Papa Francesco ha rivelato dettagli scioccanti riguardo due tentativi di assassinio che hanno segnato il suo viaggio storico in Iraq nel marzo 2021. Gli attentati, sventati in extremis, sono avvenuti nella città di Mosul, simbolo della devastazione inflitta dallo Stato Islamico tra il 2014 e il 2017. Questi episodi emergono da un estratto della sua autobiografia, Spera, pubblicata oggi, nel giorno del suo 88° compleanno, dal quotidiano Corriere della Sera.
Una visita ad alto rischio
La visita del Pontefice in Iraq è stata il primo viaggio papale nella regione devastata dalla violenza estremista. “Mi era stato sconsigliato quel viaggio da quasi tutti”, scrive Francesco, sottolineando i rischi legati alla sicurezza e al contesto pandemico, aggravato dalla positività al Covid-19 del nunzio apostolico Monsignor Mitja Leskovar. Tuttavia, il Pontefice ha insistito: “Ho sentito che dovevo andare. Dovevo visitare la casa del nostro nonno Abramo”.
Mosul, una delle tappe chiave del viaggio, ha rappresentato una sfida estrema. Qui, secondo rapporti di intelligence britannica condivisi con la gendarmeria vaticana, una giovane donna e un furgone carichi di esplosivi avevano l’obiettivo di colpire il Papa. “Quando ho chiesto della loro sorte il giorno seguente, il comandante mi ha risposto: ‘Non ci sono più’. La polizia irachena li aveva intercettati e neutralizzati”. Francesco riflette su questo episodio come “un frutto avvelenato della guerra”.
Il coraggio della testimonianza
Nonostante i pericoli, il viaggio del Papa ha rappresentato un messaggio di speranza per una regione segnata da divisioni e conflitti. A Mosul, il Papa ha sorvolato le macerie, descrivendo la città come “la radiografia dell’odio, il sentimento più efficiente del nostro tempo”. Ma è proprio in questa devastazione che Francesco ha intravisto una missione: unire i discendenti di Abramo sotto il segno della pace e della riconciliazione.
Un momento storico a Najaf
Un altro punto cruciale del viaggio è stato l’incontro con il Grande Ayatollah Ali al-Sistani a Najaf. Un evento preparato per decenni dalla Santa Sede, mai realizzato dai predecessori di Francesco. L’accoglienza del leader sciita è stata di una profondità simbolica straordinaria: “Non aveva mai ricevuto capi di stato, e non si era mai alzato per nessuno, ma quel giorno lo ha fatto con me”, racconta il Papa. L’incontro ha consolidato un dialogo interreligioso che rappresenta un faro di speranza per un Medio Oriente frammentato.
Il richiamo all’unità spirituale
Durante la sua visita, il Papa ha celebrato incontri di grande rilevanza spirituale e simbolica. Dalla pianura di Ur, dove si dice sia nata la fede monoteista, al palazzo presidenziale di Baghdad, Francesco ha riunito cristiani, musulmani e yazidi sotto lo stesso tetto, affermando: “Profanare il nome di Dio odiando il proprio fratello è il più blasfemo dei reati”.
Un messaggio per l’umanità
La pubblicazione di Spera getta nuova luce sulla determinazione e il coraggio di Papa Francesco nel perseguire la missione della Chiesa anche a costo della sua stessa vita. Con la consapevolezza dei rischi, Francesco si è fatto messaggero di pace in un territorio lacerato. “Se la casa di tuo nonno brucia, non puoi restare a guardare”, scrive il Pontefice, ricordando l’urgenza di portare conforto e speranza a chi soffre.
Questa autobiografia, che sarà pubblicata integralmente a gennaio 2025, rappresenta una testimonianza straordinaria della forza della fede e della volontà di costruire ponti in un mondo ancora diviso. La scelta di raccontare i dettagli dei tentativi di attentato, lungi dal voler suscitare sensazionalismo, ribadisce la necessità di continuare a credere nella possibilità di un dialogo autentico, anche nei contesti più ostili.