VATICANO: In un incontro che ha visto il Papa Francesco dialogare apertamente con i vescovi italiani durante la loro assemblea di primavera, sono emerse tematiche di grande rilevanza e delicatezza per la Chiesa. Tra queste, la questione dell’ammissione di persone omosessuali nei seminari ha suscitato particolare attenzione e dibattito.

Ne ha dato ampio risalto il quotidiano Repubblica, al quale il Papa ha dato sempre una sincera disponibilità a farsi intervistare e dialogare, sin dall’inizio del suo pontificato.

Sorprende come dall’incontro a porte chiuse con i vescovi italiani ci siano state gole profonde che non hanno mancato di dare in pasto alla stampa le dichiarazioni confidenziali del pontefice.

Forse ad alcuni vescovi che pronavano per l’ingresso di omosessuali latenti nei seminari, non deve essere piaciuto il no fermo del Papa.

Da aggiungere che chierici altrettanto indiscreti si sono nel tempo vendicati a mezzo stampa dei propri vescovi ogniqualvolta qualcosa è andato storto dopo aver intessuto relazioni omosessuali.

Di fronte a queste devianze, il Papa ha affrontato direttamente la questione dei seminaristi omosessuali, dando un consiglio chiaro e senza mezzi termini: non vanno ammesse in seminario persone omosessuali. 

Secondo quanto riportato da Repubblica, durante la conversazione, Papa Francesco ha fatto anche una battuta, affermando che c’è già troppa “frociaggine” in certi seminari italiani. Questo commento, sebbene colloquiale, ha suscitato sorpresa e dibattito tra i presenti.

Non vanno ammesse in seminario persone omosessuali

Papa Francesco

Nel 2014 in Liguria scoppiò il caso di Albenga che il Secolo XIX definì la diocesi più chiacchierata d’Italia.

Oltre alla vita mondana e intemperata di 1/3 dei sacerdoti della Diocesi, molti dei quali assumevano anche posizioni filo-lefebvriane, il seminario arcivescovile si era riempito fino al collasso poiché dei giovani omosessuali si richiamavano l’uno con l’altro profanando una struttura formativa e facendone un’alcova gay.

La questione dei seminaristi omosessuali è stata oggetto di dibattito per mesi. Nel novembre scorso, l’assemblea dei vescovi italiani ha approvato una nuova “Ratio formationis sacerdotalis”, un regolamento che affronta vari aspetti della formazione sacerdotale, inclusa l’educazione affettiva e la vicinanza al popolo di Dio. Tuttavia, la questione dell’ammissione di seminaristi omosessuali ha diviso l’assemblea, portando a discussioni accese.

La posizione ufficiale del Vaticano, stabilita nel 2005 e confermata nel 2016, vieta l’ammissione al seminario di coloro che praticano l’omosessualità o hanno tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa direttiva ha generato ambiguità su come valutare la profondità delle tendenze omosessuali. All’assemblea di Assisi, i vescovi hanno discusso la possibilità di rivedere questa posizione, incoraggiati dalle aperture di Papa Francesco nei confronti delle persone omosessuali. Nonostante le resistenze, è stato approvato un emendamento che distingue tra atti e tendenze, pur ribadendo l’obbligo di celibato.

Durante l’incontro di maggio, il Papa ha ribadito la necessità di prevenire l’ammissione di seminaristi omosessuali per evitare situazioni di doppia vita e sofferenza personale. Francesco ha sottolineato il rispetto per ogni persona, indipendentemente dall’orientamento sessuale, ma ha insistito sull’importanza di mettere dei paletti per evitare che chi è gay e sceglie il sacerdozio finisca col vivere una doppia vita.

Le parole del Papa sono state interpretate come un freno alle aperture parziali approvate dalla CEI, ma la questione rimane complessa e aperta. Papa Francesco ha istituito gruppi di lavoro per approfondire varie questioni teologiche, inclusa la revisione del regolamento dei seminari, un processo che potrebbe richiedere tempo e portare a ulteriori sviluppi.

Questo dibattito riflette le tensioni tra tradizione e innovazione all’interno della Chiesa Cattolica, e la necessità di bilanciare l’inclusione con la coerenza dottrinale e pastorale.

Rimane il fatto che la coabitazione di persone omosessuali durante il periodo di formazione e, ancor peggio, una tale presenza all’interno delle comunità religiose clericali e non, metterebbe la persona omosessuale in una situazione di enorme conflitto e tensione interiore inabilitandolo alle caratteristiche oggettive e sufficienti di chi accompagna delle anime in un percorso di crescita integrale attraverso il triplice munus sacerdotale.