Oggi la Chiesa ricorda proprio il matrimonio tra i due santi sposi di Nazareth che accolsero nella loro vita e nel proprio focolare il progetto dell’umanità di Dio.
Fu un matrimonio simile a quello che accade in primavera tra i fiori che uniscono i loro profumi o a due strumenti che uniscono le proprie melodie all’unisono formandone una sola.
Sant’Agostino afferma a sua volta che “la base di un matrimonio d’amore è l’unione dei cuori”.
È solo per una mentalità sessuofoba che l’arte di un tempo ci ha rappresentato un S. Giuseppe anziano come se la vecchiaia avesse potuto meglio significare la custodia della verginità di Maria.
Diversamente dovremmo rappresentare un uomo onesto, incapace di rubare, dipingendolo senza mani…
L’esperienza dimostra che spesso proprio gli anziani possono ardere degli stessi desideri voluttuosi che ardono nei giovani. Abbiamo un esempio biblico nel caso di Susanna, perché coloro che la tentarono nel giardino erano dei vecchioni.
Sembra anche logico pensare che Nostro Signore preferisse scegliere come padre putativo un uomo che sapeva e voleva sacrificarsi e non uno che si vedeva costretto a farlo.
È poi presumibile che Dio volesse dare un anziano come compagno a una ragazza giovane?
Se il Signore ha affidato dalla Croce sua madre a un giovane come San Giovanni, perché doveva legarla a un anziano fin dagli albori della vita?
La donna è educatrice silenziosa della virilità del suo sposo. Essendo Maria il simbolo della verginità e la sublime ispiratrice della purezza per tutti, perché non avrebbe dovuto impiegare questa sua caratteristica con il suo Giuseppe, il giusto?
La Vergine conquistò il cuore del suo giovane sposo non con la diminuzione dell’amore, ma sublimandolo.
Quando Giuseppe si è sposato con la Vergine Maria, era un uomo giovane, forte, virile, atletico e casto; un prototipo dell’uomo che si può vedere oggi mentre pasce un gregge in un prato o mentre pilota una moto o nel laboratorio di un falegname.
Non un impotente, ma al contrario traboccante di virilità maschile; non un frutto secco, ma un fiore pieno di promesse; non al tramonto della vita, ma all’alba, effondendo energia, forza e passione non meno di tanti religiosi equilibrati e sani.
Il cuore umano si commuove davanti all’amore di Maria e Giuseppe entrambi giovani, belli e pieni di promesse.
In Maria e Giuseppe non troviamo una cascata di acque pure e incanalate né un lago secco, ma due giovani che prima di conoscere la bellezza di una e la potente forza dell’altro rinunciano a goderne per donarsi interamente alla “passione senza passione” e all’“impetuosa calma” di Gesù.
Nei corsi di matrimonio e alle coppie che festeggiano le Nozze d’Argento o d’Oro chiedo: “A cosa aspirate dopo esservi amati?”
“All’Infinito, al Paradiso – mi rispondono – a un’estasi eterna, senza fine”.
In cielo, però, non sarà necessaria l’unione dei corpi, perché l’amore sarà infinito.
Ecco perché Dio ha detto che in Cielo non esisteranno matrimoni. Non saranno necessarie le apparenze, perché avremo la sostanza.
Ci affanneremmo per un raggio di sole riflesso in uno specchio potendo goderne direttamente?
Si ha bisogno della comunione fisica per comprendere l’unione di Cristo con la sua Chiesa.
Madonna e San Giuseppe avevano Gesù, non desideravano nient’altro, non avevano questa necessità perché possedevano la Divinità.
Come ha detto mirabilmente Leone XIII, “il loro matrimonio è stato consumato con Gesù”.
Come marito e moglie dimenticano se stessi contemplando il figlio appena nato nella sua culla, così anche Maria e Giuseppe non pensavano ad altro che a Gesù.
Non c’è mai stato né ci sarà mai amore più profondo su questa terra.
La Madonna e San Giuseppe non sono arrivati a Dio attraverso il loro amore reciproco, ma hanno goduto dell’amore grande e puro dell’una per l’altro dopo essersi rivolti prima a Gesù.
Vorrei augurare agli sposi cristiani e ai giovani – che hanno avuto la pazienza di leggermi – di vivere da vincitori sulle pulsioni egocentriche dell’uomo.
Un sostegno per questa lotta il cristiano lo trova nell’Eucaristia.
Il confronto con il corpo del Signore donato per amore aiuta il credente a rapportarsi in giustizia e verità con il proprio e l’altrui corpo.
La castità, infatti, mentre genera un cuore puro che sa vedere la realtà e gli altri in Dio, fa dell’uomo una trasparenza dell’amore e della potenza di Dio.
Quella potenza con cui “Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi” (1 Lettera ai Corinzi 6,14).
Forse la più famosa frase di Teilhard de Chardin proviene dal suo saggio del 1936, “L’evoluzione della castità”:Un giorno, dopo aver padroneggiato i venti, le onde, le maree e la gravità, imbriglieremo per Dio le energie dell’amore, e poi, per la seconda volta nella storia del mondo, l’uomo avrà scoperto il fuoco.