“Siamo tutti sulla stessa pista”, cioè “facciamo tutti lo stesso cammino”.
Questa era la frase che soleva ripetere Padre Simon Mpeke, sacerdote camerunese dal volto emaciato, dalla barbetta bianca e dalla tonaca lisa di color crema.
In linea teorica potrebbe diventare il primo camerunese ad essere beatificato e poi canonizzato.
Pochi lo conoscono con il suo nome di nascita, Simon Mpeke.
D’altra parte, una buona parte dei camerunesi ricorda di aver sentito parlare delle azioni di “Baba Simon”.
Negli anni 1960 e 1970, questo presbitero aveva sfidato il caldo e le intemperie per portare la buona parola ai poveri e agli oppressi negli angoli più remoti del paese, come tra i Kirdi, tra il nord del Camerun e del Ciad.
Fu infatti il primo missionario fidei donum camerunense nel Nord del Paese, abitato da popolazioni di origine sudanese, che si trovavano sotto l’influenza dei musulmani mentre le popolazioni della montagna erano legate alle religioni tradizionali.
Nel 1959 iniziò la sua missione a Mayo-Ouldémé, presso i Piccoli Fratelli di Gesù e, nel 1960, si trasferì a Tokombéré, nell’attuale diocesi di Maroua-Mokolo.
Simon Mpeke nasce in una famiglia di contadini pagani dell’etnia Bakoko. Terminati gli studi nella scuola della missione cattolica dei Pallottini tedeschi, chiese il Battesimo, che ricevette il 14 agosto 1918, dagli Spiritani francesi.
Sull’esempio del figlio anche il padre si battezzò, ma non riuscì a vedere la sua ordinazione sacerdotale perché lasciò prematuramente questa terra.
La decisione di valutare l’elevazione agli onori degli altari è stata presa a seguito di una procedura avviata già nel 1985 per analizzare la vita del prelato e determinare se fosse in grado di riconoscere, un giorno la sua eroicità.
L’inchiesta chiusa nel 2012 ha chesto un altro decennio prima che il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per la Causa dei Santi, ufficializzasse il 20 maggio il decreto di Papa Francesco.
Secondo i criteri della Chiesa romana, un venerabile può accedere alla beatificazione e allo status di beato se il Vaticano “valida” un miracolo operato dal candidato. Se un secondo miracolo fosse autenticato dopo la beatificazione, Baba Simon potrebbe persino essere la canonizzato, cioè dichiarato santo.
Accade, infatti che all’interno del proprio Paese, dove ci sono aree più sviluppate ed altre meno, più cristianizzate e meno cristianizzate, i sacerdoti preferiscono una condizione sedentaria e comoda “dove si sta meglio”, per non parlare di chi preferisce stabilirsi da prete nei Paesi ricchi.
Baba Simon, che riposa nella cattedrale del Sacro Cuore di Mbanda, a Edea, era di leggendaria disponibilità, e viveva lo spirito di povertà, di abbassamento e di umiltà.
È questo che lo rendeva grande agli occhi di Dio.
Nel 2009, durante il suo viaggio in Camerun, Papa Benedetto XVI aveva anche presentato padre Simon Mpeke come un simbolo di santità e castità, e un esempio da seguire per i sacerdoti del paese.
Figura dell’unità del Camerun
Al di là dell’aspetto strettamente religioso, Baba Simon, questo “cantore della kirditudine”, è anche una delle figure dell’unificazione del paese, in particolare tra Nord e Sud.
Nel 1924, allora insegnante, entrò nel seminario minore di Yaoundé.
Undici anni più tardi, dopo aver lasciato la sua fidanzata, il sacerdote è tra i primi otto camerunesi ad essere ordinato presbitero.
Lavorò per dodici anni come vicario nella missione di Ngovayang. Nel 1947 fu nominato vicario parrocchiale e, due anni dopo, parroco di una grande parrocchia indigena a New-Bell Douala.
A Douala conosce Suor Magdeleine (Hutin del suo nome), fondatrice delle Piccole Suore di Gesù, e il padre francese René Voillaume, fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù e delle Piccole Suore del Vangelo.
Diventa nel 1953, il primo responsabile in Africa dell’Istituto secolare dei fratelli di Gesù, Baba Simon inizia, sei anni dopo, il suo viaggio verso il nord del Camerun.
Si stabilì quindi a Tokombéré, tra i Kirdis.
Ha percepito la necessità dell’unità del paese, e l’ha vissuta e trascesa.
Il suo percorso è il simbolo di una comunione spirituale della Chiesa, del Nord e del Sud, dei camerunesi, che appartengono a una sola patria.
“Baba Simon è stato considerato, durante la sua vita, come qualcuno che ha unito il Sud e il Nord”, riassume padre Grégoire Cador, autore di un libro sull’eredità del prelato camerunese (Lo chiamavamo Baba Simon, Presses de l’UCAC, 2013).
“Per noi Baba Simon è ancora vivo”, sostiene Jean Oumarou, un giovane del movimento carismatico a Douala.
Un documentario in lingua francese ne ritrae le gesta attraverso la sua viva testimonianza.
Al giornalista che gli chiede se non senta la nostalgia di ritornare sulla costa atlantica da dove è partito risponde: “sono tante le tentazioni, ma lasciare questa gente è l’unica che non mi fiora neppure come idea”.
La telecamera segue Baba Simon sui ripidi sentieri della montagna che portano ai villaggi. Incontra sommi sacerdoti che lo considerano lui stesso un sommo sacerdote. Baba Simon parla dei sacrifici offerti a Dio dai contadini per ottenere la pioggia, buoni raccolti, per avere figli…
Per il popolo Mada, è Dio che ci ha generati. Il rito centrale del culto del popolo Mada nella montagna è il sacrificio del bue. Ogni capofamiglia ha un altare, e il sommo sacerdote ha anche il suo.
Baba Simon spiega a lungo il suo ruolo tra questi popoli che credono in Dio, vale a dire che Gesù si è incarnato nella natura umana.
Baba Simon racconta la storia del bambino che aveva mandato al collegio e che è morto in un incidente d’auto.
Gli uomini avevano simulato un attacco alla chiesa lanciando una lancia, i notabili li rimproverarono.
Per il loro perdono, Baba Simon disse loro di chiedere a Dio: “non siete cristiani, sistematevi tra di voi”.
Il sommo sacerdote chiese loro di fare un sacrificio di una pecora bianca accanto alla chiesa.
Il film si conclude con la celebrazione della messa alla missione, tra letture e canti.
Fedele al Vangelo e vedendo in Cristo il compimento delle speranze presenti anche in altre Confessioni religiose, favorì il lento passaggio di non cristiani alla conoscenza di Gesù.
S’impegnò per la promozione umana attraverso la scuola e l’ospedale, superando molti pregiudizi, come quello che considerava la malattia una punizione divina.
Esercitò la fede e la carità in modo straordinario.
Significativo fu l’incontro con un capo Kirdi al quale Baba Simon parlò di fratellanza secondo l’accezione cristiana.
Insieme alla fama sanctitatis, il Servo di Dio gode anche di una significativa fama signorum.