L’arresto del candidato presidenziale Călin Georgescu segna un punto di svolta drammatico nella politica rumena e nei rapporti tra Unione Europea, Stati Uniti e Russia. Le accuse mosse contro di lui – istigazione contro l’ordine costituzionale, diffusione di informazioni false, sostegno a organizzazioni fasciste e razziste – sono di una gravità estrema, prevedendo condanne fino a 25 anni di carcere secondo il codice penale rumeno.
Ma l’intera vicenda si inserisce in uno scenario ben più ampio, che va oltre la giustizia rumena e tocca direttamente la guerra in Ucraina, la lotta tra sovranità nazionale e globalismo e l’egemonia dell’Unione Europea. Georgescu, esponente dell’estrema destra populista e filo-russa, aveva già vinto il primo turno delle presidenziali di novembre 2024, poi annullato dalla Corte Costituzionale per presunte ingerenze russe nel voto. Ora, il suo arresto solleva dubbi sull’indipendenza della magistratura e sul destino della democrazia in Romania.
Chi è Călin Georgescu e perché la sua figura è così controversa?
Călin Georgescu, 62 anni, ingegnere e tecnocrate con una lunga carriera nel settore pubblico e internazionale, è emerso come outsider politico cavalcando il malcontento popolare verso Bruxelles e la NATO. Anti-europeista e fortemente sovranista, ha basato la sua campagna sulla promessa di difendere la sovranità della Romania, bloccare l’invio di armi in Ucraina e opporsi all’ingresso di Kiev nella UE e nell’Alleanza Atlantica.
Il suo programma politico includeva:
• Uscita della Romania dalla NATO e ritorno a una politica di neutralità attiva (sulla scia dell’Ungheria di Orbán);
• Bloccare qualsiasi fornitura di armi all’Ucraina e revocare le sanzioni alla Russia;
• Maggiore indipendenza dalla UE, accusata di essere un sistema burocratico che limita la sovranità nazionale;
• Nazionalizzazione di settori chiave dell’economia, tra cui energia e agricoltura;
• Sostegno a un nuovo ordine multipolare con un riequilibrio dei rapporti verso la Russia e la Cina.
Queste posizioni hanno fatto di lui un nemico dichiarato di Bruxelles, di Washington e degli apparati di sicurezza rumeni, che lo ritengono un pericolo per la stabilità dell’Europa orientale.
Le accuse: colpo di grazia o costruzione politica?
L’arresto di Georgescu è avvenuto mentre si recava a presentare ufficialmente la sua candidatura per le elezioni presidenziali del 4 e 18 maggio 2025. Contemporaneamente, la polizia rumena ha condotto 47 perquisizioni nelle province di Sibiu, Mureș, Timiș, Ilfov e Cluj, sequestrando armi, munizioni e oltre un milione di dollari in contanti.
Secondo l’Alta Corte di Cassazione della Romania, Georgescu sarebbe coinvolto in:
• Costituzione e supporto a gruppi fascisti, razzisti e xenofobi;
• Diffusione di informazioni false e propaganda antisemita;
• Finanziamento illecito della campagna elettorale con fondi non dichiarati;
• Promozione del culto di persone accusate di genocidio e crimini di guerra;
• Possibili legami con la Russia per destabilizzare la Romania.
L’arresto sarebbe legato anche all’indagine su Horațiu Potra, un mercenario rumeno operativo in Africa, considerato vicinissimo a Georgescu e sospettato di aver orchestrato una rete di finanziamenti illeciti per la sua campagna.
Un arresto che scuote il panorama internazionale
La vicenda di Georgescu ha già suscitato reazioni internazionali di peso. Il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha definito “oltraggioso” l’annullamento delle elezioni di novembre, mentre Elon Musk ha commentato su X:
“Hanno appena arrestato la persona che ha ottenuto più voti nelle elezioni presidenziali rumene. Questo è assurdo.”
Anche Robert F. Kennedy Jr., candidato indipendente alla presidenza USA, ha espresso preoccupazione per un’Europa che soffoca le opposizioni politiche e impone una linea unica filo-UE e filo-NATO. La sua critica si aggiunge a quelle dell’ala sovranista americana, che sostiene che l’arresto di Georgescu sia un’operazione orchestrata dai globalisti europei per eliminare un avversario scomodo.
L’estrema destra rumena e la sfida all’Unione Europea
L’arresto di Georgescu potrebbe trasformarlo da candidato sconfitto a martire della causa sovranista e anti-UE. Il suo elettorato, già in piazza da mesi contro l’annullamento delle elezioni di novembre, potrebbe radicalizzarsi ulteriormente, alimentando tensioni in un Paese strategico per la stabilità dell’Europa orientale.
L’ascesa dell’estrema destra in Romania è parte di una tendenza più ampia, con partiti ultra-nazionalisti in crescita in:
• Ungheria (Fidesz di Orbán);
• Francia (Rassemblement National di Marine Le Pen);
• Germania (AfD);
• Italia (Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni);
• Paesi Bassi (PVV di Geert Wilders).
L’Europa teme che la Romania possa diventare un nuovo epicentro della sfida sovranista, mettendo a rischio l’unità del blocco europeo e il sostegno a Kiev contro la Russia.
Quali scenari futuri?
L’arresto di Georgescu e l’annullamento delle elezioni presidenziali del 2024 lasciano un vuoto politico in Romania. A maggio, il Paese tornerà alle urne, ma senza il candidato che aveva già vinto il primo turno. Questo solleva diversi interrogativi:
• La sua esclusione provocherà nuove proteste e tensioni sociali?
• Altri candidati sovranisti raccoglieranno la sua eredità politica?
• L’UE e la NATO stanno realmente proteggendo la democrazia o stanno limitando la sovranità rumena?
Uno scenario possibile è che Georgescu, ora fuori gioco, diventi un simbolo della lotta contro l’UE e la NATO, galvanizzando le destre radicali di tutta Europa. Se la Romania fosse travolta da proteste di massa, potrebbe aprirsi un nuovo fronte di crisi interna all’Unione Europea, già impegnata nel conflitto in Ucraina e nelle tensioni con la Russia.
Conclusioni: colpo mortale al sovranismo o detonatore di una nuova crisi?
L’arresto di Călin Georgescu è un segnale forte da parte delle autorità rumene e dell’Unione Europea: chi si oppone apertamente alla linea filo-occidentale rischia la marginalizzazione politica o addirittura l’arresto.
Tuttavia, se l’obiettivo era eliminare un avversario scomodo, il rischio è di aver creato un martire per l’estrema destra europea. Le proteste dei suoi sostenitori e le reazioni indignate di figure di spicco come Musk, Vance e Kennedy Jr. mostrano che la sua vicenda ha già varcato i confini rumeni e potrebbe avere ripercussioni globali.
Con le presidenziali rumene di maggio ormai compromesse, la vera domanda è: l’UE sta davvero difendendo la democrazia o sta imponendo una linea unica filo-occidentale?
In un’Europa sempre più polarizzata, la risposta a questa domanda determinerà il futuro della sovranità nazionale e il ruolo dell’Unione nelle sue periferie orientali.
Una situazione controversa. Ormai non si capisce più dove sono i buoni e i cattivi.