Il patriottismo è una di quelle parole che, pur appartenendo al lessico comune, portano con sé un carico di storia, ideologia e visioni contrastanti. Nell’immaginario collettivo italiano, questo termine è stato per lungo tempo contaminato dalla retorica del fascismo, che lo ha deformato in un concetto di appartenenza chiuso ed escludente, legato alla supremazia nazionale e alla negazione dell’altro. Non è un caso che, per decenni, la parola “patria” sia stata evitata nel dibattito pubblico, come se il suo utilizzo implicasse necessariamente il recupero di un passato autoritario.

Eppure, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha riportato al centro della discussione un’idea di patriottismo profondamente diversa, lontana dalle derive nazionaliste e capace di rispondere alle sfide del nostro tempo. Nel suo discorso di fine anno del 31 dicembre 2024, Mattarella ha delineato un concetto di patriottismo inclusivo, che non si misura con la difesa identitaria di una nazione chiusa, ma con la capacità di riconoscere e valorizzare chiunque scelga di condividere i valori dell’Italia e contribuire al suo sviluppo. È un patriottismo che non si fonda sulle origini etniche o sulle contrapposizioni ideologiche, ma sulla partecipazione attiva alla costruzione del bene comune.

Questa visione si scontra con il tentativo della destra di recuperare la retorica della patria, come dimostrato dall’uso insistente che ne fa Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ha rivendicato più volte un “orgoglio nazionale”, proponendo una lettura del patriottismo ancora profondamente condizionata dal passato, con una forte componente identitaria e selettiva. Nella sua narrazione, l’Italia appare come una fortezza da difendere, più che come una comunità aperta e solidale. La retorica di Meloni, spesso accompagnata da riferimenti storici ambigui e da un certo revanscismo culturale, si muove sul crinale pericoloso tra legittimo amore per il proprio paese e una visione del patriottismo che rischia di escludere anziché unire.

Il rischio di questa impostazione è evidente: un patriottismo che si chiude in una dimensione puramente identitaria non tiene conto delle trasformazioni sociali in atto. L’Italia di oggi non è più quella del Novecento: è un paese plurale, attraversato da nuove migrazioni, da nuove identità culturali e da un cambiamento demografico senza precedenti. In questa realtà, il patriottismo non può essere l’esclusiva di chi ha “sangue italiano”, ma deve essere un orizzonte di valori a cui chiunque può aderire, indipendentemente dalle sue origini. È questo il cuore del messaggio di Mattarella, che ha voluto sottolineare come anche chi nasce altrove, ma ama l’Italia, ne rispetta le leggi e contribuisce alla sua crescita, è parte della comunità nazionale.

In un contesto segnato da profonde crisi – economiche, sociali e geopolitiche – questa idea di patriottismo assume una rilevanza decisiva. L’Italia di oggi non può più permettersi di alimentare divisioni e steccati ideologici: le emergenze in corso, dalla crisi energetica alle difficoltà del mondo del lavoro, dalla transizione ecologica alla sfida dell’integrazione, richiedono unità e responsabilità collettiva. Un patriottismo inclusivo è l’unico antidoto contro il rischio di una società sempre più polarizzata, in cui le fratture sociali vengono strumentalizzate per fini politici anziché risolte.

Il vero patriottismo, allora, non si misura nei proclami, nelle bandiere sventolate o negli slogan identitari. Non è l’appartenenza etnica o la nostalgia per un passato mitizzato a definire l’amore per la patria, ma il modo in cui ci si prende cura della comunità in cui si vive. È patriottico l’insegnante che forma le nuove generazioni, il medico che opera in condizioni difficili, l’imprenditore che investe senza sfruttare, il lavoratore che si impegna ogni giorno, il volontario che aiuta chi è in difficoltà. Ed è patriottico anche chi, pur venendo da lontano, sceglie di legare il proprio futuro a questo paese, rispettandone le regole e contribuendo con il proprio lavoro e la propria cultura.

Mattarella ci ha ricordato che il patriottismo può essere una forza di coesione anziché di esclusione, uno strumento per rafforzare il senso di comunità senza cadere nelle trappole del nazionalismo. Se l’Italia saprà accogliere questa visione, potrà affrontare il futuro con uno spirito nuovo, capace di coniugare identità e apertura, memoria e innovazione, appartenenza e inclusione.