APPROFONDIMENTI: Il dialogo intergenerazionale, la comprensione, la diffusione della capacità di ascolto, di relazione tra le diverse classi sociali, la conoscenza delle diverse tradizioni e culture popolari si inseriscono nel sentiero di promuovere una specifica competenza: la lettura ragionata della complessità della polis. 

Le difficoltà del momento posso essere grandi opportunità per il futuro delle nostre città. 

Serve fermarsi, osservare, analizzare le storie e le tradizioni. 

Solo dopo questi passaggi è possibile formulare delle policy integrali di lungo periodo, progettando programmi di azione immediati e a breve termine.

Per  innescare nella polis un processo di pensiero costituente e avanguardista  è necessario investire in cammini culturali a tutti i livelli, con un patto educativo per la città, intergenerazionale e interclassista.

La sinfonia delle diversità, è lo sfondo sul quale far muovere una rivoluzione dell’umiltà – soft skill necessaria al policy maker per cogliere l’attuale difficoltà come una leva di opportunità – condividendo l’idea forte di un potere che è servizio,  vocazione alta alla diaconia istituzionale,  processo costituente inter e transdisciplinare di convocazione dei saperi, delle tradizioni, delle competenze e rappresentanze istituzionali: chiavi per co-costruire un futuro possibile.

Oggi viviamo un momento storico dove abbiamo competenza senza rappresentanza e contemporaneamente rappresentanza senza competenza.

Il multilateralismo dal basso come strumento operativo e ideale per tutti i popoli del pianeta deve portare a rendere vivente nel nostro tessuto metropolitano una fratellanza cosmica oltre la cittadinanza politica di appartenenza accompagnando un cammino di ascolto reciproco, di condivisione della prospettiva comune che sappia valorizzare il singolo nel multiplo

Matematicamente la logica non è binaria, ma complessa e moltiplicativa. In tale modello 1+1=3, non c’è sommatoria di esigenze ma prodotto di creatività.

In un processo vivente di sviluppo integrale della città è possibile abbattere i muri delle differenze di quartieri e classi sociali, innescare processi per un nuovo senso di appartenenza cittadina, generare opportunità di promozione e gemellaggio con altre città del mondo.

La bussola programmatica è: “la cultura del dialogo è la via; la collaborazione comune è la condotta; la conoscenza reciproca è metodo e criterio”.

Le città diventano luoghi educativi di promozione culturale, con la C, di democraticizzazione dell’accesso al sapere e del buon vivere, con dignità sociale. 

Le città diventano punti di una rete internazionale per il bene comune, luoghi di opportunità per il noi globale, per sperimentare la qualità della vita, riflettendo sul senso del tempo, del confort, della bellezza del vivere insieme integralmente. 

Dobbiamo puntare sulla nostra capacità di percezione della complessità nella quale siamo immersi, innescando un ascolto empatico dell’ambiente che viviamo in maniera sinergica, promuovendo integralmente  tutti i nostri sensi, valorizzando anche quello che gli occhi non vedono. 

In un mondo sempre più minacciato da conflitti, da crisi sociali, climatiche e ambientali, un patto educativo per le città è allora fondamentale per promuovere un futuro di benessere interale, la pace sociale, di feconda cooperazione per il miglior adattamento alle trasformazioni dettate dal cambiamento climatico. 

Il dialogo, la comprensione, la diffusione della capacità di ascolto, di relazione, la conoscenza delle tradizioni e culture popolari si inseriscono nel sentiero di promuovere una specifica competenza: la lettura ragionata della complessità. Le difficoltà del momento posso essere grandi opportunità per il futuro. Serve fermarsi, osservare, analizzare le storie e le tradizioni. Solo dopo questi passaggi è possibile formulare delle policy integrali, con sguardo, con direzione.

Oggi parliamo di transizione ecologica. La domanda che dobbiamo porci è: 

Transizione verso dove? 

 Abbiamo consapevolezza di dove siamo e dove vogliamo andare o corriamo frettolosamente con una continua emergenza senza avere idea del nostra meta di lungo periodo?

L’ascolto dell’ambiente integrale, delle voci polifoniche provenienti dalle diverse latitudini, dal centro e dalle periferie,  dei silenzi imposti dalle debolezze sociali sono fondamentali per uscire dalla sterilizzazione dell’ esperienza urbana. 

La città feconda è la polis che pensa, che elabora progetti complessi,  luogo di fermento culturale, di convocazione alla bellezza per un futuro nella natura, dove il verde organizzerà gli spazi, dove ragazze e ragazzi di varie culture possano camminare nelle vocazioni di un territorio, assaporando l’innovazione nella tradizione.

Città intelligenti e digitali, in uno sguardo costituzionale e vivente che le porta ad essere soggetti giuridici pubblici al servizio dell’ uguaglianza sostanziale e della solidarietà costituzionalmente garantita. E’ compito delle città ecologico-integrali rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’ uguaglianza impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione dei cittadini alle attività politiche economiche e sociali della polis.

 Le città nel rapporto interno e internazionale, in rete tra di loro dovranno riconoscere  e garantire i diritti inviolabili dell’ uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità civica.

Un cammino di policy per il bene comune che richiede l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale. 

In tale visione di città , 

“ l’ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune”,

 un principio che svolge un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale della polis. E’ l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente. 

Il bene comune presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale”.

Esige anche l’ideazione di servizi per il benessere e la sicurezza sociale, strumenti necessari per lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà circolare. 

Tra questi risalta specialmente la famiglia. 

Infine, il bene comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza”  

La città ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune. 

Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante iniquità, sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali. Il principio del bene comune consente di ripensare gli spazi, il welfare, i servizi sociali, educativi, di trasporto e i servizi culturali. In tale cambio di prospettiva abbiamo un cambio di logica paradigmatica. 

Come indicato da Papa Francesco nell’ enciclica Laudato si’ al n. 48 “L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: «Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera»

La nozione di bene comune coinvolge anche le generazioni future. Le crisi economiche internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé il disconoscimento di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi coloro che verranno dopo di noi. Ormai non si può parlare di sviluppo sostenibile delle città senza una solidarietà fra le generazioni.