Negli ultimi anni, si è registrata una crescente preoccupazione per il fenomeno delle associazioni pseudo-religiose che, con documenti falsi o dichiarazioni ingannevoli, cercano di ottenere una vita canonica e di legittimare le proprie attività. Questo problema universale, esploso per un caso recente in Nigeria, ma esistente in realtà locali persino in Italia, evidenzia un grave abuso nel sistema ecclesiastico e una sfida per l’autorità della Chiesa.

L’inganno dell’approvazione fraudolenta

Alcune associazioni con facciata cattolica riescono a ottenere accoglienze canoniche grazie alla complicità o all’ingenuità di alcuni vescovi, spesso in contesti esteri, altre volte in Italia con una presunta approvazione dall’estero. In certi casi, sfruttano situazioni di debolezza amministrativa o ambiguità canonica, presentando documenti che, a una verifica più approfondita, risultano falsificati o gravemente incompleti.

Queste associazioni, una volta accolte in una diocesi, avviano una vita canonica apparentemente legittima, arrivando perfino a ordinare candidati al sacerdozio, ricevere voti, ammettere vocazioni, fare tanto di siti internet istituzionali e video promozionali, senza fornire tutte le informazioni necessarie. Questo inganno, non solo danneggia la credibilità della Chiesa, ma può avere conseguenze pastorali e spirituali devastanti per le comunità locali che, in buona fede, accolgono queste realtà come parte della Chiesa cattolica.

Il caso italiano e il ruolo dei vescovi compiacenti

In Italia, si sono verificati casi di compagini che, pur non essendo riconosciute dalle autorità ecclesiastiche locali, operano apertamente grazie a un presunto riconoscimento da parte di vescovi compiacenti all’estero. Questo stratagemma permette loro di aggirare la vigilanza delle diocesi italiane, creando una zona grigia in cui operano come se fossero legittimate dalla Chiesa universale.

Un esempio frequente riguarda associazioni che ottengono l’approvazione da vescovi in paesi come le Filippine. Quando un nuovo vescovo subentra e revoca tale riconoscimento, queste realtà continuano a operare in Italia senza informare le autorità locali dei cambiamenti, perpetuando l’inganno.

In Italia un fondatore rimosso dal governo del suo Istituto e sospeso a divinis per disobbedienza alla Santa Sede su decreto dell’allora commissario apostolico ha distratto tutte le temporalità per creare una nuova compagine che sussiste con una modalità irrituale ed anticanonica dove addirittura dei suoi componenti sono stati già ordinati in sacris da vescovi compiacenti.

Lo stesso soggetto ha poi continuato a ricevere voti temporanei e perpetui senza nessuna titolarità canonica sostituendo al valore sacro e alla serietà spirituale dell’atto, la teatralità e l’autoaffermazione.

In altri casi c’è tolleranza ma non si comprende come i pastori delle Chiese locali non capiscano il danno esistenziale verso delle giovani e ingenue vocazioni che vengono immesse in sette di fatto alla mercede di un guru e ingranaggio di un volano che necessariamente deve procurarsi soldi per sopravvivere.

Il caso di Lokoja: un inganno ben orchestrato

Nella diocesi di Lokoja in NIgeria, quattro uomini sono stati presentati al vescovo Martin Dada Abejide Olorunmolu come candidati al diaconato appartenenti ai “Missionari Paraclitici”, un’associazione che si è rivelata inesistente. Il presunto superiore generale, Stephen Obioma Nwaigwe, ha fornito documenti falsi attestanti la formazione e l’idoneità dei candidati, ingannando così il vescovo e l’intera comunità diocesana. 

Le conseguenze per la Chiesa e i fedeli

Queste pratiche fraudolente minano gravemente la fiducia nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche. I fedeli, spesso ignari di tali dinamiche, vengono coinvolti in realtà non trasparenti che sfruttano la loro buona fede per raccogliere fondi, promuovere vocazioni e organizzare attività apparentemente legittime.

Le diocesi italiane, da parte loro, si trovano a gestire un problema complesso. Non solo devono vigilare su queste associazioni, ma spesso devono affrontare le conseguenze pastorali e spirituali di queste frodi: comunità confuse, sacerdoti ordinati senza una formazione adeguata e divisioni interne che compromettono l’unità della Chiesa.

La responsabilità della Chiesa universale

Questo fenomeno richiede una risposta decisa da parte della Chiesa universale. La collaborazione tra le diocesi e la Santa Sede è fondamentale per garantire un controllo rigoroso delle nuove associazioni e dei loro statuti. È necessario istituire meccanismi più efficaci per verificare la legittimità dei documenti e delle approvazioni, nonché per monitorare l’operato delle associazioni già riconosciute.

Inoltre, è essenziale che i vescovi siano più vigili e responsabili nel concedere approvazioni canoniche. Ogni riconoscimento deve essere accompagnato da un discernimento approfondito, che valuti non solo la conformità giuridica, ma anche l’effettiva comunione con la Chiesa e l’integrità morale e spirituale dei membri dell’associazione.

Revisione canonica attuale

Papa Francesco in un rescritto circa le associazioni pubbliche di fedeli in itinere stabiliva a partire dal 15 giugno 2022 che “Il Vescovo diocesano prima di erigere – mediante decreto – un’associazione pubblica di fedeli in vista di diventare Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica di diritto diocesano, deve ottenere la licenza scritta del Dicastero per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica”.

La disposizione si iinserisce nell’ottica della sinodalità promossa da Francesco, intendendo sviluppare una più stretta collaborazione tra gli uffici della Santa Sede e i vescovi diocesani in un “reciproco ascolto”.

Ascolto e collaborazione che vengono declinati in un processo di discernimento e di accompagnamento con particolare attenzione alle recenti fondazioni e alle nuove forme di vita consacrata, come afferma il Codice di Diritto Canonico (can. 605).

Un appello alla trasparenza e alla giustizia

La Chiesa, come custode della verità, non può tollerare che simili frodi continuino a compromettere la sua missione evangelizzatrice. È necessario un impegno collettivo per smascherare queste realtà e proteggere i fedeli dagli inganni.

Alcuni fedeli si affidano infatti al ministero di chierici impreparati o ideologizzati, spesso su posizioni di dissenso verso il Magistero e il pontificato. Queste sette, infatti, vogliono darsi la facciata di cattolicità, ma sono cristallizzate sugli usi e costumi del XVI secolo strumentalizzando di conseguenza il Concilio di Trento.

La presunzione messianica alimentata da sedicente familiarità dei fondatori con santi e veggenti carismatici è l’esca per soggetti fragili, neo convertiti e soprattutto giovani.

L’esaltazione dei simboli, come anelli sponsali, corone di fiori o di spine, abiti da sposa dismessi per la tunica con foggia e colore simile a quello di Ordini già esistenti, è funzionale all’inganno dissacratorio e alla suggestione.

La trasparenza deve essere il principio guida: ogni associazione religiosa deve essere pronta a fornire informazioni chiare e complete sulla propria natura, sul proprio operato e sul proprio status canonico. Solo così si potrà garantire che la Chiesa rimanga fedele alla sua missione e che i fedeli possano continuare a riporre la loro fiducia nelle istituzioni ecclesiastiche.

La lotta contro queste associazioni fraudolente è una questione di giustizia, di fedeltà al Vangelo e di salvaguardia della comunione ecclesiale. La Chiesa deve agire con decisione per garantire che l’inganno non trovi più spazio al suo interno.