Santa Maria Maggiore, la più antica basilica mariana dell’Occidente, è un luogo che intreccia fede, storia e arte. Costruita dopo il Concilio di Efeso del 431, che proclamò Maria Madre di Dio (Theotokos), questa basilica rappresenta un dono di papa Sisto III (432-440) al popolo romano. Con la scritta “Xystus episcopus plebi Dei” sull’arco trionfale, si celebra il legame diretto tra il Vescovo di Roma e il suo popolo, segnando un momento unico nella storia cristiana in cui la costruzione di un edificio sacro avvenne per iniziativa del popolo e non degli imperatori.

Un legame profondo con Betlemme

Sisto III volle riprodurre nella basilica la Grotta di Betlemme, adornandola con frammenti di pietra e mosaici provenienti dalla Terra Santa. L’Oratorio del Presepe, o Camera Praesepi, situato sotto il presbiterio, divenne il cuore pulsante della devozione natalizia. Qui i papi, come san Leone Magno e san Gregorio Magno, celebravano il mistero dell’Incarnazione, consolidando la tradizione che vede Santa Maria Maggiore come centro delle celebrazioni natalizie.

Già nel VII secolo, il Liber Pontificalis la citava come “Sancta Maria ad Praesepe”, nome che evidenziava il suo legame con la Natività. Le memorie dell’infanzia di Gesù, portate a Roma probabilmente da papa Teodoro (642-649) durante l’assedio di Gerusalemme, contribuirono a consacrare la basilica come la “Betlemme di Roma”, definizione attribuita dallo storico Hartmann Grisar.

Un centro di fede e devozione

Dai secoli VIII e IX, i papi arricchirono la cappella con preziosi doni. Gregorio III vi donò una Madonna d’oro tempestata di gemme, mentre Adriano I vi accolse Carlo Magno nel 783. L’Oratorio fu anche teatro di eventi drammatici, come gli attentati a san Martino I (653) e san Gregorio VII (1075), evidenziando la centralità della basilica non solo come luogo di culto, ma anche come centro nevralgico della Chiesa romana.

Tradizioni natalizie e simbolismo

Santa Maria Maggiore fu il fulcro delle celebrazioni natalizie. Nella notte di Natale, il Papa celebrava la prima messa nella Cappella del Presepe, seguendo una processione che attraversava Roma per giungere alla basilica. La tradizione di accendere fuochi di stoppa pendenti dalle colonne, simboleggiando la seconda venuta di Cristo, sopravvisse per secoli.

Anche santi come Ignazio di Loyola, san Filippo Neri e san Gaetano da Thiene trovarono in questo luogo un profondo legame spirituale. Ignazio celebrò qui la sua prima messa nel 1538, mentre san Gaetano ebbe un’apparizione del Bambino Gesù nella notte di Natale del 1517.

Il Presepe di Arnolfo di Cambio

Nel XIII secolo, Niccolò IV commissionò ad Arnolfo di Cambio il più antico presepe scolpito della storia. Realizzato tra il 1290 e il 1292, questo capolavoro rappresentava i Magi, Maria, Giuseppe e il Bambino con un’intensità che coinvolgeva lo spettatore. Sebbene oggi ne rimangano solo frammenti, il presepe conserva la sua forza evocativa.

Reliquie e rischi

Le reliquie della mangiatoia, attribuite al tempo di Gesù e realizzate in legno di acero rosso della Palestina, scampate al saccheggio del 1527 e alle truppe francesi del 1798, trovano oggi posto nella cripta sotto l’altare maggiore. Pio IX ne promosse il culto dopo il dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854.

Santa Maria Maggiore è molto più di una basilica: è un ponte tra Roma e Betlemme, tra il tempo e l’eternità. Nel cuore dell’Esquilino, essa custodisce la memoria viva del Natale, rappresentando un luogo di fede e bellezza che continua a ispirare generazioni di fedeli. Qui, nella “Betlemme d’Occidente”, si rinnova il mistero della Natività, invitando i pellegrini ad adorare il Bambino Gesù e a riflettere sull’Incarnazione come dono divino e umano al tempo stesso.