Il presidente dell’Ucraina Volodymyr  Zelensky ha visitato Roma e Berlino in cerca di aiuti e legittimazione all’approssimarsi della controffensiva verso i Russi.

Ha incontrato il presidente Mattarella, la premier Meloni e Papa Francesco nell’evocativa data del 13 maggio.

In quello stesso giorno del 1917 la Madonna inaugurò a Fatima una serie di apparizioni a tre pastorelli.

Nel corso delle sei apparizioni ai bambini portoghesi, la Madonna parlò dell’Unione Sovietica e degli errori che la sua ideologia avrebbe diffuso nel mondo.

Il 13 maggio 1981 S. Giovanni Paolo II subì un grave attentato a piazza S. Pietro.

La mano dell’attentatore turco Ali Agca sembra fosse stata diretta dal KGB, l’allora servizio segreto russo, con la copertura dei loro alleati della Bulgaria.

Papa Francesco al ritorno dal suo recente viaggio in Ungheria ha rivelato ai giornalisti in aereo che, per una mediazione di pace, ci sono trattative in corso tra la Santa Sede e i due Paesi in guerra: Ucraina e Russia.

È arrivata la smentita da parte di Kiev e di Mosca, ma il segretario di Stato ha ribadito l’impegno della diplomazia vaticana in questa direzione.

Nei quaranta minuti di colloquio riservati tra Bergoglio e Zelensky il Papa ha nuovamente teso una mano in direzione di un negoziato di pace.

Il portavoce vaticano Matteo Bruni ha cosi sintetizzato il colloquio di quaranta minuti: «Il Papa ha assicurato la sua preghiera costante, testimoniata dai suoi tanti appelli pubblici e dall’invocazione continua al Signore per la pace, fin dal febbraio dello scorso anno. Entrambi hanno convenuto sulla necessità di continuare gli sforzi umanitari a sostegno della popolazione. Il Papa ha sottolineato in particolare la necessità urgente di ’gesti di umanità’ nei confronti delle persone più fragili, vittime innocenti del conflitto».


L’azione  più sostenibile, appare l’intervento della Santa Sede per il rimpatrio dei circa sedicimila bambini ucraini deportati in Russia dall’inizio dell’«operazione speciale».


In tarda serata interessante la presenza di Zelensky al programma di Bruno Vespa “Porta a Porta” dove ha dichiarato: «Per me è stato un onore incontrare Sua Santità, però lui conosce la mia posizione, la guerra è in Ucraina e il piano deve essere ucraino. Siamo molto interessati a coinvolgere il Vaticano nella nostra formula per la pace».

L’Ucraina non dispone degli stessi canali diplomatici e della stessa autorevolezza della Santa Sede che con le sue Nunziature all’estero e i suoi agenti pastorali, possiede la rete d’influenza più capillare nel mondo.

Questo lo ha capito da qualche tempo anche la Cina che cerca di allacciare sempre più contatti con la Santa Sede, benché l’accordo per la nomina dei vescovi sia ancora minimalista per il Vaticano.

Putin, con i suoi enormi investimenti e approvvigionamenti a favore dei Paesi europei e vista la loro vile indifferenza durante l’invasione della Crimea del 2014, sperava bissare lo stesso successo ai danni di un intero Paese.

L’Europa si è ricompattata e la Russia è divisa nelle sue milizie: esercito regolare (con molti giovani impreparati) mercenari della Compagnia Wagner e Ceceni sanguinari.

Il vero vincitore di questa guerra sono gli USA.

Non è a caso se Biden ha ancora di recente promesso a Zelensky aiuti militari a oltranza.

L’Ucraina infatti entrerà nell’Unione Europea, Svezia e Finlandia entreranno nella NATO e la Polonia, da armare fino ai denti, diventerà il primo baluardo di difesa contro la Russia.

Gli Usa e l’Inghilterra avevano bisogno di attuare un’economia di guerra poiché stavano rimanendo schiacciate dalla bolla della sola finanza.

Le forti pressioni di chi vuole mantenere il vento di guerra ci ricorda il film di Alberto Sordi: “Finché c’è guerra c’è speranza”.

L’attore interpreta il ruolo di un trafficante di armi vittima dell’ipocrisia di chi lo stimmatizza.

Il problema non è solo sapere quando la guerra finirà.

Il problema è accettare o meno il modo con il quale giorno per giorno questo conflitto continua a sacrificare vite innocenti.