La vicenda di Re Baldovino del Belgio e la sua decisione di rifiutare di firmare la legge sulla depenalizzazione dell’aborto nel 1990 rimane un episodio significativo nella storia politica e morale del Belgio. Baldovino, re dal 1951 al 1993, era noto per il suo forte senso del dovere, il suo impegno morale e la sua fede cattolica profonda. La sua scelta di non apporre la firma alla legge sull’aborto, approvata dal Parlamento, rappresenta uno dei rari casi nella storia moderna in cui un monarca costituzionale ha manifestato apertamente il proprio dissenso su una questione etica, mettendo in gioco il proprio ruolo istituzionale.

Il contesto della legge sull’aborto

Nel 1990, il Parlamento belga approvò una legge che permetteva la depenalizzazione dell’aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza in determinate circostanze, quali la salute fisica e mentale della donna. Fino ad allora, l’aborto era illegale in Belgio, tranne che per motivi medici urgenti. La nuova legge suscitò ampi dibattiti e fu vista come un punto di svolta per il Paese, che all’epoca era fortemente influenzato dalla Chiesa cattolica.

Baldovino, profondamente devoto e contrario all’aborto per motivi di coscienza, affrontò una crisi morale e istituzionale quando gli fu chiesto di firmare il testo per promulgarlo. La sua posizione fu chiara: non poteva, in coscienza, approvare una legge che contraddiceva i suoi principi religiosi e morali. Il re espresse la sua volontà di rispettare le prerogative parlamentari, ma rifiutò di apporre la propria firma.

Il rifiuto e il “Re temporaneamente inabile a governare”

In Belgio, la firma del re è necessaria per rendere effettiva una legge approvata dal Parlamento. Per affrontare l’impasse costituzionale, il governo belga adottò una soluzione insolita. Il 4 aprile 1990, il Consiglio dei Ministri dichiarò formalmente Baldovino “temporaneamente inabile a regnare” ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione belga, che prevede che, in caso di incapacità del sovrano, i suoi poteri siano trasferiti al Consiglio dei Ministri. Durante le 36 ore di “inabilità”, il governo stesso promulgò la legge. Una volta promulgata, il Parlamento restituì i poteri a Baldovino, che riprese il trono.

Questo episodio è significativo per molte ragioni. Prima di tutto, è una testimonianza della fermezza morale di Baldovino e del suo coraggio nel difendere i propri principi in un contesto in cui avrebbe potuto cedere alla pressione politica. In secondo luogo, dimostrò il funzionamento delle istituzioni belghe nel gestire una crisi costituzionale senza sfociare in uno scontro istituzionale irreversibile. La scelta del re ebbe risonanza internazionale e sollevò una questione cruciale: fino a che punto un monarca costituzionale può esprimere la propria opinione personale su questioni di coscienza?

La reazione della società e l’impatto del gesto di Baldovino

La decisione di Baldovino ricevette ampi consensi in alcuni ambienti cattolici e conservatori, ma venne criticata da altri settori della società belga, in particolare quelli progressisti, che consideravano il suo gesto un’ingerenza nelle prerogative del Parlamento. Tuttavia, al di là del dibattito, Baldovino fu rispettato da entrambe le parti per la sua coerenza morale e la trasparenza con cui gestì la sua obiezione di coscienza.

Il re spiegò il suo gesto con una lettera indirizzata al primo ministro Martens, dichiarando: “Non mi sembra possibile – per rispetto verso la vita e in coscienza – partecipare a questa decisione. Il Parlamento è sovrano e così sia, ma io non posso sottoscriverla”. Con questa presa di posizione, Baldovino sottolineò che il suo rifiuto non rappresentava un attacco alla democrazia parlamentare, bensì un’espressione della sua coscienza personale, un concetto che pose le basi per successive riflessioni su temi etici e religiosi nel contesto politico.

Re Baldovino: Un esempio di santità e il processo di canonizzazione

Dopo la sua morte nel 1993, la figura di Baldovino è stata ricordata con affetto non solo in Belgio, ma anche a livello internazionale. La sua devozione, il suo stile di vita semplice e il profondo legame con la moglie, la regina Fabiola, hanno portato molti a vederlo come un esempio di fede vissuta anche nel contesto di una monarchia costituzionale.

Nel 2001, l’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles avviò un’indagine preliminare per la causa di beatificazione e canonizzazione di Baldovino. Tuttavia, il processo non è ancora formalmente aperto. Una delle motivazioni è la necessità di approfondire ulteriormente l’impatto della sua vita e delle sue azioni, soprattutto in un contesto politico così delicato come quello belga. La sua fedeltà ai principi cristiani, il rispetto della dignità umana e la sua fermezza nella difesa della vita sono però qualità che lo hanno reso un modello per molti cattolici e un esempio di monarchia al servizio del popolo.

Il retaggio di Baldovino nel Belgio di oggi

Il gesto di Baldovino continua a essere ricordato come una testimonianza di coerenza morale e di coraggio personale. In un Paese diviso tra una crescente secolarizzazione e le sue profonde radici cattoliche, la figura di Baldovino rimane un punto di riferimento per chi cerca di conciliare fede e politica. La sua memoria è ancora viva nei cuori di molti belgi, che vedono in lui un esempio di leader che, pur limitato nei poteri istituzionali, ha saputo incarnare i valori di un cristianesimo autentico, mettendo al centro della sua azione il rispetto della vita e della dignità umana.

In definitiva, Baldovino I non fu solo un monarca, ma anche un uomo di profonda spiritualità, la cui figura continua a influenzare il dibattito etico e morale in Belgio e oltre, offrendo uno spunto di riflessione su come i valori personali possano interagire con le responsabilità pubbliche in un contesto laico e pluralista.