 1974 e nella strage di Brescia i simboli di un cambiamento profondo: la vittoria del no al referendum non era solo una sconfitta per i conservatori, ma anche un segnale di una società che si allontanava sia dal fascismo tradizionale che dal progressismo socialista.

La Mutazione dei Valori

Pasolini osservava con amarezza come i ceti medi italiani fossero stati sedotti dall’ideologia edonistica del consumo, promossa dal potere attraverso la televisione e la moda, abbandonando cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa. Questo processo di borghesizzazione, presentato come modernizzante e tollerante, nascondeva in realtà una trasformazione più pericolosa e totalitaria.

Nel celebre articolo sulla scomparsa delle lucciole del febbraio 1975, Pasolini descriveva questa trasformazione antropologica, affermando che il nuovo potere totalitario utilizzava il «fascismo degli antifascisti» e il «conformismo dei progressisti» per imporsi. Queste parole, dure e difficili da accettare, scatenarono polemiche con intellettuali come Italo Calvino, Alberto Moravia e Franco Fortini, ma Pasolini rimase fermo nelle sue convinzioni.

Pasolini osservava con amarezza come i ceti medi italiani
fossero stati sedotti dall’ideologia edonistica del consumo,
promossa dal potere attraverso la televisione e la moda,
abbandonando cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa.

La Critica alla Complicità del Potere

Pasolini era consapevole che il governo e gli apparati dello Stato avrebbero potuto fermare il fascismo delle stragi, già dal 1969, subito dopo la bomba di Piazza Fontana. Egli denunciò una complicità nascosta, sostenendo che il potere aveva deciso di mantenere in vita forze fasciste per opporsi all’eversione comunista, creando così un tragico gioco delle parti.

Questo fascismo artificiale, voluto dallo stesso potere che aveva liquidato il fascismo tradizionale e la Chiesa, era alimentato dalla stessa cultura di fondo che aveva assimilato la maggioranza degli italiani. Una cultura dove l’estremismo terrorista era solo l’espressione della «conflagrazione dovuta alla miscela di conformismo e nevrosi».

Un Monito per il Futuro

Pasolini ci invita a riflettere su come la disperazione e l’omologazione culturale possano portare i giovani a scelte estreme. Egli rispondeva a Calvino dicendo che invece di ignorare i giovani fascisti, dovremmo sforzarci di capirli e incontrarli, poiché una piccola diversa esperienza potrebbe cambiare il loro destino.

Questa visione pasoliniana rimane un monito attuale. La strage di Brescia non è solo un ricordo doloroso, ma un avvertimento su come la società possa essere plasmata e deformata dal potere dei consumi e dal conformismo. Ricordare le parole di Pasolini ci aiuta a mantenere alta la guardia contro le insidie della trasformazione antropologica e a lottare per una società più giusta e consapevole.

A cinquant’anni dalla strage di Piazza della Loggia, le riflessioni di Pasolini ci spingono a guardare oltre le apparenze e a comprendere le profonde trasformazioni che attraversano la nostra società. La sua critica alla complicità del potere e alla borghesizzazione della cultura italiana rimane un punto di riferimento fondamentale per chiunque voglia comprendere e contrastare le derive autoritarie e conformiste del nostro tempo.

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Un anno dopo, il 28 maggio 1975, poche settimane prima di essere eletto Sindaco di Brescia, Cesare Trebeschi pubblicò questo brano poetico sul periodico della DC bresciana “Il Cittadino”.

Alzati cittadino bresciano

Non portare più fiori, cittadino bresciano e del mondo,
a questa piazza indicata: è tua la colpa della strage di maggio
e delle altre che giorno dopo giorno son venute e verranno.
Non cercare un capro espiatorio nei cupi recinti che separano
la tua città da chi ha sbagliato una volta o dai malati di mente.

“Non c’è nulla da fare”: è questo tuo disimpegno, questa tua
finestra, la prima spiaggia per la marea di violenza.
Non cercare la colpa negli altri come la gioia nelle cose
lontane: la colpa è soltanto tua, delle tue mani inerti,
dei tuoi occhi che non vogliono guardare, delle tue orecchie
che non vogliono sentire, del tuo sapere e non operare,
di questi tuoi fiori muti che non danno voce alla Loro parola.

La colpa è nella tua casa, nel tuo orto, nel tuo giardino,
nel tuo lavorare solo per te, nel tuo camminare da solo,
nella tua torre d’avorio, nella sterilità del tuo credere,
nella infecondità di lacrime che il tuo cuore raggela,
nel tuo bramare una pace soltanto tua, nel tuo pretendere giustizia
soltanto per te o per i tuoi, nella tua libertà dalla fame
degli altri, nella tua libertà di pensare, di pregare,
di amare tu solo.

Alzati, cittadino bresciano e del mondo: e da tante mani
ormai piene di terra per colpa tua, raccogli le pietre insanguinate
per costruire la nostra città.