Il ritorno di Trump introduce una variabile di instabilità nelle relazioni transatlantiche, richiedendo un adattamento rapido della NATO e dell’UE alle nuove dinamiche geopolitiche. La chiave per garantire la sicurezza euro-atlantica sarà la capacità dell’UE di assumere un ruolo più autonomo e proattivo, rafforzando la propria architettura di difesa e promuovendo una strategia coerente per affrontare le sfide del XXI secolo.

L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel 2025 costituisce un punto di rottura per l’architettura della sicurezza transatlantica, inaugurando una fase di incertezza strutturale nelle relazioni tra l’Unione Europea (UE) e l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). Fin dagli anni della Guerra Fredda, il pilastro fondamentale della sicurezza europea è stato rappresentato dall’impegno statunitense nella difesa collettiva del continente. Tuttavia, la progressiva ridefinizione della postura geopolitica americana, accelerata durante il primo mandato di Trump e ora riaffermata con il suo ritorno alla Casa Bianca, suggerisce un riequilibrio delle priorità strategiche, con una crescente enfasi sulla regione indo-pacifica e un ridimensionamento del coinvolgimento diretto in Europa. Durante il suo precedente mandato, Trump ha più volte messo in discussione il principio della difesa collettiva sancito dall’Articolo 5 del Trattato NATO, accusando gli alleati europei di dipendere eccessivamente dall’ombrello di sicurezza garantito dagli Stati Uniti e sollecitando un aumento significativo della spesa militare da parte degli Stati membri. La sua retorica si è spesso scontrata con le istituzioni europee, alimentando tensioni interne e promuovendo una visione transazionale delle alleanze, basata su un ritorno economico diretto piuttosto che su un impegno strategico a lungo termine. Con il suo ritorno al potere, si delinea il rischio di una revisione unilaterale degli impegni americani, con ripercussioni dirette sulle capacità di deterrenza della NATO e sulla stabilità del sistema di sicurezza collettiva europeo. L’UE si trova quindi di fronte a una duplice sfida: da un lato, garantire la continuità della cooperazione con la NATO, nonostante l’incertezza della politica estera statunitense; dall’altro, sviluppare una capacità autonoma di difesa, rafforzando la Bussola Strategica e promuovendo un’integrazione più profonda tra gli strumenti di sicurezza dell’UE. Il rafforzamento dell’European Defence Fund (EDF), l’implementazione dei progetti PESCO e l’espansione dell’industria della difesa europea sono passi necessari per ridurre la dipendenza tecnologica e strategica dagli Stati Uniti. Tuttavia, questi processi devono essere accompagnati da un ripensamento complessivo del ruolo dell’UE nel panorama globale, superando le tradizionali divisioni interne e sviluppando una cultura strategica comune che consenta un’efficace proiezione di potenza. Parallelamente, la NATO dovrà adattarsi a un contesto in cui il tradizionale garante della sicurezza transatlantica – gli Stati Uniti – potrebbe assumere una posizione più selettiva e meno prevedibile. Questo richiede un rafforzamento della difesa europea, non in contrapposizione alla NATO, ma in complementarità con essa, per evitare che un eventuale disimpegno americano crei un vuoto strategico difficilmente colmabile a breve termine.

La Guerra in Ucraina, la Ridefinizione della Deterrenza e la Sfida della Coesione Atlantica

La guerra in Ucraina nel 2022 ha segnato il più grave sconvolgimento della sicurezza europea dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, accelerando un processo di rafforzamento della NATO e dell’UE nel sostegno a Kiev. La cooperazione transatlantica ha permesso di coordinare una risposta multilivello, con un impegno senza precedenti in termini di assistenza militare, finanziaria e umanitaria. Tuttavia, l’elezione di Trump rischia di compromettere questa strategia, introducendo un elemento di instabilità che potrebbe rimettere in discussione il supporto occidentale all’Ucraina e indebolire il fronte comune contro la Russia. Una riduzione del supporto statunitense comporterebbe effetti sistemici sulla sicurezza dell’Europa orientale, con il rischio di uno stallo prolungato del conflitto o, nella peggiore delle ipotesi, di un consolidamento territoriale russo a discapito dell’Ucraina. In tale scenario, l’UE sarebbe costretta a intensificare il proprio coinvolgimento, non solo attraverso il Fondo Europeo per la Pace, ma anche mediante un rafforzamento diretto della capacità di difesa ucraina, attraverso programmi di addestramento e fornitura di equipaggiamenti avanzati. Dal punto di vista della deterrenza, la NATO dovrà adattare la propria strategia alle nuove incertezze politiche, con un rafforzamento delle difese nei Paesi baltici, in Polonia e lungo il fianco orientale. Tuttavia, il rischio maggiore è rappresentato dall’erosione della credibilità dell’Alleanza Atlantica: qualora gli Stati Uniti mostrassero segnali di distacco, si potrebbe assistere a una maggiore assertività russa, con tentativi di destabilizzazione nei Balcani occidentali e nell’area del Mar Nero. La capacità dell’UE di rispondere efficacemente a queste minacce dipenderà dalla volontà degli Stati membri di investire nella sicurezza comune e di adottare un approccio più proattivo nella gestione delle crisi.

Il Futuro della Geopolitica Transatlantica: NATO, UE e la Proiezione Strategica Oltre l’Europa

Al di là delle dinamiche euro-atlantiche, il ritorno di Trump solleva interrogativi più ampi sulla postura degli Stati Uniti nei confronti della Cina, del Medio Oriente e delle nuove sfide globali. L’Indo-Pacifico è destinato a diventare il principale teatro della competizione strategica tra Washington e Pechino, con un possibile spostamento dell’attenzione americana verso la regione e un conseguente ridimensionamento del coinvolgimento in Europa. Se gli Stati Uniti dovessero concentrare le proprie risorse sul contenimento della Cina, la NATO e l’UE sarebbero chiamate a rafforzare la sicurezza europea in autonomia, con un maggiore impegno nella protezione delle infrastrutture critiche, nella resilienza energetica e nella difesa cibernetica. L’UE potrebbe trovarsi costretta a bilanciare il proprio approccio, evitando di essere trascinata in una dinamica di confronto diretto con Pechino, mentre la NATO potrebbe espandere la propria cooperazione con alleati strategici come Giappone, Australia e Corea del Sud, ridefinendo il proprio ruolo su scala globale. Parallelamente, la crescente instabilità in Medio Oriente – con le tensioni tra Iran e Israele, l’aumento degli attacchi ai flussi energetici nel Mar Rosso e il rischio di una nuova crisi migratoria – richiederà una maggiore presenza europea nelle operazioni di sicurezza regionale. In tale contesto, l’UE dovrà sviluppare capacità di intervento rapido, rafforzando le missioni di stabilizzazione e costruendo partenariati strategici con i principali attori regionali. Infine, la protezione delle infrastrutture critiche diventerà un pilastro centrale della cooperazione UE-NATO, con la necessità di sviluppare strategie comuni per la resilienza delle reti energetiche, delle telecomunicazioni e della logistica militare. La guerra in Ucraina ha dimostrato la vulnerabilità delle infrastrutture essenziali agli attacchi ibridi e cibernetici, rendendo imprescindibile un coordinamento più stretto tra le due organizzazioni.