L’omicidio di padre Sylvester Okechukwu nel giorno del Mercoledì delle Ceneri è un segnale chiaro e inquietante: i gruppi criminali in Nigeria hanno trovato nei rapimenti di sacerdoti una fonte di guadagno e un mezzo di pressione contro la Chiesa. Ma la Conferenza episcopale nigeriana ha deciso di non cedere al ricatto, rifiutando di pagare riscatti e alimentare un mercato di violenza che minaccia non solo il clero, ma l’intera società. Questo assassinio potrebbe essere dunque una rappresaglia, un braccio di ferro intimidatorio per costringere la Chiesa a piegarsi alla logica del terrore e dell’estorsione.

Un sacerdote martire della violenza

La diocesi di Kafanchan ha definito “crudele” l’omicidio del parroco della chiesa di St. Mary Tachira, nello Stato di Kaduna. Padre Sylvester era stato rapito la sera del 4 marzo e ucciso poche ore dopo, all’alba del giorno successivo. Il suo è solo l’ultimo di una lunga serie di sequestri che ormai rappresentano una delle principali fonti di finanziamento per le bande armate nigeriane, che hanno trasformato il rapimento dei preti in un vero e proprio core business.

Negli ultimi anni, la strategia dei gruppi criminali si è evoluta: un tempo i rapimenti erano finalizzati solo a ottenere denaro in cambio della liberazione degli ostaggi, oggi sono anche un’arma per colpire la Chiesa, una delle poche istituzioni rimaste al fianco della popolazione in un Paese piagato dalla corruzione, dal terrorismo e dall’insicurezza.

La scelta della Chiesa: non pagare il riscatto

La Conferenza episcopale nigeriana ha adottato una posizione ferma: nessun riscatto per i sacerdoti rapiti. Una decisione difficile ma necessaria, che rompe la catena del crimine e impedisce che la Chiesa diventi un bancomat per bande armate senza scrupoli. Ma questa fermezza ha un prezzo. Se fino a ieri la garanzia di un riscatto rendeva più probabile la sopravvivenza degli ostaggi, oggi il rifiuto di pagare rende i sequestri ancora più pericolosi e le esecuzioni un’arma di pressione.

L’assassinio di padre Sylvester potrebbe essere stato un messaggio chiaro ai vescovi: se non pagate, uccideremo ancora. Un’intimidazione che si aggiunge alla lunga scia di violenze contro la Chiesa nigeriana, colpita perché dà voce agli ultimi e si oppone alla deriva criminale che ha trasformato intere regioni in territori fuori controllo.

Un’escalation senza fine: i rapimenti come strategia del terrore

L’omicidio di padre Sylvester arriva a pochi giorni dal rapimento di padre Philip Ekeli e del seminarista Peter Andrew, sequestrati nello Stato di Edo. I sequestri di religiosi si stanno moltiplicando, in un’escalation che non accenna a fermarsi. Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ricorda che nel solo 2024 tredici sacerdoti sono stati rapiti in Nigeria, e uno è stato ucciso.

Le forze di sicurezza sembrano impotenti di fronte a questa spirale di violenza. L’instabilità politica, la corruzione diffusa e la mancanza di una strategia efficace contro il crimine organizzato stanno trasformando il Paese in un campo di battaglia dove la Chiesa è diventata un bersaglio privilegiato.

L’inerzia delle autorità e il silenzio internazionale

La Nigeria è il Paese più popoloso dell’Africa e una delle economie più importanti del continente, ma la sua instabilità interna sta precipitando in un caos sempre più incontrollabile. Gli attacchi dei gruppi islamisti di Boko Haram e degli estremisti di ISWAP (Stato Islamico della Provincia dell’Africa Occidentale) si mescolano con le attività criminali delle bande armate, che operano con una libertà impressionante.

L’assenza di una risposta decisa da parte del governo nigeriano ha permesso che questi gruppi proliferassero, e la comunità internazionale osserva con indifferenza il dramma che si sta consumando. Il martirio di padre Sylvester è solo l’ennesima testimonianza di una tragedia che non può più essere ignorata.

Il coraggio della Chiesa e la speranza che non muore

Di fronte a questa violenza sistematica, la Chiesa nigeriana continua a resistere. Nonostante le minacce, i sacerdoti e le religiose restano accanto ai più poveri, continuando a denunciare le ingiustizie e a offrire speranza a un popolo abbandonato dalle istituzioni. Il sacrificio di padre Sylvester Okechukwu è un monito per il mondo intero: non possiamo rimanere in silenzio mentre chi predica la pace viene assassinato nel giorno che segna l’inizio della Quaresima.

Se il male cerca di imporsi con la violenza, la Chiesa risponde con la fermezza della fede. Ma non può essere lasciata sola. È tempo che la comunità internazionale si assuma la responsabilità di fermare questa carneficina, prima che l’intera Nigeria diventi un cimitero di uomini di Dio.