A poche ore dalle elezioni federali in Germania, un’analisi condotta da Global Witness ha portato alla luce un dato inquietante: gli algoritmi di TikTok e X (ex Twitter) stanno amplificando in modo sproporzionato contenuti favorevoli all’estrema destra, in particolare al partito Alternative für Deutschland (AfD).

Questa scoperta non è una sorpresa, ma una conferma di una tendenza sempre più preoccupante: i social network, concepiti come strumenti neutrali per la condivisione di informazioni, stanno diventando potenti agenti di influenza politica, con un impatto diretto sulla percezione pubblica e, potenzialmente, sui risultati elettorali.

L’ombra della distorsione algoritmica

L’indagine ha rivelato che il 78% dei contenuti politici consigliati agli utenti di TikTok – provenienti da account non seguiti dai profili test – erano favorevoli all’AfD. Su X, questa percentuale scende al 64%, mentre su Instagram si attesta al 59%.

Questi numeri sono ampiamente sproporzionati rispetto al reale consenso elettorale dell’AfD, che si aggira intorno al 20% nei sondaggi. Il fatto che un partito ottenga una visibilità così amplificata non è un semplice errore statistico, ma il risultato di un design algoritmico che premia l’engagement sopra ogni altro criterio.

Perché gli algoritmi spingono a destra?

Per comprendere il fenomeno, bisogna partire da un dato fondamentale: gli algoritmi di raccomandazione sono progettati per massimizzare il coinvolgimento degli utenti. E cosa genera maggiore interazione? Contenuti polarizzanti, divisivi e spesso sensazionalistici.

La politica di estrema destra, con la sua retorica incendiaria su immigrazione, sovranismo e identità nazionale, genera reazioni forti, sia di consenso che di indignazione. E gli algoritmi, ciechi alle implicazioni politiche, premiano ciò che mantiene gli utenti incollati allo schermo.

Non si tratta necessariamente di una cospirazione deliberata, come sostiene Ellen Judson di Global Witness, ma di una conseguenza diretta della logica commerciale che guida i social mediaLe piattaforme non sono pensate per garantire un’informazione equilibrata, ma per massimizzare il tempo trascorso dagli utenti sulle loro pagine.

Il pericolo per la democrazia

L’impatto di questa distorsione è profondo. Quando il discorso pubblico è manipolato da un algoritmo, la democrazia stessa viene alterata.

1. Gli utenti non ricevono un’informazione bilanciata, ma una visione distorta della realtà, dove un partito appare molto più influente di quanto non sia realmente.

2. Il dibattito politico viene polarizzato, perché gli utenti sono esposti in modo sproporzionato a contenuti che rafforzano le loro convinzioni, anziché metterle in discussione.

3. Si crea un’illusione di consenso, con il rischio che alcuni elettori indecisi, vedendo una preponderanza di contenuti a favore dell’AfD, siano influenzati nel loro voto.

Non è un fenomeno nuovo: già nel 2021, uno studio interno di Twitter aveva rivelato che i suoi algoritmi favorivano i contenuti di destra rispetto a quelli di sinistra. E ricerche simili sono emerse in occasione delle elezioni in Stati Uniti, Irlanda e Romania.

Il ruolo di Elon Musk e la normalizzazione dell’estrema destra

La posizione di X è particolarmente ambigua. Elon Musk, il proprietario della piattaforma, ha espresso apertamente sostegno all’AfD, invitando gli elettori tedeschi a votare per il partito e concedendo alla sua leader, Alice Weidel, un’intervista trasmessa in diretta sulla piattaforma.

Questo crea un corto circuito pericoloso:

• Musk controlla direttamente l’algoritmo di X, e non sappiamo se vi siano state modifiche deliberate per spingere la narrazione dell’estrema destra.

• Il miliardario ha un’enorme influenza, con il profilo più seguito sulla piattaforma, capace di plasmare il dibattito pubblico in modo significativo.

• X si è posizionata come “paladina della libertà di espressione”, ma questo si è tradotto nella diffusione senza filtri di propaganda politica, spesso senza alcuna verifica.

Il silenzio di X di fronte ai risultati dell’indagine di Global Witness è emblematico. Nessuna smentita, nessuna spiegazione, nessuna trasparenza. Solo una piattaforma che continua a funzionare come un megafono per la propaganda, senza rendere conto a nessuno.

L’illusione della trasparenza e i limiti dell’Unione Europea

L’Unione Europea ha provato a intervenire, introducendo il Digital Services Act (DSA) per garantire maggiore trasparenza sugli algoritmi delle grandi piattaforme. Ma, come sottolinea Judson, la normativa non è ancora stata pienamente attuata, e le aziende tecnologiche continuano a proteggere i loro sistemi con il segreto commerciale.

In teoria, l’UE ha il potere di imporre multe fino al 6% del fatturato globale alle piattaforme che violano le regole. Ma finora, nessuna sanzione è stata applicata nel settore dell’integrità elettorale.

Il rischio è che la regolamentazione arrivi troppo tardi, quando i danni saranno ormai irreparabili. La lentezza delle istituzioni europee è in contrasto con la velocità con cui gli algoritmi possono alterare la percezione della realtà.

La democrazia è impreparata alla sfida digitale

I social media non sono semplici strumenti di comunicazione, ma agenti attivi nella formazione dell’opinione pubblica. E quando gli algoritmi diventano distorsioni invisibili, la politica stessa ne esce trasformata.

Oggi la domanda non è più se i social influenzino le elezioni, ma quanto profondamente lo stiano già facendo.

Se non si interviene rapidamente, rischiamo di trovarci di fronte a un sistema in cui le elezioni sono decise non più dai cittadini, ma dagli algoritmi di piattaforme private, guidate da interessi commerciali o da bias ideologici invisibili.

E a quel punto, sarà troppo tardi per tornare indietro.