Il settore delle telecomunicazioni in Italia si trova di fronte a un punto di svolta epocale. Nonostante l’importanza strategica delle infrastrutture digitali per l’intero Paese, il mercato è ormai saturo e soffre di una crescente perdita di valore. Oggi, ci sono circa 1,3 SIM per abitante e l’85% delle linee fisse è già connesso alla banda larga, ma la domanda non cresce più come in passato. In questo contesto, la trasformazione tecnologica – dal 4G al 5G per il mobile e dall’ADSL alla fibra Ftth per il fisso – diventa la principale spinta evolutiva, ma comporta costi elevati e sfide competitive sempre più complesse.

La competizione feroce e i problemi del modello europeo

Il modello europeo basato su una concorrenza infrastrutturale, che avrebbe dovuto teoricamente favorire l’efficienza del mercato, si è rivelato una lama a doppio taglio. Se da un lato ha garantito benefici per i consumatori in termini di prezzi, dall’altro ha reso difficile per gli operatori mantenere sostenibilità economica e investimenti a lungo termine. Il risultato è un mercato iper-competitivo, dove qualsiasi tentativo di consolidamento, come una fusione da 4 a 3 operatori mobili, è ostacolato, anche se esperienze come quelle degli Stati Uniti mostrano che tale riduzione potrebbe rafforzare il settore senza necessariamente peggiorare l’offerta.

Una crisi strutturale: crollo dei ricavi e alta pressione sugli investimenti

Nel frattempo, il valore del mercato continua a contrarsi: la connettività fissa e mobile, che valeva 21 miliardi di euro nel 2020, è scesa a 19,5 miliardi nel 2023. Nonostante l’aumento della domanda di servizi ITC aziendali (come cloud e cybersecurity), il trend negativo persiste. Gli operatori “infrastructure heavy” devono investire tra il 15 e il 25% del loro fatturato, mentre quelli wholesale arrivano fino al 60%, comprimendo i margini e rendendo difficile remunerare il capitale investito. Il RoCE medio degli operatori europei è solo del 6%, ben al di sotto dei tassi negli Stati Uniti (oltre il 10%).

Nuovi modelli: separazione infrastrutturale e piattaforme digitali

Per rispondere a queste sfide, il settore deve ripensare il proprio modello operativo. La condivisione delle reti e la separazione tra infrastruttura e servizi possono rappresentare una soluzione per migliorare l’efficienza, sfruttando le economie di scala. Inoltre, con l’avvento del 5G e del “network slicing”, gli operatori avranno l’opportunità di segmentare meglio la domanda e diversificare l’offerta con servizi a valore aggiunto, come applicazioni IoT e servizi avanzati per le imprese.

L’importanza dell’innovazione e della cooperazione

In questo scenario, nessun operatore può affrontare da solo le sfide della transizione digitale. Sarà cruciale costruire ecosistemi di partnership con aziende tecnologiche e sviluppare nuovi servizi cloud-native. Gli investimenti dovranno concentrarsi su reti sempre più automatizzate e “software-driven”, dove l’intelligenza artificiale guiderà gran parte delle operazioni, riducendo i costi e migliorando l’efficienza.

Un settore che deve reinventarsi

Le telecomunicazioni italiane non possono più basarsi solo sulla competizione di prezzo. Serve una visione strategica che vada oltre la battaglia per il consumatore, puntando a costruire un ecosistema digitale capace di abilitare la crescita di nuovi settori e di rendere l’Italia competitiva su scala globale.