In Iran la repressione del regime degli Ayatollah ha raggiunto inaccettabili punte di recrudescenza ai danni dei giovani manifestanti.
Dopo la rivolta scoppiata in seguito all’uccisione di Masha Amini, la ventiduenne curda ferita mortalmente per l’hijab fuori posto, non si placano le violenze della polizia.
Dagli avvelenamenti da gas nelle scuole delle donne ai pallini sparati negli occhi delle giovani, la polizia politica continua a tenere il pugno di ferro.
Si registra la novità di sevizie e sodomizzazioni anche ai danni dei ragazzi con l’intimidazione delle loro famiglie in caso di denuncia.
Per la triste legge della vendetta, mercoledi 26 aprile 2023, è stato intanto ucciso a Babolsar sur Mar Caspio, l’ayatollah Abbas Ali Soleimani.
Il religioso sciita era stato membro dell’Assemblea degli esperti che supervisiona e nomina il leader supremo.
Non è ancora chiaro se l’agguato sia stato pianificato da Paesi non amici come Israele o USA oppure sia la rappresaglia delle rivolte in corso da parte della base popolare.
Diversi osservatori ed intellettuali iraniani, sono convinti che la caduta del regime è solo una questione di tempo.
Dentro e fuori dall’Iran gli attivisti sono pronti a gestire la transizione in vista di un futuro democratico garantito che vuole la separazione tra governo e religione.
In questi giorni è arrivato ufficialmente in Italia il principe ereditario Reza Pahlavi.
L’erede dello scià di Persia, intervistato da Adnkronos, sostiene che “il modo più rapido per far cadere il regime sia attraverso uno sciopero generale prolungato”.
Invita le grandi imprese italiane presenti in Persia, come l’ENI, a prendere le distanza dall’attuale regime.
Caduto il governo occorrerà – secondo Pahlavi – “collaborare con giuristi, legali, economisti e imprenditori per organizzare la fase di transizione, i primi cento giorni saranno molto importanti”.
Le forniture militari alla Russia, nella guerra contro l’Ucraina, sono solo l’ultimo rantolo di un potere in agonia in cerca di improbabili alleanze.
Teheran vorrebbe, inoltre, isolare gli oppositori del regime con l’isolamento informatico senza rendersi conto della novità in corso.
I giovani iraniani non hanno paura di rischiare la vita, di farsi arrestare, di farsi sparare e torturare; non ne possono più di una religione che impedisce loro di essere liberi.
Sono tanti quelli che adesso si stanno convertendo al cristianesimo, anche se in Iran rischiano per questo la pena di morte.
Non hanno paura di farsi vedere con la croce al collo, la tengono anche quando vengono impiccati.
Profonde trasformazioni sono quindi in atto in Iran, sia dal punto di vista politico che religioso e sociale.
A un passo dalla realizzazione in proprio della bomba atomica, l’Iran ha un peso strategico importante per essere lasciato a sé stesso.
La cultura millenaria e l’alta percentuale di giovani tenaci ipotecano il successo della svolta.