Circola ancora in questi giorni una petizione contro la proposta di legge al “Diritto all’aborto” promossa Gilda Sportiello deputata del Movimento Cinque Stelle. La questione è stata trattata alla luce del Diritto in un editoriale di Vittorio Possenti sulle pagine del quotidiano Avvenire della Conferenza Episcopale italiana qualche mese fa, il 5 giugno 2024. Ne rielaboriamo le argomentazioni. 

La questione della coscienza personale e sociale

Prima di affrontare il tema dell’aborto come diritto costituzionale, è fondamentale considerare il contesto in cui tale discussione si svolge. Una petizione, per quanto ben intenzionata, non può essere la soluzione definitiva se non si sviluppa una coscienza personale e sociale consapevole e responsabile. La semplice adesione a una causa, senza una riflessione approfondita sulle sue implicazioni etiche e sociali, rischia di trasformarsi in una moda passeggera, priva di sostanza. Oggi, dopo la controversa sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha ribaltato Roe vs Wade e che ha cagionato la radicale contro-reazione in Francia, si corre il rischio di banalizzare un tema di estrema importanza, riducendolo a una mera questione di diritto individuale senza considerare le conseguenze più ampie sulla società. 

L’aborto tra diritto e delitto

Esaminando storicamente la questione, si nota che il cosiddetto “diritto all’aborto” non trova una base solida nei principali documenti fondativi dei diritti umani. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, per esempio, riconosce il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona, ma non menziona l’aborto. Analogamente, la Dichiarazione di indipendenza americana del 1776 sottolinea il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità, senza fare alcun riferimento all’interruzione di gravidanza.

L’assenza del diritto alla vita nella Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 è sorprendente. Qui, la libertà è il valore supremo, e si afferma che “la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri”. Tuttavia, questo principio, apparentemente ragionevole, diventa problematico quando si tratta di definire chi sia l’“altro”. Nel caso dell’aborto, l’altro è il feto, la cui vita viene soppressa. Questa ambiguità solleva questioni morali ed etiche profonde, che non possono essere risolte semplicemente invocando il principio di libertà individuale.

Il rischio di una deriva libertaria

La recente risoluzione del Parlamento europeo a favore del diritto all’aborto rappresenta, a mio avviso, una deriva pericolosa verso un libertismo radicale, dove la scelta del singolo prevale su qualsiasi altra considerazione. Questo approccio ignora completamente il valore della vita e il dovere della società di proteggerla. Se la legge diventa uno strumento per affermare qualsiasi volontà individuale, si rischia di scivolare in un positivismo giuridico estremo, dove la legge, purché approvata da una maggioranza, può giustificare qualsiasi azione, anche la soppressione di una vita umana.

L’idea che l’Unione Europea possa considerare l’inclusione del diritto all’aborto come un segno di progresso civile è una contraddizione in termini. La fabbricazione di nuovi diritti, senza un solido fondamento etico e giuridico, rappresenta un regresso piuttosto che un avanzamento. Inserire l’aborto nella Costituzione come un diritto, non solo nega la complessità della questione, ma rischia di banalizzare il valore stesso della vita umana.

Un appello alla riflessione

La questione dell’aborto è una delle più controverse e divisive del nostro tempo. Tuttavia, non può essere affrontata con superficialità o ridotta a una questione di libertà individuale. Il diritto alla vita è un valore fondamentale che non può essere ignorato o relativizzato.

Marce e petizioni servono a poco senza una riflessione giuridica, antropologica ed etica.

Dovremmo concentrarci sullo sviluppo di una coscienza sociale che riconosca e rispetti il valore della vita in tutte le sue forme interpellando tutte le forze sociali, agenzie educative e opinion leader.

La libertà di scelta è un principio fondamentale, ma deve essere bilanciata con la responsabilità e il rispetto per gli altri, compreso l’embrione che, seppur in una fase iniziale di sviluppo, è una vita umana con potenzialità di sviluppo.

La legge, per quanto possa essere uno strumento potente, non può sostituirsi alla coscienza morale individuale e collettiva. Solo attraverso una riflessione approfondita e un dialogo aperto possiamo sperare di trovare soluzioni che rispettino la dignità di tutti gli esseri umani, nati e non nati.