La fede è una delle forze più potenti dell’essere umano. Ha il potere di guarire, di unire, di dare significato alla vita e di accendere speranza anche nei momenti più oscuri. Ma, come ogni cosa preziosa, può essere usata in modo distorto. Quando la religione smette di essere uno strumento per liberare e diventa un mezzo di controllo, nascono fenomeni inquietanti come l’abuso spirituale.

Dietro la facciata di fervore e devozione, esistono comunità e leader che sfruttano il desiderio umano di senso e appartenenza per manipolare, dominare e, talvolta, abusare. Questo è il tema centrale del libro dell’abate Dysmas de Lassus, un’opera che illumina una delle piaghe meno discusse ma più devastanti del mondo religioso.

Cos’è l’abuso spirituale?

L’abuso spirituale è una forma di manipolazione in cui la fede e i valori religiosi vengono utilizzati per controllare le persone, annullare la loro volontà e, spesso, giustificare comportamenti tossici. Si presenta in molte forme: pressioni psicologiche, isolamento, abuso emotivo, economico e, nei casi peggiori, abusi fisici o sessuali. Chi lo perpetra spesso lo fa in nome di Dio, con la pretesa di essere il suo portavoce, rendendo ancora più difficile per le vittime opporsi o persino riconoscere ciò che stanno subendo.

L’abate Dysmas descrive l’abuso spirituale come una dinamica in cui l’autorità religiosa viene strumentalizzata per schiacciare il libero arbitrio e ridurre i fedeli a sudditi, incapaci di distinguere tra la vera guida spirituale e la manipolazione.

Quando la comunità diventa una gabbia

Ci sono casi in cui una comunità religiosa, nata con intenzioni nobili, si trasforma in un ambiente oppressivo.

Una società di chierici e suore nata in Messico, il fondatore ha sfruttato il suo ruolo di guida spirituale per creare un vero e proprio sistema di potere. Attraverso il controllo emotivo e una pressione costante sull’obbedienza cieca, ha giustificato azioni che andavano dal dominio psicologico agli abusi fisici.

Altrove, in un’associazione di fedeli nata in Argentina, la rigidità delle regole e il culto della personalità del fondatore hanno prodotto abusi sistematici e un ambiente di manipolazione psicologica. Qui, il carisma iniziale è diventato un’arma per giustificare il controllo su ogni aspetto della vita dei membri, dalla vocazione fino alle relazioni personali.

In un’altra realtà, un fondatore sedicente figlio prediletto di padre Pio, ha progressivamente innestato la retromarcia fino ad allontanarsi sempre più dalla comunione ecclesiale e dalla grazia di Dio. Vantando purezza della dottrina e santità di vita ha invece violato i voti. Pur sospeso a divinis, ha continuato a celebrare e officiare riti di testa sua. Ha poi creato divisione interna una volta commissariato, mettendo i suoi adepti più fragili contro i religiosi che invece hanno voluto seguire il Papa. Ha inoltre consegnato la disponibilità di tutti i beni dell’Istituto a suoi laici amici per cercare di mettere sul lastrico i suoi figli, fondare – invano – nuovi istituti religiosi e contare sull’appoggio di corruttibili potenti.

E ancora, in un gruppo di laici consacrati, l’apparente semplicità del loro stile di vita nascondeva un sistema che isolava i membri dal mondo esterno, alimentando un clima di sottomissione totale al leader. In questi casi, la religione non è stata una via per la libertà spirituale, ma una rete che ha imprigionato.

Le dinamiche del controllo

Dysmas de Lassus sottolinea che il cuore dell’abuso spirituale risiede nella distorsione dell’autorità. Una guida spirituale autentica dovrebbe servire la comunità, non dominarla. Tuttavia, quando il leader diventa il centro della fede, il rischio di abusi cresce in modo esponenziale. Il culto della personalità è spesso una delle prime spie rosse: il leader viene elevato a una posizione quasi divina, al di sopra di ogni critica, con una capacità illimitata di influenzare la vita dei suoi seguaci.

Un’altra dinamica tipica è l’isolamento. Molti di questi gruppi impongono regole che allontanano i membri dalle loro famiglie e dalla società, rendendoli dipendenti solo dalla comunità. Questo isolamento impedisce alle vittime di riconoscere l’abuso e cercare aiuto.

Infine, l’abuso spirituale prospera in ambienti dove l’obbedienza viene trasformata da virtù in strumento di oppressione. Chiedere fedeltà assoluta senza spazio per il dubbio o la discussione è il primo passo verso una relazione tossica.

Le ferite dell’abuso spirituale

Le vittime di abuso spirituale spesso raccontano di sentirsi svuotate, come se la loro identità fosse stata annullata. Perdere la fiducia nella guida spirituale significa, in molti casi, perdere la fiducia in Dio stesso. L’effetto è devastante: il senso di colpa, la vergogna e la confusione accompagnano spesso chi cerca di uscire da queste situazioni.

Inoltre, l’abuso spirituale non colpisce solo le singole persone, ma danneggia l’intera comunità religiosa. Ogni scandalo mina la credibilità delle istituzioni e allontana i fedeli. È un ciclo di dolore che si autoalimenta, lasciando dietro di sé una scia di sfiducia e disillusione.

Come prevenire e guarire

L’abate Dysmas non si limita a denunciare, ma offre anche proposte per prevenire e affrontare il problema. Una delle sue idee chiave è quella di educare le comunità religiose a riconoscere i segnali di manipolazione e abuso. La trasparenza e la responsabilità devono diventare centrali nella gestione delle istituzioni religiose.

È fondamentale anche offrire supporto alle vittime. Creare spazi sicuri dove possano raccontare le loro storie senza timore di ritorsioni è il primo passo per guarire. Allo stesso tempo, bisogna promuovere una cultura della fede che metta al centro la persona e il suo rapporto con Dio, piuttosto che l’autorità del leader.

Infine, è necessario un cambio di mentalità: la fede non può essere usata come strumento di potere. Le comunità religiose devono tornare a essere luoghi di accoglienza, non di oppressione.

Un appello alla speranza

Nonostante la gravità del problema, il messaggio di Dysmas è di speranza. La fede autentica è una forza di liberazione, non di schiavitù. Affrontare l’abuso spirituale significa restituire alla religione la sua bellezza originaria, fatta di amore, compassione e libertà.

In un mondo sempre più assetato di verità e autenticità, parlare di abuso spirituale è un atto di coraggio. Significa scegliere di difendere i valori più profondi della fede e di proteggere chi, in nome di quegli stessi valori, ha sofferto. Perché la fede, quando è vera, non spezza, ma costruisce.