Un film scomodo e necessario

“The Apprentice”, diretto da Ali Abbasi e scritto da Gabriel Sherman, è un film biografico che ripercorre gli anni formativi di Donald Trump nel mondo dell’immobiliare newyorkese, con particolare attenzione alla sua relazione con l’avvocato Roy Cohn, figura controversa e spregiudicata che ha plasmato il suo stile politico e imprenditoriale. Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024, ha ricevuto una standing ovation di otto minuti, ma anche dure critiche e tentativi di censura da parte dello stesso Trump, che ha cercato in ogni modo di ostacolarne l’uscita.

L’opera si pone come un’analisi cruda e inquietante dell’ambizione sfrenata, della manipolazione del potere e delle radici di una delle figure più divisive della politica contemporanea.

Analisi Cinematografica

Sceneggiatura e verosimiglianza storica

Gabriel Sherman, noto giornalista investigativo, costruisce la sceneggiatura con una precisione quasi documentaristica, basandosi su fonti storiche, testimonianze e ricostruzioni dettagliate. Il film si concentra sugli anni ‘70 e ‘80, mostrando come Trump (interpretato da Sebastian Stan) sia stato plasmato da Roy Cohn (Jeremy Strong), avvocato legato alla mafia, ai circoli del potere repubblicano e alle tattiche legali spietate.

La verosimiglianza storica è uno dei punti di forza della pellicola: Trump è rappresentato come un giovane imprenditore insicuro ma affamato di successo, che impara da Cohn l’arte della manipolazione, delle cause legali come strumento di intimidazione e dell’assenza di scrupoli morali negli affari. Il film non è una caricatura, ma una rappresentazione fedele e inquietante di come sia nato il “metodo Trump”, ponendo le basi della sua futura carriera politica.

Regia e montaggio

Ali Abbasi, regista iraniano noto per film come Border e Holy Spider, porta il suo stile incisivo e realistico anche in The Apprentice. La regia evita le soluzioni retoriche e i facili moralismi, lasciando che la storia si sviluppi con un ritmo quasi da thriller politico.

Il montaggio, curato da Matyas Fekete, segue una struttura non lineare, alternando momenti chiave dell’ascesa di Trump con flashback che evidenziano il ruolo cruciale di Cohn nel definirne la personalità pubblica e privata. L’uso di immagini d’archivio e di una fotografia che richiama l’epoca contribuiscono a creare una narrazione avvincente e realistica.

Fotografia e atmosfera

La fotografia, curata da Kasper Tuxen, adotta una palette cromatica fredda e cupa, che riflette il mondo spietato in cui Trump e Cohn operano. Le scene ambientate negli uffici degli anni ‘70 e ‘80 hanno un’estetica realistica, quasi documentaristica, mentre le sequenze più intime – come i momenti di formazione tra mentore e allievo – sono immerse in luci soffuse che accentuano il carattere manipolatorio della relazione.

La ricostruzione degli ambienti di New York negli anni ‘70 è accurata e suggestiva: gli uffici opulenti, i club esclusivi e i quartieri in trasformazione trasmettono la sensazione di un’epoca in cui il capitalismo predatorio iniziava a prendere il sopravvento.

Interpretazione degli attori

Uno dei punti di forza del film è l’eccezionale prova attoriale di Sebastian Stan nel ruolo di Donald Trump e Jeremy Strong in quello di Roy Cohn.

• Sebastian Stan riesce a evitare la mera imitazione, offrendo invece un’interpretazione profonda e sfaccettata. Il suo Trump è inizialmente esitante e smanioso di approvazione, ma gradualmente diventa sempre più cinico e calcolatore. L’attore cattura perfettamente il linguaggio del corpo, l’arroganza e il carisma inquietante del futuro presidente, rendendo credibile la sua trasformazione.

• Jeremy Strong, già noto per Succession, è straordinario nel ruolo di Roy Cohn. La sua interpretazione restituisce tutta la brutalità e l’astuzia dell’avvocato, ma anche il suo lato più oscuro e autodistruttivo. La dinamica tra lui e Trump è il cuore pulsante del film, mostrando il passaggio di testimone tra due uomini uniti dalla stessa concezione spietata del potere.

Anche i ruoli secondari, tra cui Maria Bakalova nel ruolo di Ivana Trump, offrono performance credibili e ben calibrate.

Il significato del film nel contesto attuale

“The Apprentice” non è solo un biopic su Trump, ma un’analisi del potere, della manipolazione e dell’assenza di scrupoli nella politica e negli affari. Il film mostra come la cultura dell’inganno, del bullismo legale e della costruzione dell’immagine pubblica abbia radici profonde e continui a influenzare la politica americana.

Il fatto che Trump abbia cercato di bloccare il film con minacce legali e pressioni politiche conferma quanto sia scomodo per la sua immagine. Il film mette a nudo le sue origini e il suo metodo di costruzione del potere, evidenziando il ruolo determinante di Roy Cohn, personaggio che ha insegnato a Trump l’arte dell’attacco preventivo, della diffamazione e della guerra senza regole contro gli avversari.

Il sabotaggio di Trump e la campagna di fundraising

La distribuzione del film è stata fortemente ostacolata dall’entourage di Trump, che ha tentato di bloccarne l’uscita negli Stati Uniti, accusando la produzione di diffamazione e cercando di impedire alle case di distribuzione di acquistarlo. Questo ha reso necessario un fundraising pubblico, con una raccolta fondi per garantire che il film potesse essere visto dal pubblico americano.

Questo episodio conferma quanto il film tocchi un nervo scoperto nella politica americana: raccontare la verità sull’ascesa di Trump è considerato pericoloso, e il tentativo di censura dimostra quanto il suo impatto possa essere significativo nell’opinione pubblica.

Un film imperdibile e coraggioso

“The Apprentice” è un film necessario, che unisce un’eccellente qualità artistica a un forte valore politico e storico. Grazie a una sceneggiatura solida, una regia incisiva e interpretazioni straordinarie, il film non si limita a raccontare un episodio della storia recente, ma diventa un monito sul potere e sulla sua gestione spregiudicata.

Un’opera coraggiosa, capace di stimolare il dibattito e di rivelare aspetti nascosti della costruzione dell’immagine pubblica di Trump, in un’epoca in cui la verità storica rischia di essere distorta o censurata.