La denuncia dell’ONG Oxfam, ripresa dal quotidiano belga “Het Laaste Niews”, ha portato alla luce un problema gravissimo e persistente nell’industria del cioccolato: lo sfruttamento del lavoro minorile, spesso in condizioni di schiavitù, nelle piantagioni di cacao in Ghana e Costa d’Avorio. Secondo queste fonti, oltre 100.000 bambini lavorano in questo settore in Africa occidentale, e almeno 15.000 di essi sono ridotti in condizioni servili.

Una realtà sconvolgente

I dati forniti sono allarmanti. Molti di questi bambini provengono dal Mali, venduti dai loro stessi genitori ai mercanti di uomini per cifre irrisorie, intorno ai 30 dollari USA. Una volta giunti nelle piantagioni, il loro destino è segnato: trasportare e lavorare il cacao per trasformarlo in polvere di cioccolato, con orari di lavoro massacranti e in condizioni inumane. Questo sfruttamento non solo priva questi bambini della loro infanzia e del diritto all’istruzione, ma li espone anche a gravi rischi per la salute fisica e psicologica.

La schiavitù perpetuata dagli stessi africani

Un aspetto particolarmente inquietante di questa moderna schiavitù è il ruolo degli stessi africani nel ridurre in schiavitù i propri simili. Le famiglie spesso vendono i propri figli ai mercanti di uomini per motivi economici, intrappolati in un ciclo di povertà che sembra non avere fine. Questo sistema di sfruttamento non è nuovo: le pratiche di schiavitù interna hanno radici profonde nella storia africana, sebbene si sperasse che fossero state superate.

Il legame con la schiavitù storica negli Stati Uniti

Questo sfruttamento moderno trova inquietanti paralleli con la schiavitù storica negli Stati Uniti. Dal 1619, quando i primi schiavi africani furono portati in Virginia, fino all’abolizione con il 13° Emendamento nel 1865, milioni di africani e i loro discendenti furono costretti a lavorare nelle condizioni più disumane. Questi secoli di oppressione non solo causarono sofferenze incommensurabili, ma permisero anche a molte di trarre enormi profitti a spese delle vite degli schiavi.

La schiavitù negli Stati Uniti fu particolarmente radicata nel Sud, dove le piantagioni di tabacco, riso, indaco e, soprattutto, cotone, richiedevano una quantità immensa di manodopera. L’invenzione della sgranatrice di cotone nel 1793 aumentò ulteriormente la domanda di schiavi, consolidando l’economia della schiavitù nel Sud. Tuttavia, l’idea che la schiavitù fosse limitata al Sud è un mito. Anche il Nord traeva profitto da questa istituzione. Le banche settentrionali finanziavano le piantagioni del Sud, e le fabbriche tessili del Nord trasformavano il cotone coltivato dagli schiavi in tessuti venduti in tutto il mondo.

Le similitudini tra passato e presente

Gli abusi subiti dagli schiavi erano inimmaginabili. Sradicati dalle loro terre, gli africani furono sottoposti a condizioni brutali durante il viaggio attraverso l’Atlantico e, una volta arrivati, furono trattati come proprietà, senza diritti e soggetti alla crudeltà dei loro proprietari. Le famiglie erano frequentemente separate, e gli schiavi erano spesso vittime di violenze fisiche e psicologiche.

Oggi, i bambini sfruttati nelle piantagioni di cacao vivono una realtà che, sebbene differente per contesto e modalità, richiama per certi versi le sofferenze degli schiavi del passato. Sradicati dalle loro comunità, questi bambini sono trattati come meri strumenti di produzione, privati dei loro diritti fondamentali e costretti a lavorare in condizioni estreme.

Il ruolo delle grandi aziende dolciarie

Non si può ignorare il ruolo delle grandi aziende dolciarie europee in questa catena di sfruttamento. Queste compagnie sono tra i principali clienti delle piantagioni incriminate e, nonostante le dichiarazioni di intenti, spesso non sono in grado di garantire che la materia prima utilizzata sia priva di lavoro minorile. Tuttavia, alcuni progressi sono stati fatti: dal 2009, molte aziende si sono impegnate a lavorare con cacao certificato da Rainforest Alliance, un’organizzazione che si occupa di certificare le pratiche sostenibili nelle piantagioni. Le piantagioni che impiegano lavoro minorile perdono automaticamente questo riconoscimento, un passo avanti importante, ma ancora insufficiente.

Le contraddizioni del Mali

Un altro aspetto fondamentale della questione riguarda il Mali, paese di provenienza di molti dei bambini schiavizzati. Secondo un’inchiesta della BBC, la situazione politica del Mali è relativamente stabile e l’economia sembra beneficiare del turismo internazionale. Tuttavia, queste apparenze nascondono una realtà molto diversa: la maggior parte della popolazione vive con meno di un dollaro USA al giorno. Le contraddizioni sono evidenti: mentre una piccola parte della popolazione beneficia dei progressi economici, la maggioranza vive in condizioni di estrema povertà, costringendo le famiglie a scelte disperate, come la vendita dei propri figli.

Il progetto pilota della Georgetown University e il ruolo di JPMorgan

JPMorgan Chase, una delle più grandi banche americane, ha recentemente riconosciuto il proprio coinvolgimento storico nella schiavitù. Tra il XVIII e il XIX secolo, alcune delle banche che oggi fanno parte di JPMorgan avevano finanziato piantagioni di schiavi e accettato schiavi come garanzia per i prestiti. 

Un esempio di come si possa affrontare il problema dello sfruttamento e della schiavitù moderna è rappresentato dal progetto pilota della Georgetown University. L’università, consapevole del proprio passato legato alla schiavitù, ha intrapreso un’iniziativa per riparare i danni causati dallo sfruttamento dei lavoratori. Nel XIX secolo, l’università vendeva schiavi per sostenere le proprie finanze. Oggi, cerca di includere pratiche etiche e sostenibili nelle sue operazioni, sostenendo la certificazione del cacao e garantendo che i prodotti utilizzati non siano frutto di sfruttamento.

Questa iniziativa si propone di creare un modello replicabile per altre istituzioni, promuovendo trasparenza nelle filiere produttive e responsabilità sociale. Le aziende possono trarre ispirazione da questo approccio per implementare politiche più etiche e garantire che i loro prodotti non siano macchiati dal sangue e dal sudore dei bambini schiavizzati.

Conclusione

La questione del lavoro minorile nell’industria del cacao rappresenta una delle più gravi ingiustizie del nostro tempo. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questa realtà, né possiamo accettare che il piacere del cioccolato venga macchiato dal sangue e dal sudore di migliaia di bambini. È necessario un impegno concreto e continuativo da parte delle aziende dolciarie, dei governi e delle organizzazioni internazionali per eliminare il lavoro minorile dalle filiere produttive e garantire condizioni di vita dignitose per tutti i bambini. Solo così potremo assaporare il cioccolato con la consapevolezza che nessun bambino è stato sfruttato per produrlo.