La Pontificia Università Lateranense ha ospitato in questi giorni il Congresso internazionale “Eredità e immaginazione”, un evento di portata storica che si è concluso oggi, promosso dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione. L’incontro ha riunito oltre 500 teologi e teologhe, provenienti da ogni angolo del globo, con l’intento di immaginare nuovi percorsi per la teologia del futuro, in risposta alle sfide del nostro tempo.

Un soffio di novità

Il congresso, introdotto ieri dall’udienza del Santo Padre, si è articolato attorno a un principio guida: trasformare l’eredità della teologia in immaginazione creativa. Durante l’evento, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero organizzatore, ha sottolineato come questa esperienza sinodale sia una profezia condivisa, un laboratorio di comunione che vuole abbracciare la pluralità ecclesiale senza perdere di vista l’unità.

Nel suo intervento, il cardinale ha ricordato che la Chiesa, ispirandosi al Concilio Vaticano II, è chiamata a superare una visione difensiva e chiusa, aprendosi al dialogo con il mondo. La teologia, come ha ribadito Papa Francesco nella Evangelii gaudium, non è solo un sapere specialistico, ma un servizio che illumina la missione della Chiesa di arrivare a tutti, offrendo spazi di libertà e riconciliazione.

Memoria e immaginazione

Al centro del congresso è stato posto il binomio “memoria e immaginazione”, un invito a rileggere la tradizione alla luce delle sfide contemporanee. Tolentino ha evidenziato che il teologo non è solo uno studioso del passato, ma anche un profeta del futuro, capace di riconoscere i segni della redenzione e di immaginare nuovi cammini per la Chiesa e l’umanità.

L’immaginazione cristiana, ha sottolineato, non è fantasia, ma un esercizio critico e trasformativo, che guarda il mondo come dovrebbe essere, illuminato dalla promessa di salvezza di Dio. Questa visione richiede non solo intelligenza, ma anche “mani” pronte a operare, come segno tangibile di comunione e speranza.

Un evento sinodale e globale

Uno degli aspetti distintivi del congresso è stata la sua dimensione sinodale, riflessa nella partecipazione di teologi provenienti da tutte le principali macroaree geografiche e culturali. Questa diversità ha rappresentato il volto poliedrico della Chiesa, che si pone come luogo di incontro e riconciliazione per tutta l’umanità.

Il documento finale del congresso sarà frutto di un lavoro collettivo, basato su contributi raccolti nei mesi precedenti e sui tavoli di studio facilitati da dottorandi e giovani ricercatori. Questo metodo, definito dal cardinale “insolito”, vuole essere un modello di sinodalità teologica, in linea con il percorso tracciato dal Sinodo sulla sinodalità.

Un invito al coraggio

Il congresso ha anche rappresentato un appello al coraggio, inteso come virtù necessaria per affrontare le sfide del presente. “Soltanto chi ha coraggio è un artista”, ha citato il cardinale, parafrasando Arnold Schönberg, e lo stesso si può dire per i teologi, chiamati a rendere la loro disciplina una risorsa per la Chiesa e il mondo.

In un tempo segnato da guerre, povertà e divisioni, la teologia è invitata a essere un sacramento di pace e comunione. Non si tratta di cercare l’unanimità o di eliminare il dissenso, ma di costruire un dialogo che valorizzi le differenze e le converga in una visione comune.

Un laboratorio per il futuro

Il congresso “Eredità e immaginazione” ha rappresentato non solo un momento di riflessione, ma un primo passo verso una nuova stagione per la teologia. Come ha ricordato il cardinale Tolentino, il futuro della teologia dipenderà dalla capacità di “sporcarsi le mani” nella cura della vita e della comunità.

La teologia, per essere rilevante, deve uscire dalla marginalità culturale e diventare laboratorio di nuovi paradigmi, offrendo risposte alle sfide del nostro tempo. Un compito ambizioso, ma necessario per una Chiesa che vuole essere segno di speranza e strumento di salvezza per l’umanità.