EDITORIALE: L’ultima giornata parlamentare è stata il palcoscenico di una delle più tristi rappresentazioni della politica italiana. Un’atmosfera avvelenata dalla violenza fisica e verbale ha messo in luce un problema che affligge da tempo le nostre istituzioni: l’assenza di dialogo e il prevalere degli interessi di parte, che spesso sono più legati al potere e all’ideologia che al bene comune.
La seduta di ieri alla Camera dei deputati, dove si discuteva la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, si è trasformata in un campo di battaglia. Insulti, proteste e infine una rissa con tanto di pugni, hanno offuscato qualsiasi possibilità di confronto civile. Questo episodio, purtroppo, non è un incidente isolato, ma il sintomo di una deriva più profonda.
La segretaria del PD, Elly Schlein, e il presidente del M5s, Giuseppe Conte, hanno chiesto l’interruzione dei lavori, denunciando un clima di violenza insostenibile. Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, è stato costretto a sospendere la seduta, segnando così un triste capitolo nella storia parlamentare. L’episodio segue una giornata segnata dall’approvazione in Senato degli articoli 5 e 6 del premierato, una riforma che le opposizioni vedono come un attacco frontale alla democrazia e alla coesione nazionale.
La verità è che chi detiene la maggioranza in Parlamento sembra agire con una logica di prevaricazione, perseguendo obiettivi che rispondono più a interessi di potere e a spinte ideologiche che non al bene del Paese. La riforma sull’autonomia differenziata e quella sul premierato, per esempio, sono presentate come necessarie per modernizzare il sistema istituzionale, ma in realtà nascondono un tentativo di consolidare il controllo da parte di pochi, smantellando principi fondamentali della nostra Costituzione.
L’opposizione, pur con tutti i suoi limiti e divisioni, cerca di far sentire la propria voce, ma si scontra con un muro di arroganza e intolleranza. Gli episodi di ieri, con le bandiere tricolore alzate e l’inno di Mameli cantato a gran voce, sono simboli di una resistenza che tenta di ricordare a tutti noi cosa è in gioco: l’unità e l’integrità della nostra Repubblica.
Ma la vera sconfitta, in questa situazione, è del popolo italiano, che assiste impotente a uno spettacolo indecoroso. Invece di un dialogo costruttivo e di un confronto basato sui contenuti, vediamo un Parlamento in cui prevale la violenza e l’insulto. Chi dovrebbe rappresentarci e lavorare per il nostro futuro si comporta come in un’arena, dove conta solo sopraffare l’avversario.
È tempo che chi detiene la maggioranza ricordi il significato del mandato ricevuto dagli elettori. La politica non dovrebbe essere una lotta di potere, ma un servizio al Paese. La capacità di ascoltare, di mediare e di trovare soluzioni condivise è ciò che distingue una democrazia matura da una dittatura della maggioranza.
L’Italia merita di più di questo spettacolo vergognoso. Merita un Parlamento in cui il dialogo sia la norma e non l’eccezione, dove le riforme siano il frutto di un confronto leale e rispettoso delle diverse posizioni. Solo così potremo costruire un futuro all’altezza delle nostre aspirazioni e delle nostre tradizioni democratiche.