Le recenti inondazioni che hanno colpito più di venti paesi africani rappresentano una delle manifestazioni più drammatiche della crisi climatica in corso. Con piogge torrenziali ben al di sopra delle medie storiche, si contano migliaia di morti, milioni di sfollati e danni incalcolabili alle infrastrutture, all’agricoltura e alla salute pubblica. Questi eventi, sempre meno eccezionali e sempre più ricorrenti, sollevano interrogativi urgenti sulla capacità delle nazioni africane di affrontare le conseguenze del cambiamento climatico e sulla responsabilità globale nel fornire aiuti e soluzioni sostenibili.

Un disastro annunciato: l’accelerazione della crisi climatica

L’anno 2024 ha visto 27 paesi della fascia tropicale africana registrare precipitazioni eccezionalmente intense, confermando un trend ormai consolidato. Il dato allarmante non è solo l’entità delle piogge, ma la loro crescente frequenza e imprevedibilità. Nel solo 2024, le alluvioni hanno colpito circa 11 milioni di persone, provocando almeno 2.500 morti e costringendo 4 milioni di individui ad abbandonare le proprie case. Questi numeri si sommano a un quadro già drammatico, in cui il continente registra un numero record di sfollati a causa di conflitti e instabilità politica.

Se in passato eventi di questa portata erano considerati eccezionali, oggi appaiono come la nuova normalità. Gli studi sulle precipitazioni annuali mostrano che le inondazioni del 2024 non sono state un’anomalia, bensì il proseguimento di una tendenza in atto da almeno cinque anni. Ciò significa che il cambiamento climatico sta alterando in modo sistemico il regime delle piogge, trasformando il rischio in certezza.

Le conseguenze devastanti: agricoltura, salute e istruzione in ginocchio

Le alluvioni non sono solo un disastro naturale, ma un fattore di aggravamento delle condizioni socio-economiche già precarie in molti paesi africani. Milioni di ettari coltivati sono stati sommersi, decimando i raccolti e aggravando la crisi alimentare. Intere mandrie di bestiame sono state spazzate via, riducendo la sicurezza economica delle comunità rurali e minando le riserve alimentari di intere nazioni.

Le conseguenze sanitarie sono altrettanto allarmanti: il ristagno dell’acqua favorisce la diffusione della malaria, del colera e di altre malattie infettive, con ospedali e centri di assistenza gravemente danneggiati o inaccessibili. Nel frattempo, la crisi colpisce duramente anche l’istruzione: circa 10 milioni di bambini in Niger, Nigeria, RDC e Mali non hanno potuto frequentare la scuola, perché gli edifici scolastici sono stati distrutti o trasformati in rifugi di emergenza.

Il paradosso africano: vittima principale, ma non responsabile

L’Africa è il continente che contribuisce meno alle emissioni globali di gas serra, eppure è quello che paga il prezzo più alto per il riscaldamento globale. Il paradosso è evidente: mentre le economie industrializzate continuano a consumare risorse e a generare emissioni, le nazioni africane subiscono le peggiori conseguenze senza avere i mezzi per proteggersi adeguatamente.

A questo si aggiunge la fragilità istituzionale e infrastrutturale di molti stati africani, che non hanno risorse né capacità per gestire emergenze climatiche di questa portata. Le soluzioni strutturali – sistemi di drenaggio, difese contro le inondazioni, politiche di adattamento climatico – richiedono investimenti che molte nazioni non possono permettersi senza un massiccio sostegno internazionale.

Verso un futuro incerto: serve un impegno globale

Questi eventi dimostrano che il cambiamento climatico non è più una minaccia futura, ma una realtà presente. L’Africa non può essere lasciata sola ad affrontare questa crisi. I governi africani devono rafforzare le proprie politiche di adattamento, ma le nazioni ricche hanno una responsabilità morale e politica nel fornire aiuti concreti e fondi per il climate resilience.

La COP28 ha sottolineato la necessità di un fondo per le “perdite e i danni” causati dal cambiamento climatico nei paesi più vulnerabili, ma le promesse non si sono ancora tradotte in azioni sufficienti. Serve un cambio di passo: investimenti mirati, riduzione delle emissioni globali e un sistema di solidarietà climatica che renda giustizia a chi sta pagando il prezzo più alto per una crisi che non ha causato.

Senza un impegno concreto, il futuro dell’Africa – e del mondo intero – è destinato a diventare sempre più instabile e drammatico.