La recente visita di Giorgia Meloni in Arabia Saudita ha segnato un momento importante per i rapporti tra Roma e Riad. Accordi per dieci miliardi di euro, un faccia a faccia di tre ore con Mohammed bin Salman e la possibilità di un ingresso saudita nel Global Combat Air Programme hanno dato al viaggio un forte peso strategico. Eppure, non si sono fatte attendere critiche e accuse di incoerenza da parte delle opposizioni, che hanno ricordato come la stessa Meloni, in passato, definisse l’Arabia Saudita “un regime fondamentalista”.

La domanda sorge spontanea: Meloni ha cambiato idea o ha scelto il pragmatismo?

Realpolitik o ipocrisia?

La Presidente del Consiglio ha risposto alle critiche affermando che non c’è alcuna contraddizione tra le sue dichiarazioni passate e la sua azione presente. Ha ribadito che i rapporti commerciali tra Italia e Arabia Saudita non significano avallo al regime di bin Salman, ma una scelta strategica nell’interesse nazionale.

Eppure, la trasformazione della leader di Fratelli d’Italia è evidente. Nel 2019 parlava di “pena di morte per apostasia, per adulterio, per omosessualità” e di “zero diritti per le donne”. Oggi si siede con bin Salman nella valle di Al-Ula, discute di investimenti e difesa, e promuove la collaborazione tra i due Paesi.

Si potrebbe dire che la politica è fatta di compromessi e che Meloni, da capo dell’opposizione, poteva permettersi una retorica più ideologica, mentre ora, da premier, deve fare i conti con le necessità economiche e strategiche del Paese. Tuttavia, il suo cambio di rotta è così netto da suscitare legittime perplessità.

Affari e geopolitica: l’Italia tra affinità ed esigenze

Se guardiamo ai contenuti concreti della visita, l’Italia ha portato a casa accordi che spaziano dalla difesa all’aerospazio, dalla cantieristica all’energia. L’ingresso saudita nel GCAP segnerebbe un salto di qualità nei rapporti strategici tra i due Paesi, con Riad che diventerebbe un partner di rilievo nello sviluppo di tecnologie militari avanzate.

L’Arabia Saudita è un attore economico di primo piano, con capitali ingenti e un’ambizione globale sempre più marcata. Con il Piano Vision 2030, bin Salman punta a diversificare l’economia del suo Paese e a renderlo un hub finanziario, tecnologico e turistico. In questo contesto, Meloni vede un’opportunità: l’Italia può inserirsi in questo processo, attrarre investimenti e rafforzare il proprio peso in Medio Oriente e Africa.

Al centro della visita c’è stato anche il Piano Mattei, la strategia italiana per l’Africa, che punta a costruire un’alleanza economica con i Paesi del continente. Meloni ha discusso con bin Salman possibili sinergie tra Italia e Arabia Saudita per lo sviluppo africano, segnale che Riad potrebbe diventare un alleato nel progetto italiano.

I limiti di una strategia a doppio taglio

Ma a quale prezzo? Il problema di questa impostazione è che rinuncia a qualsiasi considerazione sui diritti umani e sulla natura autoritaria del regime saudita. L’Arabia Saudita continua a essere un Paese in cui:

• L’opposizione politica è repressa con metodi brutali.

• I diritti delle donne restano fortemente limitati.

• La pena di morte viene applicata in modo sistematico, anche per reati come l’omosessualità e l’apostasia.

• Il giornalista Jamal Khashoggi è stato assassinato nel consolato saudita di Istanbul, in un omicidio che ha coinvolto i servizi segreti di bin Salman.

La stessa Meloni, che in passato criticava i rapporti tra Renzi e bin Salman, oggi segue la stessa strada. C’è un confine sottile tra realpolitik e ipocrisia, e la Presidente del Consiglio rischia di trovarsi esattamente dove non voleva essere: a giustificare un regime che fino a pochi anni fa condannava senza riserve.

Un’opportunità per l’Italia, ma senza illusioni

L’Arabia Saudita è un partner economico potente, e l’Italia ha tutto l’interesse a consolidare la cooperazione economica. Tuttavia, questo non può farci dimenticare la natura del regime con cui stiamo facendo affari.

Meloni ha scelto il pragmatismo, ma la sua visita in Arabia Saudita solleva interrogativi scomodi: dove finisce la coerenza e dove inizia la convenienza? Se il suo governo ha deciso di trattare con bin Salman, deve almeno evitare di cadere nel gioco della legittimazione politica di un sistema che continua a violare diritti fondamentali.

L’Italia può guadagnare molto da questi accordi, ma non deve perdere il senso critico. Altrimenti, il rischio è quello di diventare complici silenziosi di un regime che usa il business per ripulire la propria immagine.