Negli ultimi anni, il mondo religioso è stato scosso da numerosi scandali legati a casi di abuso sessuale e spirituale all’interno di nuove comunità religiose. Senza giudicare le persone, la lista è lunga e preoccupante: Gerard Croissant,Thomas e Marie-Dominique Philippe, Stefano Maria Manelli, Jean Venier, Pierre Marie Delfieux, P. Joseph Kentenich, Marcial Maciel Degollado rappresentando i nomi più noti all’opinione pubblica. Questi casi sollevano interrogativi inquietanti su cosa possa spingere i fondatori di queste comunità a comportamenti abusivi, e su come tali dinamiche possano proliferare senza essere immediatamente fermate.
Una delle ipotesi comunemente accettate è che la radice del problema risieda nelle strutture clericali stesse, le quali, si sostiene, favorirebbero una cultura di abuso di potere e impunità. Tuttavia, questa spiegazione, sebbene parzialmente valida, non è sufficiente per comprendere pienamente la complessità della situazione. L’abuso di potere e la manipolazione non sono infatti esclusivi del contesto religioso, ma possono emergere in qualsiasi organizzazione umana.
Molte delle comunità fondate dai personaggi menzionati sono nate nel periodo successivo alla rivoluzione culturale del 1968, spesso all’interno del movimento carismatico o nel tradizionalismo reazionario al post concilio che cercava di evitare una eccessiva istituzionalizzazione o omologazione a un Magistero che non si condivideva. Questo contesto potrebbe aver attratto individui psicologicamente e spiritualmente immaturi, spinti dal desiderio di crearsi uno spazio autonomo e incontrollato. Qui, il ruolo del narcisismo diventa centrale.
Il monaco e teologo Giovanni Cassiano, già nel IV secolo, aveva individuato nella “superbia” un pericolo per le comunità monastiche. Oggi, quello che Cassiano definiva come “superbia”, lo riconosciamo spesso sotto il termine di narcisismo. Questo tratto caratteriale, quando radicato, porta gli individui a rifiutare qualsiasi forma di regolamentazione esterna, cercando invece una totale autonomia. Tale atteggiamento li spinge a considerare le istituzioni esistenti come decadenti o inadeguate, portandoli a fondare nuove comunità dove essi stessi diventano figure indiscutibili e venerate.
L’analisi di Cassiano appare tragicamente attuale. Le comunità fondate da individui con tendenze narcisistiche diventano facilmente terreno fertile per l’abuso spirituale. Questi leader, circondati da seguaci devoti, si posizionano come guide infallibili, sfruttando la loro posizione per manipolare e controllare. Questo tipo di dinamiche possono degenerare in abusi di vario genere, poiché la struttura comunitaria diventa permeabile al culto della personalità del fondatore.
Come prevenire questi abusi? La Regola di San Benedetto offre alcune risposte. In primo luogo, è fondamentale che chi si avvicina alla vita monastica o a qualsiasi forma di vita comunitaria passi attraverso un periodo di prova nel quotidiano, dimostrando vera obbedienza e umiltà. La fretta di assumere ruoli di comando a vita può essere pericolosa, poiché non permette una maturazione adeguata.
Inoltre, San Benedetto sottolinea l’importanza di strutture che trascendano la persona. La comunità e il leader devono essere soggetti a regole impersonali che garantiscano un controllo esterno. Anche il leader, infatti, deve seguire le regole della comunità, evitando così il rischio di sviluppare nei sodali una dipendenza infantile da un guru carismatico.
Ancora più patologica risulta l’autolegittimazione attraverso il racconto di un legame particolare avuto con un santo recente che alcuni personaggi controversi dichiarano di aver incontrato beneficiando di un rapporto di predilezione e trasmissione di carismi per se stessi o per tutto l’albero genealogico familiare.
L’atteggiamento narcisista porta a un tale rifiuto di qualsiasi forma di autorità da giustificare i propri abusi delegittimando l’autorevolezza dei superiori, Papa incluso, con espedienti retorici che vanno da pseudo profezie a calunnie.
Benché la chiesa colpisca questi personaggi da sanzioni medicinali, in alcuni casi essi continuano con sfrontatezza a celebrare la Messa – se sacerdoti – costituire nuove compagini di plagiati, soprattutto se donne, senza un riconoscimento canonico e riceverne i voti senza un mandato ecclesiale, ma a nome proprio trasformando il sacro in teatro.
Gli scandali che hanno colpito diverse comunità religiose contemporanee non sono solo il frutto di strutture clericali abusive, ma di una più ampia questione legata alla natura umana e al potere. Riconoscere e affrontare queste dinamiche, attraverso una maggiore trasparenza e una struttura di regolamentazione adeguata, è essenziale per prevenire futuri abusi e proteggere l’integrità delle comunità religiose.