Papa Francesco continua a insegnare anche dalla sua stanza di ospedale. Il ricovero al Gemelli non è solo un fatto medico, ma un’occasione per riflettere su cosa significhi essere leader nella fragilità, testimone nella sofferenza, pastore che non si sottrae alla realtà della vita, fatta anche di debolezza e malattia.
Le notizie che arrivano dal Vaticano parlano di un lieve miglioramento: il Papa ha trascorso una notte serena, si è alzato, ha fatto colazione in poltrona, ha letto i giornali e proseguito con la sua attività lavorativa. Un segnale positivo che smentisce le numerose fake news circolate nei giorni scorsi sulle sue condizioni di salute. Persino la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dopo averlo visitato, ha raccontato di averlo trovato “vigile e reattivo” e di aver condiviso con lui qualche battuta, segno che il Pontefice non ha perso il suo proverbiale senso dell’umorismo.
Questa è la forza di Francesco: non fermarsi nemmeno davanti alla malattia, ma affrontarla con la naturalezza di chi non si nasconde, di chi non teme di apparire vulnerabile. A differenza di ciò che la società contemporanea sembra esigere dai suoi leader – prestanza, efficienza, invulnerabilità – il Papa ci offre un modello completamente diverso: accettare la propria fragilità senza rinunciare alla propria missione.
Eppure, proprio la malattia mette in luce anche la solitudine che chiunque, persino il Papa, può provare in certi momenti. La vita di relazione, tanto cara a Francesco, viene interrotta quando si è costretti a letto, lontani dagli impegni e dalla quotidianità. È una condizione che tutti sperimentiamo, ed è per questo che oggi il mondo si stringe attorno a lui con affetto, preghiera e vicinanza.
Non è un caso che i messaggi di sostegno arrivino da ogni angolo del pianeta: dal Patriarca ecumenico Bartolomeo, che ha inviato una lettera di solidarietà, ai bambini del reparto di oncologia pediatrica del Gemelli, che gli hanno mandato disegni e parole di incoraggiamento. È la stessa umanità che Francesco ha sempre abbracciato a restituirgli ora l’affetto e la cura.
E proprio qui si trova il senso più profondo di questo momento: il Papa, come fece il 27 marzo 2020 nella solitudine di Piazza San Pietro durante la pandemia, continua a essere segno di speranza per tutti. Allora, pregava per l’umanità intera. Oggi è l’umanità intera a pregare per lui.
Francesco non è solo, nonostante gli oppositori, nonostante le voci critiche che non mancano mai. Il popolo di Dio – e non solo – lo ama, lo segue e si riconosce in lui. Perché il Papa non è un uomo lontano, chiuso in un palazzo, ma è un padre che condivide la vita con il suo popolo, con le sue gioie e le sue ferite.
Anche nella malattia, Francesco rimane testimone credibile di un Vangelo vissuto senza finzioni. La sua debolezza non lo sminuisce, ma lo rende ancora più vicino alla gente, ancora più autentico. E il mondo, in questi giorni, glielo sta dicendo con una sola voce: “Santo Padre, non sei solo”.
W il Papa! Siamo tutti con te!
Complimenti per l’articolo.
Grazie! Mio nipote è l’autore del disegno!!! Preghiamo per il papa e per tutti i bambini che soffrono.
Un elzeviro bellissimo. Uno stile chiaro e profondo. Mi ha commossa. Ci fa innamorare del Papa e ci fa accettare anche le nostre fragilità quest’insegnamento.