La strategia del governo nella distribuzione del Pnrr ha penalizzato il Sud malgrado gli avvertimenti dell’Unione europea che aveva destinato delle somme importanti all’Italia proprio per ridurre la sperequazione sociale ed economica tra regioni.
La nuova legge di bilancio e soprattutto la strategia dell’attuale governo, non sono favorevoli allo sviluppo integrale del Paese, penalizzando ancora una volta il Mezzogiorno d’Italia.
Il ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini nei comizi della Lega, stempera il suo imbarazzo giustificando la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, come vantaggio a favore delle aziende del Nord appaltatrici.
Se la retorica esclusivista è comprensibile per la matrice identitaria del partito scissionista fondato da Bossi, sorprende come anche Fratelli d’Italia e Forza Italia, che attingono dal bacino meridionale una parte cospicua dei loro voti, abbiano abbandonato il Sud.
Senza ripercorrere a ritroso la storia dell’unità d’Italia, è sufficiente vedere come l’Autostrada del Sole si femi a Napoli e la linea dell’Alta Velocità a Salerno.
L’insediamento di industrie private valuta anche la presenza o meno di strade e ferrovie efficienti.
A pagarne le conseguenze, tuttavia, non sono solo i cittadini del Sud.
Ci è voluta l’Europa, assegnandoci la quota maggiore di risorse del fondo per Next Generation Eu, a dirci che quei divari Nord e Sud vanno colmati.
Non chi ci governa, ma l’Europa.
Il Pnrr, di cui tanto si parlò in epoca Covid e che sembrava una manna dal cielo a favore di un’Italia colpita per prima dalla pandemia, vuole essere rimodulato con tagli per quasi 16 miliardi di cui 7,6 riguardano finanziamenti per progetti del Mezzogiorno, dalla riqualificazione delle periferie ai piani urbani integrati, fino alla riconversione verde dell’ex Ilva di Taranto che proprio in questi giorni rischia la chiusura.
Luca Bianchi, direttore generale della Svimez dice: “La rimodulazione del Pnrr ha sostanzialmente spostato le risorse da singoli progetti al Repower Eu cioè a incentivi alle imprese. Chiaramente, in assenza di un disegno industriale, rischiano di andare di più dove le imprese sono, quindi più al Centro-Nord.
Il presidente della Campania De Luca minaccia di denunciare il ministro Fitto per la mancata assegnazione di 20 miliardi del Fondo sviluppo e coesione. Anche i presidenti di Calabria e Sicilia, eletti dal centrodestra, si sono lamentati della decisione del governo su richiesta del ministro Salvini, di destinare alla costruzione del famigerato ponte sullo stretto ben 1,6 miliardi del Fondo Coesione sottraendoli alle due regioni che magari avrebbero potuto utilizzarli per realizzare infrastrutture indispensabili ai cittadini di quei territori.
Dulcis in fundo sono stati cassati i 4,4 miliardi del Fondo di perequazione destinato proprio a ridurre le differenze tra Nord e Sud che il governo Conte 2 aveva stanziato in vista dell’autonomia.
Nelle tre ore di conferenza stampa di inizio anno, il Presidente del Consiglio Meloni non ha mai pronunciato la parola Mezzogiorno.
Dimenticanza o scelta strategica?
Sembra che l’esecutivo non abbia idee, strategia, non investa sul Mezzogiorno.
Così si danneggia l’intero Paese, che ha bisogno, per crescere in maniera solida e strutturale, di ridurre diseguaglianze e divari territoriali, e di rilanciare innanzitutto le aree più svantaggiate.