La lettera che Papa Francesco ha indirizzato ai vescovi degli Stati Uniti rappresenta un appello accorato contro la disumanizzazione del fenomeno migratorio. Con parole ferme e profonde, il Pontefice denuncia la logica delle deportazioni di massa che stanno avvenendo nel Paese, riaffermando un principio fondamentale della dottrina sociale della Chiesa: la dignità della persona umana viene prima di qualsiasi altra considerazione giuridica o politica.

La lettera del Papa smaschera la pericolosa manipolazione del linguaggio e delle immagini utilizzate nel discorso pubblico, che tendono a criminalizzare i migranti e a giustificare politiche repressive come se fossero inevitabili.

Il rischio della disumanizzazione: la narrazione che legittima l’ingiustizia

Uno degli aspetti più inquietanti dell’attuale crisi migratoria negli Stati Uniti è la retorica della paura alimentata da alcuni leader politici. Il Papa lo dice chiaramente: “una coscienza rettamente formata non può non esprimere il proprio dissenso nei confronti di ogni misura che tacitamente o esplicitamente identifica lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità”.

Questo è un punto centrale. Il dibattito pubblico associa sempre più l’idea di migrante irregolare con quella di pericoloso criminale, creando una generalizzazione che ignora la realtà. Così, nella percezione comune, il migrante non è più un essere umano con una storia, ma una minaccia.

Si tratta di una manipolazione del linguaggio che ha lo scopo di giustificare politiche dure e disumane, come le deportazioni indiscriminate. Etichettare un intero gruppo come “illegale” o “criminale” è un atto di violenza comunicativa che precede la violenza fisica.

Al contrario, occorrerebbe restituire ai migranti la loro dignità, raccontando le loro storie reali e mostrando che dietro ai numeri e alle statistiche ci sono volti, famiglie, sogni e sofferenze.

La Chiesa come baluardo contro la politica della paura

Un altro punto chiave della lettera è l’esortazione del Papa ai vescovi americani a non cedere alla narrazione che discrimina e alimenta sofferenza inutile. Francesco richiama l’esempio del Buon Samaritano, che vede il ferito e se ne prende cura senza chiedere il suo status legale.

Questa è una critica diretta all’approccio politico dominante: mentre il Vangelo insegna ad accogliere il prossimo, la politica della paura costruisce muri, separa e giustifica l’esclusione con la scusa della sicurezza nazionale.

Il Papa riconosce il diritto degli Stati a difendere i propri cittadini e a garantire la sicurezza pubblica, ma fa una distinzione netta: espellere persone in difficoltà solo per il loro status migratorio non è protezione, è ingiustizia.

La Chiesa cattolica negli Stati Uniti ha una lunga tradizione di difesa dei migranti, ed è evidente che il Papa stia spronando i vescovi a non indietreggiare di fronte alla crescente pressione politica. Se la Chiesa cede alla paura e al conformismo politico, tradisce la sua missione evangelica.

Il modello dell’amore vs. il modello della sicurezza: quale orizzonte per la società?

La contrapposizione tra una società basata sull’accoglienza e una basata sulla sicurezza repressiva è al centro dell’intervento del Papa. “L’amore vale più dell’intelligenza”, scrive Francesco citando Jacques Maritain. Questa frase è una sfida diretta a un mondo in cui le scelte politiche vengono fatte non sulla base della giustizia e della solidarietà, ma della convenienza e della paura.

La migrazione è un fenomeno epocale e complesso, ma la risposta non può essere ridotta a una semplice questione di forza e di controllo dei confini. Un sistema che espelle i più vulnerabili senza alternative reali è un sistema fallimentare, che rinnega i suoi stessi principi democratici e umanitari.

La vera sfida, come dice Francesco, è costruire politiche migratorie giuste, che siano basate sulla verità e sulla dignità umana, non sulla paura. Questo significa lavorare per:

• Vie legali e sicure per i migranti.

• Politiche di integrazione che non vedano gli stranieri solo come un problema, ma come una risorsa.

• Un sistema di accoglienza che rispetti la dignità umana e non si basi sulla repressione.

Tutto ciò richiede una trasformazione culturale, perché il vero problema non è solo politico, ma etico. Quale tipo di società vogliamo costruire? Una fondata sulla solidarietà e sulla giustizia, o una fondata sulla paura e sull’esclusione?

La lotta per un discorso pubblico più giusto

La lettera di Papa Francesco non è solo un intervento pastorale, è un atto di resistenza etica. In un’epoca in cui i migranti vengono dipinti come minacce e le politiche disumane vengono giustificate in nome della sicurezza, il Pontefice richiama l’attenzione sull’essenziale: la dignità umana è inviolabile e deve essere il criterio ultimo di ogni decisione politica.

È necessario contrastare la narrazione della paura e costruire un discorso sulla migrazione che sia fondato sulla verità, sulla giustizia e sull’umanità.

Se permettiamo che la politica e i media continuino a dipingere i migranti come un problema anziché come esseri umani con diritti e dignità, allora stiamo tradendo i valori fondamentali non solo della fede, ma della civiltà stessa.

Papa Francesco ci ricorda che la storia giudicherà le scelte che facciamo oggi. E la domanda è chiara: vogliamo essere ricordati come coloro che hanno costruito muri, o come coloro che hanno costruito ponti?