Mons. Carlo Maria Viganò, un arcivescovo noto per le sue critiche al Papa e al Vaticano II è stato convocato dalla sezione disciplinare del Dicastero per la Dottrina della fede per un processo penale extragiudiziale con l’accusa di scisma. È l’imputato stesso a darne notizia sulla sua piattaforma X pubblicando l’originale del documento vaticano secondo una prassi già posta in atto nel passato da dissidenti vittimisti.

Negli ultimi anni, la Chiesa Cattolica ha vissuto un periodo di notevole turbolenza, segnato da scandali, controversie e una crescente polarizzazione interna. 

Al centro di molte di queste discussioni si trova il caso Viganò, ex Nunzio degli Stati Uniti che ha portato avanti un’agenda antibergogliana con accenti ideologici che tanto male hanno fatto al popolo di Dio.

Il canone 1364 del diritto canonico stabilisce che chi incita allo scisma o alla ribellione contro la Chiesa viene scomunicato. Questo è il contesto legale in cui si inseriscono le azioni e le dichiarazioni di Viganò. Il decreto del Dicastero per la Dottrina della Fede che scomunica Viganò è una manifestazione di questo canone. La severità di questa misura riflette la gravità con cui il Vaticano considera le sue azioni, evidenziando una frattura profonda all’interno della Chiesa.

Le accuse e le denunce di Viganò

Viganò ha più volte espresso forti critiche contro Papa Francesco, accusandolo di essere troppo tollerante nei confronti di figure controverse come il cardinale Theodore McCarrick, coinvolto in scandali di abuso sessuale. Da tenere presente che proprio Mons. Viganò, in qualità di Nunzio Apostolico negli USA, abbia manifestato sentimenti più che benevolenti verso McCarrick che invece Papa Francesco in un provvedimento gravissimo e senza precedenti ha dimesso il cardinale dallo stato clericale a conclusione di un rapido processo canonico.

Questa opposizione si inserisce in un contesto più ampio di dissenso nei confronti del Papa, visto da alcuni come troppo progressista o addirittura eretico.

Le accuse di Viganò non si fermano alla condotta morale, ma spaziano fino a teorie complottiste che includono legami con il cosiddetto “deep state” e influenze sataniche. Questi elementi, benché estremi, trovano eco in una parte della comunità cattolica che vede nel tradizionalismo una difesa contro un mondo in cambiamento. Inoltre, Viganò è stato tra coloro che hanno alimentato il dissenso all’interno della Chiesa Cattolica contro Papa Francesco, creando disorientamento tra i fedeli e causando grave scandalo.

La collaborazione con i Media e il sostegno ai dissidenti

Viganò era anche collegato con alcuni giornalisti in pensione, che facevano da cassa di risonanza alle sue idee e da strenui difensori delle sue posizioni. Questi giornalisti hanno amplificato le sue critiche, contribuendo a diffondere il dissenso e a radicare ulteriormente le divisioni all’interno della Chiesa. Inoltre, Viganò ha sostenuto apertamente i dissidenti di questo pontificato, facilitando la creazione di gruppuscoli di associazioni di fedeli, alcuni installatisi alla Pallanzana di Viterbo, spesso composti da fuoriusciti dai loro istituti e adepti di fondatori infedeli alla loro missione.

La polarizzazione interna

La figura di Viganò rappresenta un polo di attrazione per quei cattolici che si oppongono alle riforme e all’apertura del Papa. Questo gruppo vede in Viganò una voce che articola le loro preoccupazioni riguardo a una presunta secolarizzazione della Chiesa. Dall’altra parte, i sostenitori di Papa Francesco vedono in queste accuse un attacco ingiustificato, basato su pregiudizi e false informazioni.

Le conseguenze di questa divisione

La polarizzazione interna alla Chiesa ha conseguenze significative. Da un lato, rafforza un senso di appartenenza e identità tra i tradizionalisti; dall’altro, mina l’unità e la capacità della Chiesa di presentarsi come un’entità coesa. La scomunica di Viganò potrebbe sembrare una soluzione drastica, ma potrebbe essere vista come un tentativo di preservare l’integrità della Chiesa contro quelle che sono percepite come minacce interne.

L’ecclesiologia del Vaticano II

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha segnato un momento cruciale nella storia della Chiesa Cattolica, introducendo una nuova visione dell’ecclesiologia che ha avuto un impatto profondo e duraturo. Uno degli aspetti più significativi del Vaticano II è stata la sua enfasi sulla Chiesa come “Popolo di Dio”. Questo concetto ha promosso una visione più inclusiva e partecipativa della Chiesa, in cui tutti i fedeli, non solo il clero, hanno un ruolo importante nel vivere e testimoniare la fede.

Il Concilio ha anche sottolineato l’importanza della collegialità episcopale, promuovendo una maggiore collaborazione tra i vescovi e il Papa, e ha incoraggiato l’apertura al dialogo ecumenico e interreligioso. Queste riforme hanno cercato di rispondere alle sfide del mondo moderno, rendendo la Chiesa più aperta e accogliente verso le diverse culture e tradizioni.

Privilegi minacciati

La scomunica di Viganò e le sue conseguenti dichiarazioni rivelano una lotta profonda per l’anima della Chiesa Cattolica. Mentre Papa Francesco continua nel suo cammino di riforma e inclusività, i tradizionalisti come Viganò alzano la voce in difesa di un passato che vedono come minacciato. La speranza è che, nonostante queste divisioni, la Chiesa possa trovare un modo per riconciliarsi e affrontare le sfide del mondo moderno senza perdere la sua essenza spirituale.

Il Concilio Vaticano II ha posto le basi per una Chiesa più cattolica nel senso etimologico del termine: universale e aperta a tutti. Le riforme promosse dal concilio continuano a essere una guida preziosa per affrontare le sfide contemporanee, e la loro attuazione può aiutare la Chiesa a superare le attuali divisioni e a realizzare pienamente la sua missione evangelica.

Questa analisi riflette le complessità e le tensioni attuali all’interno della Chiesa Cattolica, offrendo una panoramica su come le dinamiche interne possono influenzare la sua direzione futura, tenendo conto delle eredità positive del Concilio Vaticano II.