L’intervento del vice-presidente J. D. Vance, che ha invocato la concezione tomista dell’Ordo Amoris per giustificare la politica migratoria di Donald Trump, solleva una questione cruciale: l’ordine dell’amore può essere usato per restringere la solidarietà, fino a legittimare il rifiuto dell’altro? Oppure, come insegna la tradizione cristiana, l’amore è autentico solo se conduce alla comunione e alla misericordia universale?

L’idea di Vance è semplice e apparentemente ragionevole: prima si ama la famiglia, poi il vicino, poi la comunità, poi i connazionali e, solo dopo tutto questo, il resto del mondo. In altre parole, la priorità di un politico dovrebbe essere il bene dei propri cittadini prima di occuparsi di chi viene da fuori. Ma questa visione, se non ben compresa, rischia di trasformare l’amore ordinato in un amore esclusivo e, peggio ancora, giustificare l’indifferenza verso il sofferente.

Tommaso d’Aquino e l’ordine dell’amore: una giustificazione selettiva?

L’Ordo Amoris, secondo San Tommaso d’Aquino, non è una semplice gerarchia affettiva, ma un ordinamento dell’amore secondo Dio. L’ordine dell’amore implica certo che dobbiamo avere una cura particolare per coloro di cui abbiamo una responsabilità diretta – come la famiglia o la comunità –, ma sempre in funzione di un amore più grande e più alto, quello di Dio, che vuole la salvezza e il bene di tutti gli uomini.

San Tommaso stesso afferma nella Summa Theologiae (II-II, q. 31, a. 3):

“In certi casi, si deve aiutare un estraneo in estrema necessità piuttosto che il proprio padre, se questi non si trova in una situazione così urgente.”

Dunque, il principio dell’ordine dell’amore non significa chiudere gli occhi davanti alla miseria dell’altro per proteggere il proprio gruppo, ma piuttosto discernere chi ha più bisogno dell’amore in quel momento. Se la vita di un uomo è in pericolo, nessuna appartenenza nazionale può giustificare il nostro rifiuto di soccorrerlo.

E qui nasce il problema: l’interpretazione di Vance trasforma un principio di carità in un criterio di esclusione, utilizzandolo per legittimare l’indifferenza verso il dramma dei migranti.

Il paradosso del “prima i nostri”

Se seguiamo la logica dell’Ordo Amoris in modo distorto, arriveremmo a pensare che ogni nazione dovrebbe chiudersi su se stessa, ignorando la sofferenza degli altri popoli. Ma quale sarebbe il confine? Se dobbiamo prima pensare alla nostra famiglia, dovremmo forse ignorare il vicino? Se dobbiamo pensare prima alla nostra comunità, dovremmo essere indifferenti a chi viene da fuori? Dove si ferma il nostro dovere morale?

E qui il cristianesimo offre una risposta chiara: l’amore è ordinato quando è universale, non quando è settario. Gesù stesso ha infranto le logiche tribali e nazionaliste del suo tempo, parlando con i Samaritani, curando i lebbrosi stranieri, accogliendo i peccatori e i pagani. Il Buon Samaritano è l’esempio perfetto di un amore che supera i confini etnici e nazionali: chi ha avuto compassione dell’uomo ferito è il vero prossimo, non chi condivideva la sua appartenenza religiosa o sociale.

L’amore autentico è sempre un’apertura, mai una chiusura

Quando l’amore diventa egoismo di tribù

L’uso dell’Ordo Amoris per giustificare l’espulsione di migranti che fuggono da guerre, persecuzioni o povertà estrema non è un amore ordinato, ma un amore egoistico, un amore tribale che nega la dignità universale dell’essere umano.

San Tommaso, come Sant’Agostino, ci ricorda che la carità cristiana non è un calcolo politico:

• Non possiamo escludere i poveri e i perseguitati nel nome della nostra sicurezza.

• Non possiamo giustificare la durezza del cuore con la scusa di “amare prima i nostri”.

• Non possiamo difendere l’ingiustizia con la scusa dell’ordine naturale dell’amore.

Se l’ordine dell’amore porta a giustificare politiche disumane, allora non è più amore, ma un alibi per il rifiuto dell’altro.

Il vero Ordo Amoris: la lezione del Buon Samaritano

Papa Francesco lo ha detto chiaramente: il vero Ordo Amoris non è quello che alza muri, ma quello che costruisce ponti.

“Il vero Ordo Amoris è quello che scopriamo meditando la parabola del Buon Samaritano”, ha detto il Papa. Questo significa rompere le barriere dell’indifferenza e allargare il nostro cuore a chi soffre.

Quando Gesù racconta la parabola, non chiede di classificare chi è il prossimo e chi no, ma ci invita a diventare noi stessi prossimi di chi è nel bisogno.

J. D. Vance e i sostenitori della politica migratoria di Trump dovrebbero porsi la stessa domanda che Gesù ha rivolto al dottore della legge:

“Chi si è fatto prossimo dell’uomo ferito?”

Se il nostro amore ci porta a girare la testa davanti alla sofferenza di chi bussa alla nostra porta, non è più amore, ma paura travestita da virtù.

L’amore autentico è sempre un’apertura, mai una chiusura

L’Ordo Amoris non può essere usato per costruire barriere tra noi e gli altri, perché il cristianesimo stesso è una chiamata all’amore universale.

San Tommaso, San Paolo e gli stessi Vangeli ci insegnano che la giustizia e la misericordia camminano insieme. Un amore che esclude e discrimina non è più amore, ma una distorsione della carità.

Per questo, oggi più che mai, dobbiamo chiederci:

Il nostro amore ci sta chiudendo nel nostro piccolo mondo, o ci sta aprendo alla sofferenza dell’altro?

Perché il vero cristiano non domanda chi sia il suo prossimo, ma si fa prossimo di chiunque ha bisogno.