Papa Francesco ha instaurato un rapporto molto speciale con l’Africa. La sua visita nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) e nel Sud Sudan a gennaio e febbraio è la quarta dalla sua assunzione. Un cammino di solidarietà inziato nella sua prima visita in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana nonostante che in quest’ultimo Paese infuriava ancora la guerra civile. Il suo messsaggio era di pace e gentilezza mentre visitava le baraccopoli e i campi profughi a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana. La visita alla Grande Moschea è stata molto apprezzata dalle comunità mussulmane africane che l’hanno interpretata come un gesto di tolleranza e unità. Un messaggio rinnovato nel 2017 durante la visita al Cairo, la capitale intelettuale del Islam sunnita. Sono seguiti i viaggi in Madagascar, Mauritius e Mozambico. Ovunque Papa Francesco è stato accolto da folle estasiate sia di cristiani che di mussulmani in quanto il Santo Padre simboleggia la Pace, l’Umiltà, la Tolleranza.
Tutti i suoi discorsi sono sempre stati schietti. Ha chiesto ai vertici della Chiesa in Africa di non rimanere passivi ma di denunciare l’ingiustizia come ha ammonito le potenze mondiali: Stati Uniti, Unione Europea, Cina, Russia di togliere “le mani dalla Repubblica Democratica del Congo” denunciando la perversa logica di sfruttamento coloniale delle risorse naturali che in Congo ha generato solo caos, violenza, guerre civili e tanta insopportabile e disumana povertà. Il Santo Padre ha ammonito i potenti della terra di smetterla di soffocare l’Africa che non è un continente-miniera da sacchegggiare. Giù le mani dall’Africa! Questo il forte messaggio evangelico lanciato.
E’ stato il primo Papa a schierarsi contro le potenze e le multinazionali straniere che continuano a combattere sul suolo africano le loro guerre per procura per meglio depredarne le ricchezze e nascondere alle loro opinioni pubbliche tutti i crimini contro i nostri fratelli africani. Un messaggio chiaro e potente reso credibile dalla scelta che il Santo Padre fece nel marzo 2013 durante l’incontro con il Presidente del Ruanda Paul Kagame in Vaticano. Per l’occasione Papa Francesco denunciò le pesanti responsabilità del clero ruandese e di alcuni missionari europei nell’Olocausto Africano avvenuto nel 1994. Un milione di morte per la maggioranza di etnia tutsi. Molti di essi furono trucidati dalle bande genocidarie del governo razziale di Juenal e Agathe Havyrimana all’interno delle chiese.
Lo stesso Paul Kagame rimase stupefatto a sentire quelle parole in quanto la Chiesa Cattolica fino ad allora aveva cercato di nascondere la vergogna, addossando le responsabilità a singoli parrochi ruandesi. Papa Francesco non si limitò a riconoscere la colpa e a chiedere perdono ma promise una nuova politica evangelica nella martoriata Regione dei Grandi Laghi tesa a creare un clima di fratellanza universale, di armonia tra i popoli e le etnie, di Pace e Benessere per tutti. Una promessa immediatamente mantenuta e testimoniata dall’impegno della Chiesa Cattolica regionale nel onorare gli intenti del Santo Padre, scontrandosi contro i regimi totalitari che sulla divisione etnica e l’odio hanno basato la loro satanica politica per conservare il potere.
La svolta del marzo 2013 segnò tutta la politica del Vaticano verso l’Africa basata su una ferma opposizione e spietata denunica verso il Male alla radice di tutti i conflitti mortali che stanno devastando il Continente: la ricerca del potere ad ogni costo, l’arroganza umana. Il messaggio di Papa Francesco è stato interiorizzato dai fratelli africani che credono nella sua missione e sanno che è in grado di porre fine all’amarezza e all’odio sostituendoli con i potenti antitodi della Pace, dell’Amore in Gesù Cristo e della Fratellanza. Anche il più umile abitante di villaggi sperduti ora sa che Papa Francesco vuole usare l’enorme potere che detiene la sua posizione – sia nel regno terreno che in quello spiriturale – per gravare su coloro che detengono il potere per moderare le loro ambizioni.
Il suo messaggio è stato rafforzato quando si è recato in Sud Sudan, un altro paese coinvolto in una guerra civile omicida e distruttiva combattuta lungo linee etniche tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e il suo ex vicepresidente, Riek Machar. Nel viaggio in Sud Sudan il Papa è stato raggiunto dall’Arcivescovo anglicano di Canterbury, Justin Welbi e dal e dal moderatore della Presbyterian Church of Scotland, Iain Greenshields, formando un potente fronte cristiano interconfessionale capace di dare un messaggio di unità nel nome di Gesù Cristo, Principe della Pace.
Un messaggio potente e immediatamente percepito dalla gente comune, da tempo sfinita dal conflitto senza fine in Sud Sudan. Un conflitto che ha visto i profitti delle riserve petrolifere del Paese scomparire nell’etere invece di andare verso il miglioramento della propria vita.
La visita del Papa, rafforzata dalla presenza dell’Arcivescovo di Canterbury e del Moderatore della Chiesa di Scozia, marca un’era di visione unitaria dell’impegno cristiano dove il mondo cattolico e quello delle Chiese protestanti individuano nell’Africa un impegno sempre più importante nel cammino della Pace e della Giustizia Sociale che contrasti i falsi profeti del nebuloso universo delle sette pentecostali che stanno confondendo gli animi e alimentando speranze materiali per fini non cristiani ma di lucro personale. Questo cammino cristiano unitario è stato possibile anche grazie all’esame di coscienza e ammissione di colpe avvenuto all’interno della Chiesa d’Inghilterra che ha recentemente ammesso di aver beneficiato storicamente della tratta degli schiavi dall’Africa e dal suo impegno di riparazione per un volore di 100 milioni di sterline.
L’Africa è il futuro della Fede Cristiana. Nel mondo occidentale, un tempo bastione del cristianesimo, la fede è diminuita costantemente negli ultimi decenni. Il Pew Research Center prevede che i cristiani costituiranno meno della metà della popolazione americana entro il 2070. Anche il numero di persone che si definiscono cristiane nella maggior parte dell’Europa è in calo. Inghilterra e Galles non sono più cristiani a maggioranza, con solo il 46% nel 2021 che rivendica un impegno per il cristianesimo. La Francia ha cifre simili.
Purtroppo il cristianesimo viene sostituito da un vuoto di valori e da ideologie laiche che tendono ad imporsi come “nuove religioni” e propongono ideali nefasti quale la cancellazione della base di ogni società: la Famiglia e una visione strettamente legata ad un capitalismo selvaggio dove i principi etici e morali vengono infranti a beneficio del profitto e fatti passare come “progresso”. Basti pensare all’estremizzazione del discorso delle minoranze sessuali, ai tentativi di sostituire la procreazione naturale con la procreazione artificiale e all’incapacità di sostiuire le conflittualità economiche e geo-politiche con un cammino di Pace e Fratellanza. Incapacità che trova il suo triste riscontro materiale nella devastante guerra in atto in Ucraina.
In Africa sia il Cristianesimo che l’Islam stanno crescendo rapidamente. L’aumento è stato particolarmente ripido per il cattolicesimo. John L. Allen Jr, autore ed editore americano del sito di notizie cattoliche Crux, afferma: “Durante il XX secolo, la popolazione cattolica dell’Africa sub-sahariana è passata da 1,9 milioni a più di 130 milioni – un incredibile tasso di crescita del 6.708% . Gli africani hanno iniziato il secolo come meno dell’1% della popolazione cattolica globale e lo hanno concluso intorno al 16%”. Più recentemente, gli aggiornamenti danno cifre ancora più elevate: su una popolazione globale di 1,36 miliardi di cattolici, 236 milioni sono africani, pari al 20% del totale.
Queste sono cifre serie e con la popolazione complessiva dell’Africa e quindi il numero dei suoi aderenti religiosi destinato a superare il resto del mondo, ha senso trattare il continente come un caso speciale. La preponderanza dei giovani nella popolazione africana è anche un altro fattore che la Chiesa deve considerare poiché sembra perdere la presa sui giovani del mondo, specialmente in Occidente.
In termini di significato dell’Africa per la Chiesa cattolica in generale in un momento di grandi sconvolgimenti globali (e crepe e scandali nella Chiesa stessa), il recente viaggio in Africa arriva in un “momento decisivo per quello che è considerato un papato progressista, secondo Stan ChuIlo, professore di ricerca di cristianesimo mondiale e studi africani, Centro per il cattolicesimo mondiale e la teologia interculturale presso la DePaul University di Chicago, Illinois.
Scrivendo sul The Conversation, Stan ChuIlo afferma che Papa Francesco ha convocato una consultazione mondiale sul futuro della Chiesa cattolica. Questa consultazione, chiamata processo sinodale, è iniziata nel 2021 e si concluderà nel 2024. “È il dialogo più ambizioso mai intrapreso per apportare cambiamenti nelle credenze e nelle pratiche cattoliche dalle riforme del Concilio Vaticano II nel 1965”. Il processo sinodale in corso, prosegue Stan ChuIlo, “ha messo in luce le linee di frattura del cattolicesimo moderno sui temi della donna, del celibato, della sessualità, del matrimonio, del clericalismo e del gerarchismo. Il modo in cui Papa Francesco – che quest’anno segna un decennio del suo pontificato – gestisce queste questioni sempre più controverse definirà, a mio giudizio, in gran parte la sua eredità”.
I cattolici africani non stanno solo crescendo di numero. Stanno reinventando e reinterpretando il cristianesimo. Lo stanno infondendo con un nuovo linguaggio e vivacità spirituale attraverso modi unici di amare Dio. La Chiesa cattolica in Africa può essere un motore centrale della vita sociale, politica e spirituale. In molti contesti, la Chiesa offre una comunità di speranza dove il tessuto della società è debole a causa della guerra, dei disastri umanitari e delle malattie. La RDC, ad esempio, ha il maggior numero di strutture sanitarie cattoliche in Africa, con 2.185. Seguono il Kenya con 1.092 e la Nigeria con 524 strutture. Inoltre, i vescovi hanno mobilitato proteste pacifiche contro la violenza nella RDC e in Nigeria.
Tuttavia i cattolici africani sottolineano una problema di rappresentanza all’interno della Chiesa globale. Ad esempio c’è un solo africano che ricopre una importante funzione esecutiva in Vaticano. Tanmonsignor Zania, Protase Rugambwa, segretario del Dicastero per l’Evangelizzazione dei Popoli, dipartimento della sede centrale del Vaticano. La creazione di una Pontificia Commissione per l’Africa, simile a quella latinoamericana creata nel 1958, sarà un modo significativo per dare voce ai cattolici africani nella Chiesa di Roma.
In un mondo che sta perdendo sempre più la sua bussola morale sotto leader politici autocratici e irresponsabili, in cui alcuni leader e organizzazioni religiose hanno intrapreso la strada più oscura e incoraggiano attivamente la disarmonia, l’intolleranza, l’ignoranza e la violenza, la visita inequivocabile del Papa in Africa per la costruzione della pace è un raggio di luce nel buio.
Il Santo Padre ha dimostrato il potere dell’umiltà, di chinarsi a servire e di raggiungere altre fedi per lavorare per la pace, la misericordia, il perdono e la carità. Questo messaggio, amplificato dalla vasta rete di chiese in Africa e adottato dai leader dell’altra grande fede in Africa, l’Islam (un rapporto UNDP mostra che un’adeguata cultura religiosa riduce la violenza estremista piuttosto che esserne una causa) suggerisce che il circolo vizioso del conflitto in Africa potrebbe finalmente entrare nella sua fase finale.