L’attuale situazione nella regione russa di Kursk evoca la famosa metafora dell’orso di Dostoevskij: “Non pensare all’orso polare e vedrai, dannazione, che lo ricordi ogni minuto”. Questa frase, presa dal contesto letterario, sembra ora adattarsi perfettamente alla realtà del Cremlino, che si trova a dover affrontare una situazione che non può più ignorare, nonostante tutti i tentativi di farlo. L’invasione ucraina di Kursk ha messo a nudo le fragilità di una macchina bellica che, per molti versi, sembra aver perso il controllo della narrazione e della realtà stessa.

Il Cremlino e la normalizzazione dell’invasione

Quando Vladimir Putin lanciò l’invasione dell’Ucraina nel 2022, probabilmente nessuno, nemmeno lui, avrebbe immaginato che la guerra si sarebbe protratta così a lungo, e ancor meno che si sarebbe estesa al territorio russo. L’attuale offensiva ucraina a Kursk è solo l’ultima di una serie di colpi duri che il regime russo sta subendo, e che sta cercando di normalizzare sotto una coltre di propaganda. Ma questa normalizzazione sembra sempre più fragile, una costruzione di carta che rischia di crollare sotto il peso delle realtà sul campo e del malcontento popolare.

Il malcontento interno: Un castello di carte

Il sondaggio del Public Opinion Fund (FOM), che rivela che il 28% dei russi è “scontento” delle azioni delle loro autorità, è un segnale preoccupante per il Cremlino. Questo livello di scontento, paragonabile a quello osservato durante la rivolta di Wagner nel 2023, mette in luce una crepa crescente nella fiducia del popolo russo verso i propri leader. Il fatto che questa sfiducia non sia esplosa in proteste di massa è dovuto più alla paura della repressione che a un reale consenso verso le decisioni del governo.

L’Operazione Kursk: Conseguenze imprevedibili

L’offensiva ucraina a Kursk, sebbene limitata sulla superficie, ha conseguenze che potrebbero rivelarsi imprevedibili. Da un lato, ha esacerbato le tensioni all’interno dell’esercito russo, con accuse di codardia e fuga rivolte al battaglione ceceno Ajmat. Dall’altro, ha messo in discussione la capacità del Cremlino di difendere efficacemente il proprio territorio, un tema che rischia di alimentare ulteriormente il malcontento tra la popolazione.

La propaganda e la dissonanza cognitiva

La propaganda del Cremlino continua a dipingere un quadro di successo, ignorando o minimizzando le sconfitte sul campo. Tuttavia, la realtà si sta infiltrando nelle crepe di questa narrazione, con cittadini che iniziano a porsi domande scomode, come quelle espresse pubblicamente da figure come Vitali Tretiakov. Questa dissonanza cognitiva tra la propaganda ufficiale e la realtà percepita potrebbe diventare insostenibile, specialmente se l’occupazione ucraina di Kursk dovesse protrarsi.

Un futuro incerto

La crisi di Kursk è solo l’ultimo episodio di una guerra che, lungi dall’essere conclusa, sembra destinata a trascinarsi ancora a lungo. L’incapacità del Cremlino di controllare la situazione e di rispondere adeguatamente alle preoccupazioni del proprio popolo potrebbe avere conseguenze destabilizzanti non solo per la guerra in Ucraina, ma anche per il futuro politico di Vladimir Putin e della sua cerchia. La metafora dell’orso di Dostoevskij diventa così non solo una riflessione letteraria, ma un monito tragico su ciò che accade quando si cerca di ignorare una realtà che non può essere ignorata.