In Kenya, la morte di almeno novanta seguaci di un culto che sostiene un digiuno estremo per incontrare Dio ha messo in luce i pericoli delle chiese e dei pastori improvvisati in alcuni Paesi africani. Malgrado i fatti si siano consumati lo scorso aprile, i media occidentali non hanno dato troppo risalto alla notizia.
Le sette pseudocristiane si citano a decine di migliaia. Promettono alle folle ciò che i politici non possono offrire. I pastori diventano così i nuovi leader carismatici del Continente Nero.
ORRORE IN KENYA
La polizia del Kenya, intanto, ha aperto un’indagine sulle azioni della Chiesa internazionale della buona notizia (Good News International Church).
Nella foresta di Shakahola, non lontano da Mombasa, sono stati trovati ad aprile 2023 i corpi di almeno novanta vittime, tra cui molti bambini.
“Quello che è successo a Shakahola segna un punto di svolta nel modo in cui il Kenya gestisce le minacce alla sicurezza poste dagli estremisti religiosi, ha affermato il ministro dell’Interno Kithure Kindiki, che ha visitato la scena del crimine il 25 aprile scorso.
La Conferenza dei Vescovi Cattolici, nonché le autorità religiose cristiane keniane hanno reagito con fermezza.
“Sono persone che hanno interpretato in modo abusivo le scritture invece di usarle con saggezza”, ha denunciato Calisto Odede, vescovo della Chiesa pentecostale Christ Is The Answer Ministries.
Il presunto uso della Bibbia per uccidere le persone, per commettere massacri di massa di civili innocenti, non può essere tollerato.
Il capo dello Stato, William Ruto, ha paragonato i leader di alcuni di questi movimenti religiosi a “terroristi” e ha promesso di reprimere.
LE ANALISI SOCIOLOGICHE
Secondo valutazioni degli specialisti delle religioni, le comunità dei cristiani evangelici e pentecostali a sud del Sahara segue quella dei cattolici in termini demografici.
Dopo aver ampiamente vampirizzato i fedeli delle chiese protestanti tradizionali, con un esercito di fedeli stimato tra 120 e 150 milioni di anime, questo movimento acefalo coniuga tecnologia digitale ed esuberanza emotiva, cristianesimo originale e Vangelo della prosperità.
Da Abidjan a Kinshasa, da Nairobi ad Accra, da Libreville a Johannesburg, questo cristianesimo affabulatore, proselitista e globalizzato, che non conosce altra gerarchia che quella dei suoi pastori e si declina sotto migliaia di nomi diversi (5000 per il solo Benin!), prospera sui terreni fertili della crisi dei valori, del discredito della politica e della ricerca dello spirituale.
Queste Chiese, che sostengono una religione binaria (il bene contro il male) basata sulla rivelazione e sull’impegno personale, reclutano un pubblico giovane, prevalentemente femminile, appartenente anche a categorie istruite (studenti, insegnanti, dirigenti, funzionari) e con una forte ambizione di mobilità sociale, anche di arricchimento individuale.
La popolarità, vicina a star-system, che incontrano i pastori più noti (e questo indipendentemente dalla loro formazione religiosa, spesso sommaria) li rende clienti corteggiati e consiglieri ascoltati da leader e capi di stato.
Tanto più che gli evangelici, che operano in reti e spesso in lobby, sono presenti nei settori chiave dell’amministrazione e diffondono il loro messaggio transnazionale alle diaspore emigrate.
Grandi viaggiatori, i pastori hanno spesso un piede nei sobborghi delle grandi capitali europee, dove le loro Chiese prosperano, e un altro nel loro paese d’origine, il che li rende agenti di influenza particolarmente efficaci.
Da questa relazione tra “l’aldilà” e la politica arriva il meglio come il peggio.
IL BUSINESS DEL SACRO
Molti pastori evangelici sono uomini buoni, la cui parola restituisce fiducia, stringe il legame sociale e sostiene la virtù.
Ma ce ne sono altri per i quali la religione è un’impresa finanziaria e il cui linguaggio di combattimento flirta volentieri con l’etnonazionalismo, l’odio per lo straniero, persino l’incitamento alla violenza: dalla Costa d’Avorio alla RD Congo, gli esempi recenti di tali derive sono numerosi.
Il rischio che questo tipo di Chiese rappresenta per le libertà è in fondo identico a quello che trasmette qualsiasi formazione religiosa esacerbata, dall’islamismo radicale all’induismo militante.
L’investimento richiesto dai fedeli è infatti totale, intenso, comprendendo tutti gli aspetti della vita in cambio di una parte ipotetica del potere divino – nozione la cui eco è particolare in Africa.
Sensibile dalla fine degli anni 1980, l’ondata evangelica è quindi diventata oggetto di tutte le manipolazioni politiche.
Considerando il carattere omicida che ha spesso assunto, in passato, l’interconnessione tra il religioso e la politica, è lecito preoccuparne.
Quasi tutti i sedicenti pastori incoraggiano i fedeli a pagare donazioni finanziarie, la cosiddetta decima sul salario.
Altri esercitano un controllo molto più forte sulla vita dei credenti, non esitando a deviare alcuni passaggi della Bibbia.
“La maggior parte di questi autoproclamati pastori non ha mai messo piede in un’università di teologia”, assicura Padre Bernard Araka.
Tuttavia, la loro ignoranza non è percepita dagli adepti, naturalmente a digiuno di sana dottrina.
Il cristianesimo è sicuramente attraente in un Continente che cerca sviluppo e che cresce.
Il problema è che questa foga, unita ai modelli della rapidità e della facilità nel conseguimento di un risultato, spinge molte persone, anche di buona volontà, verso le chiese non ufficiali e distanziate dal reale messaggio di Cristo e del suo Regno.