L’attuale crisi in Sudan è una delle peggiori guerre nel mondo, con circa 150.000 morti, nove milioni di sfollati e 25 milioni di persone che necessitano di aiuti di emergenza. Nonostante queste cifre impressionanti, la comunità internazionale sembra in gran parte ignorare la tragedia. Mentre l’attenzione è rivolta altrove, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita stanno cercando di espandere la loro influenza sulle fazioni in guerra nel paese.
La guerra civile in Sudan è una lotta tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) sotto il generale Abdel Fattah al-Burhan e le Forze di Supporto Rapido (RSF) guidate dal generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo. Ma è anche una battaglia per l’egemonia regionale tra l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Mentre Riyadh sostiene Burhan, gli Emirati Arabi Uniti appoggiano Hemeti con armi e denaro, in un tentativo di ampliare la propria influenza economica e militare in Africa.
Le motivazioni dietro il coinvolgimento dei due stati del Golfo sono complesse. Gli Emirati Arabi Uniti vedono nel Sudan una risorsa preziosa, con abbondanti risorse naturali come oro e petrolio, oltre a una posizione strategica sul Mar Rosso. Per l’Arabia Saudita, invece, la priorità è la sicurezza alimentare e il controllo delle rotte commerciali marittime cruciali. Entrambi i paesi vedono nel Sudan una possibilità di rafforzare la propria posizione regionale, ma con obiettivi diversi.
L’attuale conflitto è una prova della loro rivalità. Gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, sono tra i maggiori investitori in Africa e hanno sostenuto la RSF, che ora controlla gran parte di Khartoum e altre aree strategiche. Dall’altra parte, l’Arabia Saudita ha cercato di mediare una soluzione diplomatica, ma i suoi sforzi sono stati complicati dal coinvolgimento degli Emirati.
La situazione potrebbe degenerare ulteriormente, con il rischio di una frammentazione del Sudan lungo linee etniche e tribali, simile a quanto avvenuto in Libia e Somalia. Questo scenario darebbe agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita l’opportunità di sfruttare le risorse sudanesi, ma potrebbe anche portare a una destabilizzazione regionale più ampia.
La comunità internazionale dovrebbe prestare maggiore attenzione alla crisi in Sudan, che è già la più grande crisi mondiale di sfollati. Il silenzio globale su questa tragedia consente ai rivali del Golfo di continuare a manipolare la situazione per i propri scopi, con il rischio che le conseguenze del conflitto si espandano oltre i confini del Sudan.
Mentre il mondo è distratto da altri conflitti, la guerra civile in Sudan continua a peggiorare, e il futuro del paese rimane incerto. I due rivali del Golfo sono pronti a raccogliere i frutti del loro intervento, ma a che prezzo per il popolo sudanese?
Davvero interessante. Come al solito due belligeranti si fanno la guerra sul suolo e sul sangue altrui. Uno scandalo di cui pochi parlano e sanno.