In un’epoca in cui tutto sembra revocabile, riscrivibile, eliminabile con un click, la Chiesa Cattolica ricorda un principio che suona, per molti, anacronistico: non ci si può cancellare dal Registro dei Battesimi. È quanto afferma una nota ufficiale del Dicastero per i Testi Legislativi del 7 aprile 2025, firmata da mons. Filippo Iannone e mons. Juan Ignacio Arrieta. Il documento spiega che il battesimo, una volta validamente ricevuto, è un fatto storico e teologico, inscritto nella carne e nella storia della persona, e non può essere soppresso.
Per qualcuno è uno scandalo. Per chi legge la realtà secondo una logica sacramentale, è semplicemente la verità delle cose. Perché il battesimo non è un’iscrizione a un club, ma una nascita ontologica, un evento spirituale oggettivo, una grazia irreversibile che fonda l’identità cristiana — anche se si decide, per libera coscienza, di abbandonare la pratica o la fede.
Un atto ecclesiale che non dipende dalla volontà futura
Il battesimo, ricevuto per lo più nell’infanzia, non è il frutto di una scelta personale, ma di una chiamata e di una responsabilità ecclesiale e familiare. Che uno, da adulto, voglia prendere le distanze da quella comunità, è legittimo e riconosciuto dalla stessa nota vaticana: non c’è alcun obbligo spirituale imposto con la forza. Anzi, il documento ribadisce la possibilità di annotare formalmente la volontà di abbandonare la Chiesa, attraverso il cosiddetto actus formalis defectionis ab Ecclesia Catholica.
Ma questo non significa che si possa pretendere di cancellare l’avvenimento del battesimo. Come non si può cancellare una nascita anagrafica, un matrimonio già celebrato, una cittadinanza ricevuta in un atto pubblico. I sacramenti sono eventi oggettivi che lasciano tracce nel tempo e nello spirito. Negarli ex post non li rende mai non avvenuti.
Una questione di diritto e di verità
La questione, lungi dall’essere puramente religiosa, ha anche implicazioni giuridiche, teologiche e antropologiche. Il Registro dei Battesimi non è una lista di “credenti attivi”, ma un libro storico e sacramentale che documenta il fatto che un certo soggetto ha ricevuto un sacramento. È uno strumento di certezza giuridica — ad esempio per verificare la validità di un matrimonio, l’ammissibilità all’ordinazione, la possibilità di ricevere altri sacramenti.
Pretendere la cancellazione di questo dato equivale a chiedere all’anagrafe di annullare l’atto di nascita perché uno non si riconosce più nel suo nome o nella sua origine. La libertà personale non è un potere assoluto di ridefinizione retroattiva della realtà. È piuttosto la capacità di scegliere il senso da dare ai fatti ricevuti, compreso il battesimo.
L’identità non si cancella, si assume o si rifiuta
In una cultura sempre più incline alla “disiscrizione” — dalla scuola alla religione, dai social ai sindacati — fa scandalo il fatto che la Chiesa non permetta di “tirarsi fuori” da un sacramento. Ma ciò che scandalizza, in realtà, è la logica dell’incancellabilità, la verità che non si piega al sentimento soggettivo, la grazia che continua a bussare anche quando la porta è chiusa.
La Chiesa non obbliga nessuno a credere, ma custodisce la memoria di una grazia ricevuta, sempre disponibile, sempre fedele. Il battesimo, anche se rinnegato, resta una ferita d’amore aperta in Dio. Non si cancella, perché Dio non cancella nessuno.
Oltre la libertà individuale, la verità della grazia
Chi vuole abbandonare la Chiesa, ha il diritto di farlo. Ma non ha il potere di cancellare la verità di essere stato una volta accolto nel Corpo di Cristo. La nota del Dicastero per i Testi Legislativi non è un atto di arroganza ecclesiastica, ma una dichiarazione di coerenza sacramentale: ciò che Dio ha compiuto, non può essere smentito da un modulo, né eliminato da un registro.
Nel tempo della memoria fluida, il battesimo resta un’àncora. Anche se rifiutata, anche se nascosta. È una verità che attende. Perché, come dice san Paolo, «se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso» (2Tm 2,13).