Le giornaliste d’inchiesta Christophe Henning e Céline Hoyeau sull’edizione del giornale francese La Croix del 30/1/23 rivelano i risultati di un’inchiesta durata due anni per giudicare fatti afferenti la Comunità “L’Arche” (L’Arca). Per quanto i fatti siano scabrosi, il dovere di cronaca nasce dalla tutela delle vittime e dalla prevenzione di casi simili di cui negli anni Novanta, diverse istituzioni religiose hanno sofferto a causa della cosiddetta “sindrome del fondatore” complice la totale incapacità dell’autorità di intervenire sia in chiave preventiva che risolutiva.
Per due anni, sei esperti di varie discipline hanno lavorato su richiesta di L’Arche in una commissione indipendente. Si sono incontrati ogni mese, in dialogo con un consiglio scientifico.
Il rapporto titanico di 900 pagine è riassunto in sei punti fondamentali.
1) “L’Arca, è la continuità di una “”setta”” preesistente”.
Ciò che l’indagine ha mostrato è che L’Arche era prima di tutto la continuità di un piccolo gruppo preesistente, fondato negli anni ’40 dal frate domenicano Thomas Philippe all’interno del centro spirituale dell’Eau vive, a Étiolles (Essonne).
Dopo la condanna di padre Thomas Philippe da parte di Roma nel 1956 e il suo allontanamento, questo ‘nucleo settario’ entrò in una cultura della clandestinità utilizzando un sistema di codici nelle sue corrispondenze. Ma alla fine si è ricostituito. Il progetto di L’Arche, nel 1964, è nato alla base del loro desiderio di ritrovarsi intorno a padre Thomas stabilito in un villaggio dell’Oise, Trosly-Breuil, che era stato in contatto con l’ambiente della disabilità negli anni precedenti.
«La Commissione ritiene possibile utilizzare il termine “setta” per designare questo gruppo”, scrive nel suo rapporto. “Una setta – con il suo “clero”, chierici o laici, come Jean Vanier; con i suoi riti propri, come la preghiera sul cuore; e con i suoi dogmi specifici, le sue profezie private, il suo “maximalismo mariano”, ecc. – una setta nascosta all’interno di un’istituzione situata nel cuore della Chiesa».
2) Le omissioni delle autorità della Chiesa
L’indagine evidenzia anche un fallimento delle autorità ecclesiali. Due whistleblower hanno avuto un ruolo determinante negli anni ’50, in particolare una laica, Madeleine Guéroult, la cui tenacia ha ottenuto dai domenicani il lancio di un’indagine. Questi allarmi hanno portato alla condanna quattro anni dopo di Thomas Philippe, privato del diritto di celebrare i sacramenti e di occupare qualsiasi ministero.
Il rapporto conferma che nel 1957 fu condannato anche suo fratello Marie-Dominique Philippe – sentenza che era stata mimetizzata in tutti questi anni – per aver coperto il suo fratello maggiore nelle sue derive e aver incitato una suora che accompagnava spiritualmente a prestarsi ai suoi giochi.
Per la cronaca, Marie-Dominique Philippe era anche un apprezzato filosofo e teologo tomista. Dava molta importanza agli studi, alla “dottrina” e fondò la “Communauté de St. Jean” (Comunità S. Giovanni) soprannominati per il colore dell’abito i “petis gris” (i piccoli grigi).
Idolatrato dai suoi frati e suore (il ramo femminile aveva anche le contemplative) era considerato “un santo mistico” (ndr).
Tuttavia, queste condanne vaticane non sono state sufficienti a porre fine alle derive mistico-erotiche dei membri della setta. La sanzione di Marie-Dominique Philippe è rimasta segreta.
Thomas Philippe riuscì a giustificare la sua come il risultato di opposizioni teologiche, e non cessò, negli anni successivi, di farsi riabilitare. “Era tutta colpa dei cosiddetti progressisti, insomma” (ndr).
3) La famiglia Philippe nel mirino di Roma
Anche altri membri della famiglia Philippe sono stati sanzionati da Roma. Vengono rivelati i motivi della condanna della loro sorella, l’ex priora del vicino convento dell’Eau vive: Madre Cecilia fu deposta da un giorno all’altro e mandata in un altro convento con un altro nome per aver spinto le suore della sua comunità tra le braccia di suo fratello, aver avuto relazioni saffiche con molte di loro e relazioni incestuose con suo fratello.
Infine, il loro zio, padre Thomas Dehau, anche lui famoso domenicano nell’ordine, ricevette un avvertimento canonico, pena leggera dovuta per l’età avanzata – sarebbe morto lo stesso anno, 1956 – perché avrebbe riconosciuto di aver fatto anche lui “cose misteriose” con le suore che accompagnava spiritualmente.
4) La mistica deviata di Thomas Philippe
I documenti d’archivio hanno permesso di confermare le informazioni che erano già note, e prima di tutto la materialità dei fatti.
Il rapporto rivela un’informazione significativa che nel 1955 riavviò l’indagine che si bloccava a Roma: una testimonianza inaspettata di un domenicano riportò un aborto praticato per porre fine alla gravidanza di Anne de Rosanbo, vicina a Thomas Philippe, e del terribile “senso” mistico che le diede il piccolo gruppo di addetti ai lavori.
Il rapporto espone anche l’origine che il domenicano Thomas Philippe ha dato lui stesso alle sue pratiche. Secondo la sua difesa redatta nel 1956, avrebbe ricevuto “alcune grazie molto oscure” che implicavano “gli organi sessuali” durante una sorta di “notte di nozze” con la Vergine Maria nel 1938.
Ha anche sviluppato argomenti teologici per giustificare queste pratiche sessuali con monache o giovani donne in cerca di una vocazione religiosa che accompagnava spiritualmente.
5) Come Jean Vanier “sedusse” le sue vittime
Nel corso di questi anni, Jean Vanier, figlio spirituale di Thomas Philippe e, secondo Roma, “il suo discepolo più fanatico” ha nutrito il progetto di diventare sacerdote.
Saputo degli intrighi in cui era caduto, Roma rifiutò sempre, sottoponendo un’eventuale ordinazione a un passaggio al seminario che gli avrebbe permesso di dare “sicure prove di disintossicazione”.
Per venticinque anni, Jean Vanier tornò alla carica più volte, e questo fino al 1977.
Senza la lucidità e la vigilanza del cardinale Paul Philippe – un omonimo -, che aveva condotto l’indagine per il Vaticano con assiduità esemplare negli anni 1950, Jean Vanier sarebbe stato certamente ordinato sacerdote…
Ma il rapporto mostra anche come Jean Vanier abbia scimmiottato “alcune funzioni del prete e in particolare quella dell’accompagnamento e del consiglio spirituale”, assumendo una statura profetica.
Manipolando con l’arte della seduzione e della valorizzazione esaltatrice le sue interlocutrici, ha iniziato quelle che accompagnava spiritualmente – profittando della sua posizione – ad avere rapporti sessuali, con le stesse giustificazioni mistiche del suo mentore e secondo un modo operativo abbastanza costante, a quanto risulta dalle circa venticinque testimonianze – non esaustive – esaminate dalla commissione.
6) L’Arche preservata
Cosa ha protetto l’Arche da queste devianze, anche se persistevano i comportamenti perversi del suo fondatore unanimemente riconosciuti?
I ricercatori mostrano come il nucleo iniziale sottomesso al fondatore sia stato in qualche modo superato dal progetto e dal suo successo di nuovi membri, incanalato anche in parte dall’intervento di molte istanze esterne – servizi statali, giovani associati di tutti i ceti sociali, medici, personale medico-sociale, ecc., in un ambiente aperto al mondo – a differenza dell’esperienza iniziale che era molto chiusa.