Lampedusa è stata ancora una volta il porto sicuro per chi fugge dalla disperazione. Ieri sera, 32 migranti di nazionalità eritrea sono sbarcati sull’isola dopo essere stati soccorsi dalla nave veloce Aurora della ong tedesca Sea Watch. Il loro viaggio, iniziato dalla Libia, è stato segnato da giorni di sofferenza: quattro interi trascorsi senza cibo né acqua sulla piattaforma petrolifera Miskar, della British Gas, dopo che il loro gommone non ha retto alle avverse condizioni del mare. Tuttavia, la salvezza non è arrivata per tutti: uno di loro, secondo le testimonianze, sarebbe morto, ma le circostanze della tragedia restano ancora poco chiare.
Il drammatico rifugio sulla piattaforma petrolifera
Le 32 persone erano state costrette a ripararsi sulla struttura offshore situata a sudest delle isole Kerkenna, al largo di Sfax, in acque tunisine, ma vicine alla zona SAR di Malta. Il primo allarme era stato lanciato dalla ong Mediterranea Saving Humans, che aveva raccolto il disperato appello dei migranti tramite il servizio Alarm Phone. La situazione si è protratta per giorni senza un intervento immediato, mentre i naufraghi restavano esposti al freddo e alla fame.
La denuncia di Sea Watch: “Un vuoto istituzionale gravissimo”
A lanciare un duro atto d’accusa è stata Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, che ha parlato di «un gravissimo vuoto istituzionale dettato da politiche disumane e profondamente razziste». Secondo la ong tedesca, nessuna delle autorità contattate ha risposto in modo adeguato per garantire un soccorso tempestivo. «Nel Mediterraneo l’omissione di soccorso è ormai prassi impunita, mentre l’obbligo di salvare chi si trova in pericolo viene criminalizzato» ha affermato Linardi, sottolineando come i migranti siano sopravvissuti solo grazie all’intervento della società civile e non degli Stati europei. «Fortezza Europa non protegge chi cerca protezione, ma lo combatte», ha aggiunto.
Flussi migratori in aumento e il ruolo della Libia
La Libia continua a essere il principale punto di partenza per chi tenta la traversata verso l’Italia. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il 92% degli arrivi via mare nel nostro Paese ha origine proprio dalla Libia. Da gennaio a oggi, sono stati registrati oltre 6.800 arrivi sulle coste italiane, con un incremento del 49% rispetto allo stesso periodo del 2024.
L’episodio di Lampedusa si inserisce in un quadro più ampio di tensioni politiche e scelte strategiche che lasciano molte domande aperte sulla gestione delle emergenze migratorie nel Mediterraneo centrale. Mentre la politica europea continua a oscillare tra respingimenti e strategie di contenimento, i viaggi della speranza spesso si trasformano in viaggi della disperazione, con il mare che troppo spesso si fa testimone di morti silenziose.