Venerdì 21 giugno, l’Arménia è diventata il 147º paese a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese. Il Ministero degli Affari Esteri di Erevan ha dichiarato che questa decisione riflette il sincero desiderio dell’Arménia di promuovere una pace duratura nella regione. La mossa è stata prontamente salutata dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), mentre Israele ha reagito convocando l’ambasciatore armeno per una “severa reprimenda”.

Questo riconoscimento arriva pochi mesi dopo la presa di controllo del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian. Questa regione, storicamente popolata da armeni, ha visto una rapida avanzata dell’esercito azero nel settembre 2023, spingendo la popolazione armena a fuggire. La vittoria azera è stata facilitata dalle forniture di armi israeliane al regime di Baku. Come sottolinea Tigrane Yégavian, professore all’Università Schiller di Parigi, c’è un importante partenariato tra Israele e Azerbaigian, principalmente perché Israele utilizza l’Azerbaigian come proxy contro l’Iran.

Il rafforzamento dei legami tra Israele e Azerbaigian ha provocato un raffreddamento delle relazioni tra lo Stato ebraico e l’Arménia, che non erano mai state particolarmente strette. Tuttavia, riconoscendo lo Stato palestinese, l’Arménia invia un chiaro segnale di disapprovazione verso Israele, non solo per il suo coinvolgimento nel conflitto del Nagorno-Karabakh, ma anche per la sua politica nei confronti dei cristiani del quartiere armeno della città vecchia di Gerusalemme. Un investitore australiano, supportato da coloni ebrei estremisti, intende prendere il controllo di una parte del quartiere per costruire un hotel di lusso, un progetto fermamente respinto dagli abitanti armeni.

Inoltre, il mancato riconoscimento da parte di Israele del genocidio armeno del 1915-1916 da parte dell’Impero Ottomano rimane un punto di tensione. Israele non ha un’ambasciata a Erevan e, per mantenere buone relazioni con la Turchia, ha sempre rifiutato di riconoscere il carattere genocida di quei massacri. Come sottolinea Yégavian, questa incoerenza è problematica: uno Stato nato in parte da un genocidio dovrebbe riconoscere e condannare atti simili, piuttosto che sostenere un paese come l’Azerbaigian, accusato di aver annientato la popolazione armena del Nagorno-Karabakh.

La decisione dell’Arménia di riconoscere lo Stato palestinese è quindi tanto simbolica quanto politica. Essa rappresenta un atto di sfida e di riaffermazione della propria identità e della propria storia, in un contesto geopolitico complesso e spesso ostile. La mossa di Erevan potrebbe non solo influenzare le relazioni con Israele, ma anche avere ripercussioni più ampie sulla politica internazionale e sui rapporti di forza nella regione. In un momento in cui la solidarietà tra popoli oppressi sembra sempre più rara, l’Arménia ha scelto di prendere posizione, ricordando al mondo l’importanza della memoria storica e della giustizia.