La scomunica di Carlo Maria Viganò, annunciata dal Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) il 5 luglio 2024, rappresenta un episodio significativo e controverso nel lungo pontificato di Papa Francesco. La decisione di scomunicare l’ex nunzio negli Stati Uniti per scisma, a seguito del suo rifiuto di riconoscere l’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II, segna un momento cruciale nella gestione delle tensioni interne alla Chiesa. Tuttavia, solleva anche interrogativi sulle dinamiche di potere e sull’apparente impunità che ha caratterizzato alcuni settori della gerarchia ecclesiastica negli ultimi anni.

L’illusione dell’impunità

Durante il pontificato di Papa Francesco, spesso lodato per la sua compassione e apertura, alcuni esponenti della Chiesa hanno percepito una sorta di “impunità per la bontà”. Questo concetto si riferisce all’idea che la misericordia e la tolleranza del Papa possano essere interpretate come un tacito permesso per comportamenti non conformi ai principi ecclesiastici. La scomunica di Viganò, benché necessaria, evidenzia come alcuni membri del clero abbiano sfruttato questa percezione per alimentare dissenso e persino arroganza.

L’arroganza dei dissidenti

L’arroganza di alcuni cardinali, vescovi e fondatori di istituti religiosi ha trovato terreno fertile in questo contesto. La sensazione che non sarebbero stati puniti per i loro abusi e scandali ha portato a un aumento delle contestazioni aperte contro il Papa e il Magistero della Chiesa. Viganò stesso è emblematico di questa dinamica, avendo a lungo criticato apertamente Papa Francesco e sfidato l’autorità ecclesiastica senza temere ripercussioni immediate.

La scomunica di Carlo Maria Viganò segna un punto di svolta necessario, ma tardivo, nel contrastare l’arroganza e l’indisciplina all’interno della Chiesa cattolica. La percezione di impunità deve essere combattuta con decisione per garantire che la misericordia di Papa Francesco non sia fraintesa come una licenza per l’anarchia e il dissenso incontrollato. La Chiesa deve ora lavorare per ricostruire la fiducia e l’unità, riaffermando la necessità di rispettare l’autorità ecclesiastica e i suoi insegnamenti fondamentali.

Un precedente pericoloso

La scomunica di Viganò, sebbene giustificata, arriva tardi e dopo anni di dichiarazioni e comportamenti che hanno minato l’unità della Chiesa. Questo ritardo ha creato un precedente pericoloso, suggerendo che l’arroganza e la disobbedienza possano persistere senza conseguenze immediate. Solo con provvedimenti drastici e pubblici come la scomunica si può iniziare a ripristinare l’autorità e la disciplina all’interno della Chiesa.

Le conseguenze per il futuro

Il caso Viganò deve servire da monito per la Chiesa cattolica. La leadership di Papa Francesco, caratterizzata dalla sua bontà e misericordia, non può essere fraintesa come debolezza. È essenziale che la Chiesa affronti con fermezza le sfide poste dai dissidenti e riaffermi l’importanza del rispetto per l’autorità ecclesiastica e per i principi del Concilio Vaticano II.

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In foto: Atteggiamento familiare di Mons. Viganò all’epoca del suo mandato di Nunzio negli USA con il card. McCarrick ridotto allo stato laicale per gravi abusi.