Per quattro decenni, l’Iran ha sviluppato una strategia di potenza regionale basata su tre pilastri: il supporto ai gruppi armati non statali, la creazione di un imponente arsenale missilistico e lo sviluppo di un programma nucleare ambiguo, capace di fungere sia da leva economica sia da minaccia militare. Tuttavia, eventi recenti, a partire dall’attacco di Hamas a Israele nel 2023, hanno messo in evidenza le vulnerabilità di Teheran e l’efficacia limitata della sua politica di deterrenza.
L’Iran ha sostenuto gruppi come Hezbollah, Hamas e le milizie irachene e yemenite per proiettare la sua influenza nella regione. Tuttavia, nonostante il loro sostegno, questi alleati sono sempre più indeboliti dalle operazioni israeliane, che hanno dimostrato una straordinaria capacità di penetrazione nelle comunicazioni e nelle strutture dei gruppi armati sostenuti da Teheran. Il risultato è che la deterrenza iraniana appare vacillante, esponendo non solo i suoi alleati, ma anche la stessa Repubblica islamica a rappresaglie israeliane.
Nonostante i successi iniziali con l’attacco iraniano denominato “Operazione Vera Promessa”, il contrattacco di Israele ha dimostrato le vulnerabilità dell’Iran anche vicino ai suoi impianti nucleari. Questa risposta fulminea ha obbligato Teheran a riconsiderare la propria posizione, esitando a proseguire in azioni militari dirette contro Israele, preferendo cercare vie diplomatiche con l’Occidente per evitare sanzioni devastanti.
Tuttavia, la crescente debolezza dei suoi alleati e l’insuccesso dei suoi attacchi missilistici stanno alimentando la tentazione all’interno del regime di avanzare verso lo sviluppo di un’arma nucleare. Questo passaggio rappresenterebbe una mossa disperata, ma carica di rischi. La decisione di armarsi porterebbe quasi certamente a un’escalation diretta con Israele e gli Stati Uniti, il che potrebbe non solo minare la sopravvivenza del regime, ma anche compromettere definitivamente le possibilità di riprendere qualsiasi negoziato internazionale.
In conclusione, l’Iran si trova di fronte a un bivio: continuare a investire in una strategia che si sta rivelando sempre più inefficace o cercare di risolvere i suoi dilemmi strategici attraverso una pericolosa corsa al nucleare. Tuttavia, è improbabile che questa ultima opzione riesca a garantire la sicurezza e la stabilità del regime, che rimarrebbe vulnerabile alle sue debolezze interne ed esterne.