Nella notte tra venerdì e sabato, il conflitto tra Russia e Ucraina ha vissuto un nuovo capitolo di violenza, mentre a livello diplomatico si discute un possibile cessate il fuoco. Oltre 100 droni sono stati lanciati su entrambi i fronti, colpendo infrastrutture critiche e alimentando il dubbio che la pace possa davvero essere un’opzione percorribile nel breve termine.

Il presidente russo Vladimir Putin, dopo aver incontrato l’inviato statunitense Steve Witkoff, ha dichiarato di essere aperto a una tregua di 30 giorni, ma ha anche posto condizioni che rendono il negoziato ancora incerto. Kiev, dal canto suo, ha già espresso sostegno alla proposta, ma teme che Mosca stia solo guadagnando tempo.

La diplomazia tra calcoli politici e nuove offensive

L’ipotesi di un cessate il fuoco, sebbene sia un primo spiraglio, si scontra con la realtà sul terreno. Gli attacchi notturni dimostrano che né Mosca né Kiev sembrano pronte ad abbassare la guardia. L’Ucraina ha abbattuto circa 130 droni russi, mentre altre decine hanno colpito infrastrutture energetiche nelle regioni di Dnipropetrovsk e Odessa, lasciando molte abitazioni senza elettricità.

Dall’altro lato, la Russia ha subito l’ennesimo attacco alla raffineria di Volgograd, già presa di mira più volte negli ultimi mesi. Il governatore Andrei Bocharov ha confermato che un incendio è divampato a causa dei droni ucraini, ma non ha fornito ulteriori dettagli sui danni.

Le parole del primo ministro britannico Keir Starmer, che ha esortato gli alleati a “mantenere la pressione” su Putin, confermano che in Occidente c’è scetticismo sulle reali intenzioni russe. L’idea che il Cremlino possa usare la tregua per riorganizzarsi militarmente è un timore diffuso, e Kiev non nasconde il sospetto che l’offerta diplomatica sia solo una tattica dilatoria.

Un fronte che non si arresta

Intanto, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha denunciato l’ammassarsi di truppe russe lungo il confine, segnale che, al di là delle dichiarazioni, Mosca non sembra intenzionata a rallentare il conflitto. Ha anche risposto alle dichiarazioni di Donald Trump, il quale aveva parlato di “migliaia” di soldati ucraini accerchiati nella regione russa di Kursk. Zelenskyy ha smentito con fermezza, ribadendo che le truppe ucraine stanno mantenendo la loro presenza in quell’area e negando qualsiasi assedio.

Nel frattempo, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha discusso telefonicamente con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov per definire i prossimi passi diplomatici. La conversazione ha fatto seguito agli incontri in Arabia Saudita, ma resta da vedere se porterà a un effettivo progresso.

Uno scenario sospeso tra speranza e realtà

La possibilità di una tregua resta sul tavolo, ma è difficile credere che possa trasformarsi in una vera strada verso la pace. Gli attacchi aerei e l’escalation lungo il confine suggeriscono che la guerra non si fermerà con la firma di un documento, né con un accordo temporaneo di 30 giorni.

Più che un vero negoziato di pace, sembra una partita a scacchi, con Mosca che cerca di mantenere l’iniziativa e Kiev che non vuole concedere vantaggi strategici. La diplomazia, per ora, si muove sul filo della tensione, mentre sul terreno la guerra continua senza tregua.