Steve Bannon, il guru del sovranismo globale, torna sotto i riflettori per l’ennesima provocazione, questa volta con un gesto che ha scatenato scalpore anche tra i suoi stessi alleati. Il presunto saluto nazista durante la Conservative Political Action Conference (CPAC) di Washington ha provocato una reazione immediata: il giovane leader del Rassemblement National Jordan Bardella ha annullato il suo intervento, prendendo una netta distanza dall’evento. Ma il terremoto politico si espande anche oltre l’Atlantico, toccando direttamente Giorgia Meloni e Matteo Salvini, i quali si trovano ora a dover decidere se continuare a orbitare nella galassia trumpiana o prendere le distanze da Bannon e dalla sua retorica sempre più estrema.

Ma chi è davvero Steve Bannon? E perché l’Italia, la politica e perfino la Chiesa hanno già conosciuto i danni della sua influenza?

Un ideologo pericoloso, un progetto fallito

Steve Bannon non è solo l’ex stratega di Donald Trump: è un teorico della destabilizzazione globale, un predicatore del caos politico che ha cercato di esportare il modello trumpiano in Europa, utilizzando la retorica populista per fomentare divisioni e alimentare il nazionalismo più aggressivo.

In Italia, il suo progetto più noto è stato quello di Trisulti, l’ex abbazia benedettina che Bannon voleva trasformare in una “scuola per sovranisti”, un’accademia di formazione per nuovi leader dell’ultradestra. Fortunatamente, dopo una lunga battaglia legale e politica, il progetto è naufragato. Ma non prima di aver sollevato preoccupazioni sul tentativo di infiltrare il tessuto culturale italiano con un modello di destra radicale e illiberale.

Bannon non ha mai nascosto le sue ambizioni: voleva trasformare Roma nel quartier generale del sovranismo europeo, utilizzando l’Italia come ponte per influenzare la politica continentale. E, per farlo, ha stretto alleanze pericolose, anche all’interno della Chiesa.

Il legame con il cardinale Burke e l’attacco alla Chiesa di Francesco

Uno dei legami più inquietanti di Bannon è stato quello con il cardinale Raymond Burke, una delle voci più critiche nei confronti di Papa Francesco. Burke, da sempre vicino agli ambienti ultraconservatori, è stato uno dei punti di riferimento per il tentativo di Bannon di costruire un’opposizione interna alla Chiesa cattolica, con lo scopo di erodere la credibilità del pontefice e promuovere una visione della religione funzionale al nazionalismo.

Oltre all’iniziativa di Bannon, la Certosa di Trisulti è diventata un rifugio per personaggi enigmatici e gruppi con intenti discutibili. Tra questi, alcuni fuoriusciti da un istituto francescano si stavano stabilendo nella Certosa, seguendo un sedicente guru che si proclamava figlio spirituale di Padre Pio. Questo individuo, attraverso pratiche manipolative, flusso di denaro e l’uso distorto della spiritualità, ha cercato di consolidare il suo potere all’interno della comunità.

Un aspetto particolarmente inquietante riguarda i tentativi di questo guru di ottenere la canonizzazione dei propri genitori, utilizzando soldi e inganni per influenzare le procedure ecclesiastiche. La Chiesa, naturalmente ha bloccato tutto.

Grazie a Dio, questo asse si è progressivamente sfaldato. Burke è stato ridimensionato da Papa Francesco, che lo ha privato delle sue influenze nei dicasteri vaticani. E con la fine dell’illusione di Trisulti, anche Bannon ha visto svanire il suo sogno di usare la Chiesa come strumento del sovranismo globale.

Ma il danno è stato fatto: negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescente polarizzazione all’interno della Chiesa, con gruppi che, seguendo la retorica di Bannon, hanno cercato di delegittimare il Papa e diffondere una cultura dello scontro ideologico anche nel mondo ecclesiale.

Dall’Italia agli Stati Uniti: il ritorno di Bannon e l’ombra di Trump

Nonostante i suoi fallimenti in Italia e il ridimensionamento della sua influenza in Vaticano, Bannon sta progressivamente tornando nel cerchio di Donald Trump. E qui entra in gioco un altro dettaglio inquietante: Bannon è stato graziato da Trump nel 2021, quando era accusato di frode per una raccolta fondi destinata al finanziamento del muro al confine con il Messico. Se Trump non lo avesse salvato, oggi Bannon sarebbe probabilmente in carcere.

Ora, dopolal vittoria di Trump alle elezioni è l’avvento della destra tecnocratica di Musk, Bannon vede un’opportunità per tornare in prima linea e rilanciare il suo progetto globale. Il problema? La sua radicalizzazione sembra essere diventata ancora più estrema, come dimostra l’episodio del CPAC. Anche negli ambienti della destra radicale americana, alcuni iniziano a prendere le distanze da lui. Persino Nick Fuentes, un suprematista bianco noto per le sue posizioni estremiste, ha definito il gesto di Bannon “disgustoso”.

Meloni e Salvini nell’angolo

L’incidente del CPAC non è solo un problema per gli Stati Uniti: è un colpo diretto anche alla destra italiana. Giorgia Meloni, che dovrebbe inviare un messaggio alla convention, si trova ora in un bivio scomodo: partecipare significa esporsi a critiche in Europa, non partecipare significa rischiare di incrinare i rapporti con Trump e l’ultradestra americana.

Ancora più delicata è la posizione di Matteo Salvini, che con il Rassemblement National di Bardella e Le Pen condivide lo stesso gruppo europeo dei “patrioti”. L’annullamento del discorso di Bardella segnala una presa di distanza che rischia di lasciare la Lega isolata, esponendola alla pressione di dover scegliere tra il sovranismo più radicale e una destra più “accettabile” a livello internazionale.

Un’eredità tossica

Steve Bannon è la perfetta incarnazione di ciò che accade quando il populismo diventa un’ideologia del caos, priva di scrupoli e pronta a sacrificare tutto sull’altare dello scontro ideologico. I danni che ha provocato in Italia e nella Chiesa sono già evidenti: ha cercato di trasformare Roma in una capitale del sovranismo, ha provato a destabilizzare la Chiesa e ha lasciato dietro di sé un clima politico sempre più polarizzato.

Ora, con il suo ritorno nell’orbita di Trump, il rischio è che la sua influenza torni a farsi sentire anche in Europa. Ma la reazione di Bardella dimostra che qualcosa sta cambiando: anche una parte della destra sta capendo che certe derive sono insostenibili.

L’Italia seguirà questo esempio o continuerà a flirtare con l’ombra lunga di Bannon? La risposta dipenderà dalle scelte politiche dei prossimi mesi. Ma una cosa è certa: la storia ha già dimostrato che costruire il futuro sul populismo estremo porta solo al disastro.