Il quarto centenario dalla nascita di Blaise Pascal fa riscoprire il suo contributo scientifico e filosofico. Se l’introspezione fa scoprire un destino fragile e finito, il divertimento distrae e illude.  La grande attualità del pensatore francese è il primato del cuore sulla ragione. Il personalismo cristiano, un secolo fa ne ha colto gli elementi positivi e ne ha superato i limiti.

Si celebra quest’anno il quarto centenario dalla nascita di Blaise Pascal (1623-2023).

La sua prima vocazione fu la matematica, la seconda fu la vita religiosa.

Aderì nella sua Francia al gruppo dei solitari di Port Royal, una comunità che si fece interprete delle idee di Giansenio, in contraddizione con la sana dottrina cattolica.

I giansenisti, interpretando riduttivamente S. Agostino, ritenevano il peccato originale ha tolto all’uomo la libertà del volere e lo ha reso incapace del bene e dunque lo ha inclinato al male. 

Dio concede agli eletti, ed esclusivamente a loro, la grazia della salvezza. 

È una spiritualità senza speranza.

Con una bolla nel 1653 Papa Innocenzo X condannò cinque proposizioni nelle quali la Facoltà teologica di Parigi aveva condensato la dottrina di Giansenio.

Nella disputa intervenne anche Pascal che criticò i gesuiti per il quali la salvezza è sempre a portata dell’uomo.

Lo fece con sarcasmo mettendo attribuendo a Dio stesso un’origine remota al male per aver dotato l’uomo della libertà.

Cagionevole in salute, Pascal morì mentre lavorava a una grande opera che avrebbe intitolato “Apologia del cristianesimo”.

IL MATEMATICO

Pascal, pur essendo uno scienziato, è convinto che la scienza presenti dei limiti strutturali in relazione a sé stessa e in relazione all’uomo.

Dove la ragione dimostra la sua totale incapacità è nel campo dei problemi esistenziali.

Celebre l’aforisma: Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.

Questo antagonismo tra ragione e cuore viene espresso con il binomio esprit de geometrie ed esprit de finesse. 

Lo spirito di geometria è la ragione scientifica, impotente di fronte agli interrogativi umani, muta, estranea.

Lo spirito di finezza ha per oggetto l’uomo e si fonda sul cuore, sul sentimento e sull’intuito. Un certo grado di finezza, ossia di comprensione, è persino indispensabile anche per fondare il ragionamento geometrico.

L’eloquenza, la moralità, la filosofia, sono fondate sullo spirito di finezza, poiché solo il giudizio, il sentimento e il cuore possono realizzare una vera filosofia, un’efficiente eloquenza e una morale autentica. 

IL FILOSOFO

Nel suo filosofare, Pascal crede che il problema più importante è l’enigma che siamo a noi stessi.

Pascal è contemporaneamente persuaso che l’enigma dell’uomo e della vita non abbia alcuna possibilità di soluzione al di fuori della fede.

 Di conseguenza, il filo conduttore del suo filosofare consiste nel mettere in rilievo la capacità del cristianesimo di dare una risposta adeguata al problema dell’esistenza. 

Pascal ritiene, tuttavia, che l’atteggiamento della mentalità comune nei confronti dei problemi esistenziali sia quello del divertissement.

Questo termine, nel vocabolario filosofico, assume il significato di oblio, stordimento di sé nella molteplicità delle occupazioni quotidiane e degli intrattenimenti sociali.

Il divertissement è una fuga da sé.

Per Pascal le cose come il gioco, il denaro, la guerra…  sono ricercate proprio a partire dal non pensare alla nostra disgraziata condizione; si ricerca il trambusto che ci distoglie dal pensare a quella condizione.

Per Pascal non viviamo mai nel presente, ma in attesa del futuro.

Il filosofo francese, però, considera il divertissement qualcosa di indegno.

L’uomo non deve chiudere gli occhi di fronte alla propria miseria, ma deve saper accettare la propria condizione e ciò che essa implica con lucidità. 

La filosofia si pone i massimi problemi esistenziali e metafisici, però non li risolve.

L’uomo, pur avendo un illimitato desiderio di conoscere, è nell’impossibilità di cogliere il principio e il fine delle cose. 

L’uomo pascaliano, preso tra volere e non potere, si trova come in un dissidio con sé stesso, che ha qualcosa di tragico: 

Cerchiamo la felicità, e non troviamo altro che miseria e morte. Cerchiamo la verità, e troviamo incertezza. Siamo capaci di aspirare a verità e felicità, ma siamo incapaci di trovare certezza e felicità”. 

C’è comunque, nell’uomo, una vocazione naturale verso un ordine superiore di essere e di volere, un barlume di nobiltà e di grandezza.

 Già la coscienza della propria miseria è segno di grandezza. 

CONCLUSIONI

Blaise Pascal è stato un antesignano del riconoscimento dello statuto epistemologico della psicologia.

Ha saputo cogliere profeticamente uno dei fondamenti dell’evasione: la paura dell’introspezione.

Esempio primordiale ne sono i giovani.

Nella costruzione della loro personalità e dei primi interrogativi e raziocini, non avendo gli strumenti culturali e spesso i modelli per dare un senso alla vita, cercano nel chiasso della discoteca o nel rifugio della dipendenza (droga, sesso e rock ‘n roll) il “paradiso per diavoli”.

Pascal biasimava i libertini del suo tempo, ma a causa del giansenismo gli è mancata la fiducia nell’uomo.

In questo è lontano dal paradigma culturale contemporaneo antropocentrico del quale tuttavia si annuncia già il superamento. 

La sfida transumanista promossa dal binomio IA e gender, infatti, trascende il divertissement  pascaliano e suffraga sia la ragione che il cuore in una terzietà.

I paradisi artificiali o gli inferni su terra che gli uomini si sono auto fabbricati sono sostituiti da un limbo immanente che va oltre la dicotomia corpo-anima e ragione-emozione.

Pascal non sarebbe stato in grado di offrire una redenzione, ingabbiato dai limiti teologici del giansenismo che professava.

Il personalismo cristiano, tuttavia, con Max Scheler eredita dalla visione di Pascal il primato del cuore sulla ragione.

La persona diventa allora “luogo dei valori” e riappropriandosi di una lettura integrale di anima e corpo si colloca come coscienza del creato e arbitra del proprio destino.

Caro cardo salutis”. 

La carne è il cardine della salvezza… in Dio che si è fatto uomo.